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13 febbraio 2012 1 13 /02 /febbraio /2012 08:04



Percorso effettuato: golena del Ticino dalla piazza di giro di Via Motta al ponte Giubiasco - Sementina.

Difficoltà: sentiero T1

Lunghezza del percorso: circa 10 Km.

Sforzo equivalente: 10 Km.

Durata (incluse le pause): 2 ore.

Si, siamo diventati pigri, e i muscoletti ne hanno risentito. Poi è arrivata l'aria siberiana, con temperature alla mattina di -8°C, e non tanto meglio durante il giorno. Impossibile salire, a Q2000 freddo pazzesco e vento sconsigliano di mettersi in marcia. Però bisogna sgranchirsi un po'... Decidiamo per una passeggiatina tranquilla, la più comune, conosciuta e frequentata dai bellinzonesi di tutte le età: la golena del fiume Ticino, che passa vicino a casa nostra. Si aggrega Marco, anche lui ha bisogno di rimettere in moto le gambe.

Non starò a descriverti l'escursione, piacevolissima, a parte l'onnipresenza del rumore del traffico, soprattutto dell'autostrada. Se abiti in zona, l'avrai fatta anche tu migliaia di volte. Per una volta ne aprofitto per fare il didascalico, e offrirti un po' di cultura, se vuoi.

Il Piano di Magadino è la zona pianeggiante di maggior superficie del Ticino, con i suoi circa 25 Km quadrati. Si estende da Bellinzona alla foce del fiume Ticino per circa 12 Km, e ha una larghezza media di circa 2 Km (tu che mi leggi da Parma o lì attorno, per favore, non metterti a ridere, tu che quando ti guardi attorno vedi circa 40'000 Km quadrati di Pianura Padana). Ha una leggera pendenza Est - Ovest (Q250 a Bellinzona, Q198 alla foce del Ticino).

La nascita di questa piana (geologicamente) è avvenuta in tre fasi: la prima fase è stata caratterizzata dalla formazione delle Alpi, dovuta alla spinta della placca tettonica africana contro il continente europeo.

La seconda fase ha avuto luogo durante le varie glaciazioni. Il ghiaccio ha scavato una vallata ad U, partendo più o meno da Biasca, scendendo fino a Bellinzona, poi girando verso Ovest e spingendosi fino a Sesto Calende, dove si trova la morena frontale del ghiacciaio, che fa tutt'oggi da sbarramento. Lo scavo è stato profondo, tanto è vero che il fondo valle originario scendeva fino a sotto il livello del mare (nel golfo di Locarno il fondo è a circa 100 metri sotto il livello del mare).

La terza fase è stata caratterizzata dal riempimento d'acqua di questo immenso scavo, riempimento che ha formato l'attuale Lago Maggiore (o Lago Verbano o Lago di Locarno), e dall'apporto di detriti da parte del fiume Ticino che hanno riempito progressivamente il lago (che una volta arrivava fino a Bellinzona) formando l'attuale Piano di Magadino. Nello stesso tempo altri fiumi hanno formato dei delta invadendo il lago, e il più notevole è quello del fiume Maggia; su questo delta troviamo le località di Locarno ed Ascona. Senza l'intervento dell'uomo tramite la sua estrazione di inerti alla foce del Ticino e della Maggia, il lago in qualche decina di migliaia di anni si sarebbe "rotto" in due: il delta della Maggia sarebbe arrivato dall'altra parte (a Magadino) formando un piccolo specchio d'acqua tra Tenero e Locarno, e il resto del Lago Maggiore partendo da Ascona (Interlaken, nel canton Berna, è un esempio di questo fenomeno). In questa foto si può vedere come il delta si sia incuneato nel lago.

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Fino alla fine dell'800 il fiume Ticino scorreva libero sul Piano di Magadino, variando continuamente il suo percorso, e formando di conseguenza una zona paludosa, dove prosperava la zanzara anofele, portatrice della malaria, malattia che era presente in Ticino per questo motivo. Spesso le pioggie torrenziali creavano buzze spaventose, che spazzavano via tutto lungo il loro cammino. La più famosa di queste fu la "Buzza di Biasca". Il 30.09.1513 il fianco del monte Crenone, posto appena dietro Biasca, franò, e i detriti chiusero completamente l'imboccatura della valle di Blenio. Il Brenno formò così un lago, profondo 60 metri e che arrivava oltre Malvaglia. Malvaglia stessa rimase sommersa, e dal lago fuoriusciva unicamente il campanile della chiesa. Il 20.05.1515 lo sbarramento cedette all'improvviso, il lago si svuotò di colpo, e le acque si riversarono lungo la Riviera, poi giù lungo il piano di Magadino fino al lago Maggiore. La quantità d'acqua fu almeno 100 volte maggiore di quella che uscì dalla diga del Vajont il 02.09.1963, e se hai visto i filmati di quella tragedia, puoi avere un'idea di cosa possa essere successo. Le acque spazzarono tutti i ponti che univano le due sponde del Ticino da Biasca fino alla foce del Ticino, e distrussero una parte della murata che congiungeva Castelgrande a Bellinzona con il ponte della Torretta (fonte: Wikipedia).

2012.02.05-Golena-Ticino 3476
Sul lago Maggiore deve essersi verificato uno tsunami, ma non sono riuscito a trovare riferimenti dei danni che deve aver causato.

All'inizio del '900 è stato formato il Consorzio Correzione Fiume Ticino (esistente tutt'ora), il cui scopo era quello di imbrigliare il fiume in un letto definito, rendere sicuri gli argini, e bonificare il Piano di Magadino per eliminare la malaria e rendere utilizzabile la superifice da parte degli agricoltori. Il Consorzio ha creato un letto stabile, con un sistema di doppi argini (le dighe sommergibili, poi una zona piana di alcuni metri, seguita dalle dighe insommergibili). Una volta incanalato il fiume, il territorio ha potuto essere bonificato e per diversi decenni è stato apannaggio degli agricoltori. Le vie di comunicazione sono state costruite ai margini del Piano di Magadino, e troviamo le due direttrici principali lungo il lato Nord (Gordola-Cugnasco-Gudo-Sementina-Bellinzona) e sul lato Sud (Quartino-Contone-Cadenazzo-Camorino-Giubiasco-Bellinzona). Il Piano è percorso prevalentemente da strade agricole. Il Consorzio Correzione Fiume Ticino attualmente si occupa della manutenzione delle dighe (ad esempio ripristinandole dopo eventi straordinari), della vegetazione lungo il percorso, e di dragare il fiume dove necessario.

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Unica zona paludosa rimasta è la "Bolla di Magadino", odiata dagli abitanti delle zone attigue per la presenza di zanzare che fanno incursioni in tutte le direzioni, ma indispensabile per l'ecosistema globale, dato che questo piccolo pezzo di territorio viene ampiamente utilizzato dagli uccelli di passo per sostare durante le loro migrazioni.

Dopo la II guerra mondiale il Piano ha iniziato ad essere oggetto di desiderio per le industrie, il commercio e le unità abitative, e la sua superficie ha iniziato ad essere erosa progressivamente, partendo dai lati verso il centro. Oggi sono presenti vari centri commerciali, industrie e quartieri residenziali che si sono spinti sul suo territorio, diminuendone la capacità agricola.

Esistono diversi progetti per salvaguardare l'integrità di questo territorio, come ad esempio la creazione di un Parco, ma tutti questi progetti si trovano a combattere continuamente contro le spinte commerciali e monetarie, e tra i due, si sa chi è il più forte...

La golena è percorribile da Biasca fino alla foce del Ticino su entrambi gli argini, e negli ultimi tempi, per promuovere la mobilità lenta, sono state costruite diverse passerelle pedonali che ne uniscono le due sponde. La più recente permette di raggiungere Bellinzona da Monte Carasso in un attimo.

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Una seconda, di un bel colore rosso (la vedi in fondo alla foto), unisce Carasso con il nuovo centro scolastico di Bellinzona, situato in zona Prato Carasso.

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Il Piano di Magadino è circondato da splendide cime, quali il Corno del Gesero, il Camoghé, la cima di Medeglia, ed il Tamaro sul lato Sud, mentre sul lato Nord troviamo la cima del Gaggio, la cima dell'Uomo, il pizzo Vogorno, il Sassariente, Cimetta, e un po' più avanti (già sul lago) il pizzo Leone ed il Gridone (o Ghiridone o Limidario). Tutte queste cime offrono una panoramica eccezionale sul Piano di Magadino, il lago Maggiore, e le cime delle alpi Vallesane. Questo il piano di Magadino visto dal Tamaro.

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Clika qui se vuoi vedere le poche foto della passeggiata (non che ci sia qualcosa di speciale).

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19 dicembre 2011 1 19 /12 /dicembre /2011 10:59



Percorso effettuato: Monti di Bedretto (Q1283) - alpe Arami (Q1446) - alpe Croveggio (Q1469) - alpe Valescco (Q1577) - alpe Cassengo (Q1624) - capanna Albagno (Q1864).

Difficoltà: sentiero T2 con due brevi passaggi assicurati con cordine.

Dislivello: 800 metri.

Lunghezza del percorso: 9 chilometri.

Sforzo equivalente: 17 chilometri.

Durata (inlcuse le pause): 8 ore.

Un mese di fermo macchina! Rita impegnata tutte le domeniche a correggere i lavori dei ragazzi per la scuola (e non sono lavori a crocette). Poi, durante la cenetta con Ewuska, Shantala e Chiara venerdi sera, parte l'invito da loro di fare qualcosa assieme per la domenica. Breve discussione, si potrebbe salire alla cima del Gaggio che offre una vista splendida in tutte le direzioni. Breve riflessione, e accettiamo.

08:10 Siamo saliti da Gorduno lungo tutta la valle omonima, arrivando ai monti di Bedretto, piccolo insediamento delizioso posto su di una terrazza naturale. Freschetto, il sole non ancora sorto (ma manca poco). Mentre gli altri infilano strati e strati di vestiti, mi sposto in un punto panoramico, e riesco ad immortalare il Bar e il Caval Drossa.

2011.12.11-Capanna-Albagno 3176
Finalmente tutti pronti, foto di rito con Ewuska, Chiara, Fausto e Rita.

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Ci avviamo lungo la comoda forestale che porta all'alpe Arami, e sulla nostra destra il pizzo di Claro / Visagno ci informa che fra poco il sole arriverà anche da noi.

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Il cielo è semplicemente splendido e terso, fino a ieri c'è stato un po' di vento, tutto lascia presagire un panorama mozzafiato dalla cima. Dalla forestale possiamo già vedere la nostra meta odierna, la cima del Gaggio.

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08:45 La forestale termina, siamo all'alpe Arami. Rita ed io ci guardiamo, luogo delizioso per un pic-nic in estate. Grande prato quasi pianeggiante, bella vista, niente rumori dal basso. Un piccolo paradiso, insomma.

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Piccola sosta per rimettere a posto l'abbigliamento, il sole inizia a scaldare, e i muscoletti hanno attivato la circolazione. Poi svoltiamo a sinistra, per imboccare il sentiero che porta alla capanna.

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Sentiero splendido, entra nel bosco, morbido sotto i piedi: foglie in basso, aghi in alto. E mi stupisce vedere la betulla a questa quota, assieme ai faggi e ai larici. Questa conca deve essere ben protetta dal freddo, e avere una buon esposizione.

09:10 Il sentiero, invece di salire, è sceso, e bene anche. Arriviamo ad un grande canalone, dove finalmente possiamo attraversare, e ricominciare la salita dall'altra parte. Nell'ultimo tratto di discesa, due cordine ci aiutano nei passaggi più impegnativi.

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09:20 Ewuska, Chiara e Fausto hanno un passo da maratoneta, Rita ed io non abbiamo nessuna possibilità di tenere il loro ritmo. Ragazze che si mangiano 1800 metri di dislivello in una giornata senza battere ciglio, sono di un'altra specie. Quello che mi preoccupa però, è che guardandomi in giro noto velature varie in arrivo a bassa quota.

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E arrivano veloci, accompagnate da un venticello non proprio gradevole. Lungo la via passiamo diversi piccoli insediamenti, alpi non più utilizzati, ma che danno la misura dell'importanza di questa valle nel passato. Rustici diroccati ormai, che una volta rappresentavano una grande ricchezza, e la possibilità di sopravvivere.

09:50 Ewuska, Chiara e Fausto ci hanno attesi ad uno di questi alpi. E' ora di estrarre il cornetto integrale e la cioccolata, assieme al thé caldo.

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Ci guardiamo in giro, si vede già la capanna, ma la cappa è arrivata velocissima, sopra Q2000 praticamente è tutto coperto. Non mi attendevo un cambiamento così repentino.

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10:05 Ultimo alpe prima dello strappo finale, l'alpe Cassengo. Rita ed io abbiamo già deciso: se la meteo resta così, ci fermiamo in capanna e non saliamo al Gaggio, tanto non si vedrebbe niente.

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La capanna ormai è a portata di mano, mancano ancora solo 250 metri (beh, per me vuol dire quasi un'ora di salita). I tre dell'Ave Maria ripartono con il loro passo micidiale, e io, a testa bassa, mi accodo dietro Rita, che pur non andando a quelle velocità, mi surclassa in ogni caso.

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Il sentiero esce definitivamente dal bosco (peccato) e inizia ad inerpicarsi più deciso lungo la conca alla cui sommità si trova la capanna.Ascolto le gambe per verificare come tengano dopo un mesetto di immobilità: tutto bene, fanno fatica come è giusto che sia, ma non mostrano segni di affaticamento. Provo a vedere dove siano ormai Ewuska, Chiara e Fausto: invisibili, probabilmente sono già arrivati. A dire il vero non vedo più neanche Rita... In basso mi si apre la vista verso Arbedo. Lungo il percorso, alcuni tratti ghiacciati che richiedono cautela.

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10:55 Arrivo anch'io alla capanna. Un'oretta, come avevo calcolato. Movimento tutt'attorno, scopro che c'è un gruppo di persone arrivato ieri che ha pernottato. Nebbiolina bassa, vento umido e freddo, è un vero piacere entrare e scopire che la stufa economica sta già funzionando a pieno regime.

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La vista verso il Gaggio in effetti non invita molto...

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Dentro, umanità e cordialità. Uno dei gitanti si è appena fatto il caffé, lo offre anche a noi. Ci liberano un tavolo, ci sediamo e facciamo il punto alla situazione. Ewuska, Chiara e Fausto decidono di salire ugualmente fino al Gaggio: una giornata senza una cima è una giornata persa :-) Rita ed io li informiamo che restiamo al calduccio, a fare i pigroni. Partono, scaricando in parte gli zaini.

Rita ed io facciamo pranzo, chiaccherando in libertà con il gruppo, organizzatissimo. Il responsabile di cucina si mette ai fornelli, e parte nell'ordine: 1) la pasta al sugo per tutti, 2) la bracciola con l'insalata, e per finire in bellezza 3) il dolce, il tutto condito da vino e grappetta finale. Intanto osservo dalla finestra se riesco a vedere i tre in salita o discesa.

12:10 Si, eccoli lungo l'ultima cresta di salita, ormai sono quasi arrivati.

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Dove sei stato tu, dove sono stato io, prese in giro della serata precedente, l'allegria non manca. Fuori freddo e umido, dentro calduccio fisico e umano.

12:50 Sempre l'occhio attento che tutto vada bene, eccoli lungo la via del ritorno.

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Mentre sono fuori a controllare la meteo, arriva una signora salita da Mornera. Mi comunica che intende fermarsi per la notte, e rientrare il giorno dopo. Rita ed io siamo un po' preoccupati, hanno dato precipitazioni nevose per la notte, ed il primo tratto verso la bocchetta che porta alla valle di Sementina non è proprio agevole. Organizzata bene, con tanto di libro per la serata.

13:30 Ecco arrivare i tre. Hanno avuto un attimo di tregua che ha permesso loro di vedere per ben 500 metri attorno. Ma sono felici, e questo è ciò che conta. Si piazzano al tavolo, e fanno pranzo. Il gruppo intanto inizia lentamente ad organizzare il rientro, sparecchiare, pulire. Capanna pulitissima, tutto in ordine, lucido, economica e cucina a gas. Veramente un gioiellino.

14:00 Salutiamo tutti, auguriamo la buona serata alla signora che resta (mi ha poi scritto informandoci che non ostante la neve caduta, il lunedi era riuscita a rientrare a Mornera senza problemi), e ci avviamo. Fuori ha iniziato a nevischiare, e attacca già sul terreno. Macchina fotografica nel sacco per non bagnarla, bavero su, Rita mi dà un bastone, soprattutto per il tratto ghiacciato, che con la neve diventa ancora più problematico. Scendiamo con attenzione, il suolo è giallo e bianco. Nel sacco abbiamo le "sottosuole chiodate", caso mai...

15:15 Sotto Q1500 la neve ha cessato di cadere. La discesa è andata bene, ripassiamo i vari insediamenti, e ci ritroviamo al grande vallone. Chiedo a Rita di estrarre la macchina fotografica, dato che ormai non rischia più.

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15:30 Ed ecco la sorpresina della giornata: siamo praticamente a metà dicembre, abbiamo incontrato la neve, ghiaccio lungo la via, siamo a Q1400 circa, e guarda cosa trovo lungo il sentiero.

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Sentiero dalle grandi sorprese, deve essere molto bello anche in estate, più fresco rispetto alla salita da Mornera.

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15:50 Salita dopo il vallone, ci sfilacciamo nuovamente. Poi, arrivati all'alpe Arami riunione di famiglia, e percorriamo l'ultimo tratto (quello su forestale) quasi assieme.

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Quasi assieme: dato che si tratta di bella forestale, poco pendente, parto con il mio passo da pianura, e stavolta lascio io indietro gli altri, che non si accorgono neanche della mia assenza...

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Mentre scendo, dato che la macchina si è riposata, la faccio lavorare nuovamente. Camoghé...

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Gesero e Bellinzonese.

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16:05 Ed eccomi nuovamente ai monti di Bedretto. In pochi minuti arriva anche il resto della comitiva, sta imbrunendo, tempismo perfetto. Rientro lungo la discesa curvosa che porta a Gorduno, poi i saluti.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).

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18 novembre 2011 5 18 /11 /novembre /2011 10:46



Percorso effettuato: alpe Croveggia (Q960) - alpe Pian Grande (Q1120) - capanna Cremorasco (Q1120) - alpe del Tiglio (Q1052) - Cima di Dentro (Q1014) - Isone (Q748) - alpe Mürecc (Q951) - alpe Zalto (Q996) - Gola di Lago (Q972) - alpe Santa Maria (Q1000) - Matro di Stinché, bivio (Q1075) - Condra (Q989) - convento del Bigorio (Q728) - Bigorio (Q615) - Sala Capriasca (Q548) - Vaglio (Q549) .

Difficoltà: sentiero T1 e T2.

Dislivello: 1'040 metri di salita, e 1'410 metri di discesa.

Lunghezza del percorso: 18 chilometri.

Sforzo equivalente: 30 chilometri.

Durata (inlcuse le pause): 9 ore.

Riferimenti: teleferica Camorino - Croveggia, il convento Santa Maria del Bigorio dei frati Cappuccini, la capanna Cremorasco, la chiesa di Santa Maria Assunta del Bigorio, "Dai fortini della fame a Croveggia (13.04.2009)", "Cima di Medeglia e Matro (17.05.2009)"

Quando pensi al Ticino, se lo pensi come l'ho sempre pensato io, a due dimensioni, vedi un fondovalle percorso da binari ed asfalto. Lo spazio in basso è poco, e dato che si tratta di un cantone di transito, buona parte del fondovalle è occupato da autostrada e linee ferroviarie. Ma se inizi a pensarlo in tre dimensioni, e ti alzi verso Q1000, trovi un Ticino diverso, percorso da 4'000 Km di sentieri, eredità dei nostri avi, che permettono di percorrerlo in buona parte senza incrociare strade. Questa escursione in effetti spazia su quasi un quarto del territorio ticinese nei boschi e nei prati, con pochissimi tratti asfaltati (la zona dell'alpe del Tiglio e Gola di Lago), e senza incrociare veicoli. E' un percorso da pellegrini, passando pochi borghi (Isone, Bigorio) e tutto nella natura.

Nota: il tratto tra Pian Grande (sopra Croveggia) fino alla capanna Cremorasco, particolarmente nel primo chilometro, in alcuni casi può essere considerato T3, soprattutto con molta foglia e se scende acqua dalla montagna. Sono state posate delle cordine nei punti più impegnativi.

08:00 Il primo anno ero da solo, l'anno scorso eravamo in due, e quest'anno siamo in tre: si è aggiunta anche Danila. Se continuo così, tra una decina d'anni saremo una comitiva di viandanti. Arrivati bene alla stazione di valle della teleferica Camorino - Croveggia, il sole non è ancora sorto in basso, ma indora già la zona di Mornera e la cima del Gaggio.

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Salita tranquilla e frescolina fino a Croveggia, cabina da quattro posti, assieme a noi sale un signore che passerà la giornata al suo rustico. Dalla passerella della stazione d'arrivo, bella vista sul piano di Magadino.

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La giornata promette bene. Tutt'attorno silenzio, si sente appena appena la eco dei rumori di civiltà dal basso.

08:15 Ci avviamo lungo il sentiero che sale a Pian Grande, splendido faggeto. Imbaccucati, l'aria è decisamente frizzante. Restermo esposti a Nord fino a dopo la Cremorasco, poi il sole ci bacerà lungo quasi tutto il tragitto.

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Salita tranquilla, le marche sembrano essere state ripristinate di recente. Mi guardo attorno, i musicanti stanno già mettendo via gli strumenti della sinfonia d'autunno: siamo in ritardo, avremmo dovuto venire settimana scorsa, ma pioveva. Sugli alberi ormai poche foglie. Mi gusto però il tappeto di foglie, cercando di tenere il passo Shaolin che non fa rumore. Tendo l'orecchio, e non ostante l'ora mattutina, sento fruscii ai lati dei sentieri.

08:30 Si arriva velocemente a Pian Grande. Piccolo insediamento, probabilmente da qui partivano per i vari alpeggi dislocati nei vari punti della montagna e verso la valle Morobbia. Era anche punto di transito della comunanza di Camorino-Isone, che durante il Medioevo gestiva l'alpe del Tiglio.

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Piccola sosta rifocillante, la thermos di thé caldo viene benedetta. Là in fondo, i giganti vallesani dietro il passo del Sempione.

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08:50 Venti minuti di pausa, dopo un quarto d'ora di marcia! Credo che nessuno possa affermare che siamo degli Speedy Gonzales. Da qui inizia il sentiero, sostanzialmente piano che passa sotto il pizzo di Corgella, e ne segue tutte le rughe. Rughe molto grinzose, il sentiero è stretto, con un bel strapiombo laterale.

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Nei punti topici hanno posato delle cordine e delle catene. E ne aprofittiamo volentieri: dopo le pioggie di settimana scorsa, la montagna ruscella in diversi punti, l'acqua scorre sul sasso nascosto dalle foglie, il piede tende a partire per i fatti suoi. Bisogna fare attenzione, se non si vuole partire con una surfata verso il basso. Ogni tanto, qualche macchia di colore residua, che ti fa capire come doveva essere il percorso fino a qualche giorno fa.

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Mentre cammino sento lo scampanio a festa che sale dal basso, a ricordare che oggi è giorno di riposo. Le campane che chiamavano gli abitanti del villaggio ad occuparsi per un'ora della loro anima, dopo essersi occupati dell'anima della Terra per sei giorni filati. Un'ora che poteva essere speranza, poi le chiacchiere sul sagrato, le donne che rientravano a preparare il pranzo della domenica, mentre gli uomini si ritrovavano a bere un bianchino all'osteria, pregustando il pasto migliore della settimana. Invece di essere a messa, sono qui su di un sentiero: ma è questo il mio modo di curare il mio spirito, liberandolo dai veleni della settimana, tra la vista del Pizzo di Claro e il golfo di Locarno.

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09:30 Passato il primo rivo che scende dal pizzo di Corgella, il sentiero si apre e diventa un po' meno impegnativo. Procediamo con passo spedito, gustando il piano di Magadino sotto di noi, e la promessa del tepore del sole che orami si è levato.

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In effetti manca poco alla Cremorasco, passiamo quello che penso sia un deposito della capanna.

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09:45 In effetti i un attimo arriviamo alla capanna Cremorasco. Piccolo struttura, del patriziato di Camorino, invisibile dal basso. Posta su di una terrazza, è punto di partenza per diverse escursioni.

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E dal ciglio della terrazza, ampia vista sulla parte terminale del piano di Magadino ed il Locarnese.

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Dopo aver riempito gli occhi, ci rimettiamo in moto verso l'alpe del Tiglio, e finalmente sbuchiamo al sole.

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Rita e Danila, che soprattutto nel primo tratto erano concentrate sul cammino, ora possono dare libero sfogo alle settimane in cui non ci siamo incontrati, e partono con una megaciacolata. Stradina asfaltata, nessun problema, mentre parlano mi prendono il ritmo da passeggiata sotto i portici davanti alle vetrine della domenica... Provo ad aumentare il ritmo di camminata, ma niente da fare. Vabbé, c'è più tempo per le foto.

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Dato che sono un bel pezzo in avanti, mi metto a fischiettare. Brutta abitudine, di quando sono in equilibrio ed armonia. Almeno fischiettassi bene... Aria tersa e limpida, contrasti di colore, lunga strada davanti, ampi panorami. Cosa si può volere di più da una domenica di novembre? Un bel gruppo di funghi!

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10:30 Arriviamo a Cima di Dentro, con le sue grandi antenne militari, e poco distante la grande antenna (penso della Cablecom) che vedo da casa ogni sera come un albero di Natale. Iniziamo la discesa verso Isone, nuovamente su sentiero. Abbandoniamo il Sopraceneri, per portarci definitivamente nel Sottoceneri.

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Sentiero agevole, lisciato e levigato dai passi di migliaia di reclute della scuola reclute dei granatieri, che ha sede ad Isone. Noi percorriamo questa via per piacere, loro per dovere, magari di corsa, con il peso dei lanciamine, il sacco, il fucile sulle spalle, e probabilmente mandano maledizioni mentali ogni pochi passi.

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In uno squarcio di vegetazione, il Camoghè, cima conquistata recentemente.

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11:10 Eccoci ad Isone. Il sentiero termina ad una curva di una delle tante stradine, che ci conducono verso il centro.

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E in paese, sosta al bar Vedeggio per un thé. Pieno, la messa deve essere finita da poco. E cambio delle tradizioni, ci sono anche le signore, non solo i maschietti come una volta.

11:40 Salutiamo, il gerente ci augura "buona escursione". Ho l'impressione che mi conosca, forse segue il blog, ma non ha detto niente in questo senso... Prendiamo la stradina che scende alla chiesa...

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...e scendendo ci porta al ponte sul Vedeggio.

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E subito dopo, ecco nuovamente il sentiero ed il bosco.

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Salita d'acqua...

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...e di scorci di colore.

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Le signore, anche se continuano a chiaccherare, sono decisamente più veloci di me, e in breve mi lasciano indietro. Arrivo al punto in cui il sentiero interseca la strada che sale all'alpe Mürecc, piccolo spiazzo tenuto probabilmente a fieno.

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E nuovo tuffo nel bosco, accompagnato dai faggi.

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Quest'anno tanta acqua. In compenso mancano le salamandre.

12:25 Incredibilmente arrivo anch'io all'alpe Mürecc. Danila e Rita erano fuori vista da un bel pezzo. Sarà anche perché mi sono attardato con la macchina fotografica. Il grosso della salita, per oggi, è digerito.

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In effetti le trovo poco più avanti, già sistemate per la pausa pranzo. E mi prendono anche in giro...

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Mi sistemo, estraggo la mia scatola delle meraviglie, ne escono due banane e la frutta secca. Decisamente sono risparmioso. Momento di quiete, parole in libertà, il sole che ci bacia, silenzio tutt'attorno. Siamo in ritardo sulla tabella di marcia, ma chi se ne frega?

12:55 Salutiamo l'alpe Mürecc, per andare a visitare quella di Zolta.

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Il primo tratto di alcune centinaia di metri all'aperto, e poi nuovo tuffo nel bosco.

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Sentiero dolce, con qualche sali-scendi, ben tenuto. Frescolino, esposto a Nord, e in più la digestione appena partita. Ci impaludiamo nuovamente.

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13:35 Il sentiero sfocia su di una forestale che porta a Gola di Lago. Faccio vedere a Danila quanta strada abbiamo già percorso: là sotto Isone, e si vede in alto l'alpe del Tiglio.

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Poi vengo attratto da un bel cavallo. Tento di sedurlo, un po' si lascia accarezzare, un po' si allontana. Sembra indeciso... Non voglio innervosirlo, lo lascio stare.

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Filiamo in piano verso Gola di Lago, in un parcheggio tantissime auto, gente che viene per la passeggiata della domenica, qualcuno probabilmente anche la MTB: ci sono diversi percorsi in questa zona. Poi scolliniamo, arriviamo all'alpe Santa Maria, e ci ritroviamo in Capriasca. E bella vista sul Caval Drossa (a destra) ed il Bar (a sinistra).

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E saluto il Pizzo di Claro, che adesso scomparirà.

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Sentieri agevoli, quelli della Capriasca. Paesaggio aperto e dolce, ti fa sentire a casa.

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14:20 Passiamo Matro di Stinché, prendiamo il sentiero di sinistra che porta verso Condra. Su di un albero, un cartello che mi dice che sono sull'autostrada pedonale che collega il mare del Nord con il Mediterraneo. Che bello sarebbe incontrare qualcuno che sta percorrendo tutta la via, per farsi raccontare dei posti e delle genti incontrare...

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E capiamo di aver cambiato zona definitivamente: i Denti della Vecchia.

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14:25 Nuovo bivio, località Portico. Breve sosta rifocillante, terminiamo il thé della thermos, arriva un signore che conosce Danila, e che si unisce a noi per un breve tratto.

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Dolce Capriasca, quasi collina più che montagna. La percorri senza sforzo, godendo dei suoi ampi panorami.

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15:05 E arriviamo a quello splendido insediamento che è Condra. Un nucleo abbastanza grande, pur essendo fuori dai collegamenti principali. Zona di vacanza, una volta, e oggi c'è ancora una fattoria che lavora a pieno regime.

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Tutta immersa nel verde, ne percorriamo i viottoli circondati da prati.

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Amo profondamente questo percorso (è la terza volta che lo faccio): oltre a portarti per boschi di un quarto del Ticino, ti conduce continuamente a località che mostrano il carattere di una volta di questa terra. La cura del territorio, e della propria casa, vita di privazioni e fame, ma anche di dignità e spiritualità. E piccoli miracoli, come una ortensia ancora in fiore a metà novembre.

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La luce sta già cambiando, giornate corte in questo periodo. E l'ora solare, che ci ha tolto un'ora di luce alla sera, per darcela alla mattina. Ma è anche l'ora delle foto più belle.

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Oro che cola dal cielo. Scendiamo tranquilli verso il convento del Bigorio, finalmente iniziamo ad incontrare un po' di gente. Da Croveggia fino a Condra, praticamente nessuno.

15:45 Il bosco ci ha condotti fino al convento dei frati capuccini del Bigorio. Faro nella notte del Medioevo, ormai ospita pochissimi frati. Il cimitero, la chiesetta, e il corpo principale che dominano la piana che porta al laghetto di Origlio.

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E la onnipresente cappa (penso da inquinamento) che copre il il Mendrisiotto ed il Luganese.

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Giù per Via Crucis, speciale, stazioni di meditazione e non di paura, che ci portano fino a Bigorio Town.

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Dolce luce sui Denti della Vecchia.

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16:10 Sosta obbligata alla trattoria Menghetti. Locale pubblico vecchio di 200 anni, lasciato ancora come era ai suoi esordi. Thé bevuto sulla panca vicino al focolare acceso, un gattone nero sdraiato accanto a me che si lascia coccolare a tutto spiano. Il tramonto ormai prossimo, non riusciremo ad arrivare a Lamone. Veloce telefonata al fratello di Rita, è disposto a venire a prenderci per accompagnarci fino in stazione. Appuntamento a Vaglio.

16:35 Usciamo, si stava bene. Il calduccio dentro, il frescolino serale fuori. Affrontiamo l'ultimo tratto. Giornata splendida, di quelle che si incidono nella memoria e nel cuore.

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16:45 Sala Capriasca è ad un tiro di schioppo da Bigorio. Passiamo anche le sue stradine per portarci verso la cantonale. Il tramonto orami è quasi terminato, e indora le montagne.

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16:55 Breve tratto lungo la trafficatissima strada, e arriviamo alla chiesa (barocca?) di Vaglio. Infiliamo tutto ciò che abbiamo, la temperatura ormai è scesa bene. Poco dopo arriva Massimo, e ci accompagna a Lamone. Da qui rientro col treno, e alle 18:15 siamo a casa.

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Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo

Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).

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4 novembre 2011 5 04 /11 /novembre /2011 10:10



Percorso effettuato Locarno (Q198) - Losone (Q228) - Golino (Q269) - Intragna (Q339) - Calezzo (Q564) - Slögna (Q727) - Verdasio (Q711) - Lionza (Q775) - Borgnone (Q713) - Camedo (Q549). Rientro con la ferrovia delle Centovalli.

Difficoltà: sentiero T1 e T2.

Dislivello: salita 1'200 metri, discesa 850 metri

Lunghezza del percorso: circa 22 chilometri

Sforzo equivalente: 33 chilometri

Durata (incluse le pause): 7.25 ore.

Domenica in solitaria, e come sempre in questi casi avevo pianificato una maratona kilometrica, lungo la via dei Mercati delle Centovalli e valle Vigezzo. Questa via, una mulattiera, congiungeva Domodossola (nella valle che porta al passo del Sempione) con Intragna, passando le varie località vigezzine e centovalline. L'economia di montagna non è autosufficiente, per cui ci si doveva approvvigionare di granaglie, sale, metalli, e in cambio si cedevano lana, formaggi, insaccati. I muli, con il basto ed il loro carico, percorrevano questa via, che nella parte svizzera resta in alto, portando mercanzie arrivate a Domodossola dalla Pianura Padana, e ritornando con i prodotti agricoli.

L'idea è di partire da Locarno, farmi tutto il fondovalle fino ad Intragna, per imboccare la via dei Mercati, e tirare almeno fino a Santa Maria Maggiore. L'ultima Centovallina (in Italia chiamata Vigezzina) parte da Domodossola verso le 20:30, per cui di ore a disposizione ne ho quante ne voglio.

05:30 La suona sveglia, apro gli occhi, ho la testa rintronata. Già da ieri ho i podromi di un bel raffreddore: naso che pizzica, e gola che gratta. Si sta preparando alla grande. Resto a letto un po', vado, non vado... Poi decido di alzarmi, le escursioni da solo sono sempre un grande regalo. Sento però che il fisico oggi non è da record.

07:15 Arrivato a Locarno, ho già mezz'ora di ritardo sulla tabella di marcia. Da diversi giorni tengo d'occhio l'orario di albeggio, per partire alle primissime luci, tenuto conto dell'orario solare rientrato stanotte, avevo calcolato di mettermi in marcia alle 6:45. Mi sono bevuto il caffé, cornetto per chiudere il buco nello stomaco. Parcheggio al tennis di Locarno, e mi preparo per partire. Verso Est il profilo del Camoghè ed il Gesero.

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A Ovest il Gridone / Ghiridone / Limidario già illuminato. Gli passerò dietro, sull'altra versante. Si preannuncia una giornata coi fiocchi, cielo terso, e temperature fuori dall'ordinario per il periodo. Lavoro meticoloso di scelta degli strati di vestiti, per non avere freddo alla partenza, e non morire di caldo a mezzogiorno.

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Percorro le vie di Locarno, città nella quale sono cresciuto, e da cui manco da almeno 30 anni. Anche le città, come ogni organismo, hanno un ciclo di rigenerazione spontaneo. Spuntano nuovi edifici, risplendono, invecchiano, vengono abbattuti per lasciare posto a nuove costruzioni. Il volto di una città cambia, ma con un ritmo così lento che chi vi abita non lo percepisce. Ma 30 anni cominciamo a mostrare i segni: quartiere una volta periferico, oggi con una sua chiesa, grande magazzino: tutto cambiato. Passo accanto alla grande rotonda di Piazza Castello, quando ero bambino non esisteva, e imbocco il percorso che porta alla passerella pedonale accanto alla "direttissima" Locarno - Ascona, altra struttura recente.

07:30 Scavalco la Maggia, che ha costruito il grande delta sul quale è stata edificata Locarno e Ascona. Appena oltre scendo, per prendere l'Astrovia.

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Da bambino giocavo sulle due grandi dighe della Maggia: la diga sommergibile e la diga insommergibile. Grandi massi, qualche metro piano tra la prima e la seconda, ogni tanto una lepre che scappava, cartelli "Bandita di caccia" che mi chiedevo "ma cosa centrano i banditi con la caccia?", per scoprire molto tempo dopo che i banditi erano coloro che erano stati allontanati dalla comunità, e non potendo vivere in modo onesto, rubavano ed assalivano. Per cui, per traslato, il bandtio (allontanato) è diventato il malvivente. Nel famoso cartello di gioventù, la parola veniva utilizzata nel senso originario, di divieto, allontanamento. E se camminando mi metto a fare riflessioni di questo tipo, puoi renderti conto in che stato confusionario mi trovavo... Il percorso sulla diga insommergibile, terreno incolto e pronto per i sogni dei bambini, è stato trasformato in una zona di svago e relax. In particolare, lungo la sponda di Ascona, è stata creata un'Astrovia: in pratica trovi il sole alla foce della Maggia, poi risalendo verso Golino trovi i vari pianeti, con la loro scheda, piazzati a distanza proporzionata. I primi distano poche centinaia di metri, gli ultimi più di un chilometro tra l'uno e l'altro.

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Terreno piano, dovrei filare come un treno... Invece sento che manca la gamba. Testa a pallone, mani che non si scaldano, oggi sono messo veramente male.

08:00 Passato Solduno e Losone, oramai sto per arrivare al punto di confluenza tra la Maggia e la Melezza, dove svolterò a sinistra per portarmi verso Intragna. Attorno a me, gli alberi più sensibili al richiamo d'autunno hanno già dato la loro risposta, agghindandosi a festa. Troppo presto, la loro voce mancherà nel gran finale.

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Poi mi accorgo di aver percorso molta più strada di quanto pensassi: sono già a Nettuno. Fra poco uscirò dal sistema solare :-)

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08:10 Passato il ponte di Tegna, mi si apre la parte bassa delle Centovalli, denominata "Terre di Pedemonte", con i suoi tre comuni (Tegna, Verscio e Cavigliano) che da anni stanno lottando per fusionare oppure no.

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Sono un po' imbesuito, ma guardando il cielo, sono felice di aver avuto il coraggio di partire. Dovessi arrivare anche solo ad Intragna, ne sarà valsa la pena. Giornata splendida per essere la fine di ottobre.

08:50 Prima di Golino, sosta di un quarto d'ora con un signore che portava a spasso i suoi due cani. Gli dovevo stare simpatico (al signore, non solo ai cani), ha iniziato a raccontarmi delle sue esperienze di gioventù con cani e affini. Interessantissimo, ma ho dovuto chiedergli il permesso di partire, sennò i muscoli, già messi male di loro, raffreddandosi sarebbero diventati dei legni. Davanti a me si profila Intragna, prima salita della giornata.

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Come terranno le gambe in salita? Passo accanto a Golino, edifici antichi e nuovi, anche qui il volto che cambia.

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Poi su al ponte...

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...e la bella pozza di Golino.

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E adesso si fa sul serio... Da giovane percorrevo spesso le Centovalli con il motorino, il papà di un mio amico aveva una fabbrica di tessuti a Camedo, tutto personale frontaliero, e la salita verso Intragna dovevo farla pedalando, tanto è ripida: il motore non ce la faceva.

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Quella pedonale, per fortuna, sembra più facile. Esistono scalini da un passo, scalini da due passi, da tre, e così via. I peggiori sono quelli a passi pari, è sempre la stessa gamba che fa lo sforzo più grande. Ci vuoi credere che questa è una scalinata da due passi? Ogni pochi scalini devono rompere il ritmo, per cambiare gamba di sforzo. Golino dietro di me.

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E Intragna accanto.

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09:10 Ci sono. Il campanile più alto del Ticino (65 metri) si staglia netto. Mi infilo in un ristorante, e faccio 15 minuti di pausa (la foto l'ho scattata all'uscita del ristorante, per questo l'orologio non corrisponde al mio orario).

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Breve tratto lungo la strada cantonale, fino al grotto "Du Rii", poi si parte con la via dei Mercati. E anche questa scalinata è una di quelle pari.

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Immagino la gioia di chi arrivava alla sera, ultima tappa del tracciato, e lo sconforto al mattino, per prendere la via del ritorno. C'è un vantaggio (anzi, due): salendo si attutiscono i rumori del traffico, e la vista inizia ad aprirsi.

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10:00 Arrivo a Calezzo, costruito su di una piccola terrazza, con insoleggiamento favorevole. Se ricordo bene (avevo già percorso questo tratto al contrario durante l'escursione da Intragna ai Monti di Comino) da qui c'è nuovamente un lungo tratto pianeggiante.

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Ricordo corretto. Passato l'abitato, si apre la forestale che porta verso Slögna.

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Test della gamba, in effetti non tiro come al solito. Ma ormai non è più un problema. Sono felice della scelta fatta. I rumori della civiltà sono scomparsi, solo saltuariamente mi arriva lo stridere delle ruote della Centovallina sui binari, per il resto solo fruscio di foglie portate dai refoli d'aria, e canto d'uccelli. E una vanessa a fine ottobre.

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Non ho ancora incontrato nessuno lungo questo tratto, a parte una signora nella primissima salita verso Calezzo. Ho fortuna, riesco a scegliere spesso percorsi poco frequentati, altrimenti è come andare allo shopping-center di domenica.

10.25 Ed ecco finalmente il primo vero segno della via dei Mercati: mulattiera di quelle d'altri tempi.

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Tendo l'orecchio, per verificare se sento echi di zoccoli sui sassi, imprecazioni di mercanti la cui bestia non vuole più muoversi, incroci difficili e dispute per la precedenza, racconti e storie per ammazzare il tempo mentre si cammina (sono fortunato, non ho questa necessità), e discussioni sui prezzi dei prodotti, come va il mercato qua e là.

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10:45 Slögna. Qui il sentiero biforca, a destra si sale ai Monti di Comino, a sinistra si continua verso Verdasio. Piccola sosta banana, e controllo della tenuta delle gambe. Tanto sali scendi già in questo tratto, più avanti sarà ancora peggio. Il sentiero è una carezza sui fianchi di Madama Montagna, deve seguirne le curve ed i contorni, non può affindare unghie e dita nella carne, sennò si ribella. E' una bella signora, formosa, e così per non farle il contropelo, la via si alza e si abbassa continuamente. E ogni tanto, può richiedere un abbraccio sensuale, quando lo spazio è poco.

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Banana e una riga di cioccolata sistemati nel serbatoio. La scorta d'acqua sta tenendo, non fa troppo caldo, anche se oramai ho dovuto togliere la felpa. Riprendo il cammino dopo aver salutato una signora che sale verso i Monti.

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Sono l'unico viandante del bosco. Ogni foglia, ogni ago è stato posato per me, per rendere più morbido il mio passo. Castagni, faggi, betulle mi tengono una silenziosa compagnia, ognuno con centinaia di anni di storie da raccontarmi, e troppo poco tempo io per ascoltarli. Racconti lenti, di stagioni e fulmini, di pioggie e siccità, di castagne raccolte, di altri viandanti. Il bosco libera il bambino, puoi immaginare qualsiasi storia, e qualcuna potrebbe anche essere vera.

11:15 Madama Montagna qui ha deciso che la sua ruga (una valletta laterale) non può essere attraversata a quest'altezza. Penalità di partita, vedo una discesa decisa, e so che dall'altra parte c'è sempre una salita.

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Sono ingambito, non per lo sforzo ma per il raffreddore incipiente, la salita dall'altra parte sarà una pena. Arrivo in fondo, e le mie preoccupazioni si avverano.

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E penso ai muli... Io ho solo un sacco con pochi chili di peso, loro, col basto, ne portavano di roba. Chissà che fatica la salita, il percorso dissestato, il mercante dietro con il bastone. Fossi stato in loro, anch'io ogni tanto avrei fatto sciopero. Per fortuna la salita è breve, e appena in alto si riapre la vista.

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11:30 Arrivo sotto i piloni di una cabinovia, deve essere quella per i Monti di Comino. Breve pausa per riempire la bottiglia, ingurgitare nuovamente una riga di cioccolata, e lasciar riprendere le gambe, che tanto non si riprendono.

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Magnifica la vista anche da qui.

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Meno di dieci minuti, e mi rimetto in cammino. Il sentiero resta fuori bosco, ho l'impressione di arrivare alla civiltà, dai piccoli segni che vedo attorno a me. Non mi dispiacerebbe trovare una trattoria, un baretto, per poter mangiare una minestra.

12:00 Verdasio! Non pensavo di arrivarci così in fretta. A Slögna il cartello giallo dava 3.5 ore per Camedo. Il tracollo lo hai quando pensi di essere arrivato ad A, sei già stanco, e scopri di essere arrivato ad A - x. E li si vede il carattere di una persona. Secondo i miei calcoli, da Slögna ci volevano al massimo 2.5 ore fino a Camedo. Già i cartelli gialli sono tiratissimi, per tenere i loro ritmi deve correre senza guardarti attorno. Con le gambe che ho oggi, quando ci impiegherò?

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Scendo l'ultimo tratto di sentiero, e mi ritrovo in un paesino d'altri tempi, vicoli stretti, case in sasso, alcune ristrutturate, lastricato a terra. E calma. E' mezzogiorno, e non si sentono rumori. In compenso sento profumini provenire dalle cucine.

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Un cartello indica il ristorante "Il Pentolino". Nome di buon auspicio :-) Seguo la segnaletica, e mi ritrovo su di una terrazza, tavoli in sasso, è anche aperto. Controllo la carta, c'è "minestra del giorno". Affare fatto.

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Arrivando ho controllato, fuori dalla porta c'è una distinzione del 2006 di una delle guide culinarie più conosciute. Cavoli, ma dove sono capitato? Tutto buono, mi prendo anche il caffé, e mi gusto il tepore della terrazza.

12:50 Sistemato il conto, mi rimetto in moto. Felice: le gambe non sono peggiorate ulteriormente, dovrei farcela ad arrivare a Camedo. Davanti a me vedo Borgnone, proprio sopra Camedo. Stessa altezza, ma in mezzo una valle, nella quale so che c'è da scendere e da salire.

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Guarda bene la foto: ma ti rendi conto di che giornata splendida mi hanno regalato? Qualcuno lassù mi ama. Uscendo dal paese una splendida macchia di colore, e le api ancora al lavoro.

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E adesso che il sole è volto a destra, posso riprendere anche la croce di cima del Ghiridone / Gridone / Limidario. Ti ricordi verlo che l'avevo visto dall parte del lago?

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Appena uscito, il sentiero inizia subito a scendere, tanto per togliere ogni dubbio. Lungo la via diverse cappelle, per ricordare che dopo questa vita probabilmente la situazione sarebbe migliorata. Peggiorata era difficile.

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13:10 Venti minuti di discesa, chissà la salita. Arrivo ad un ponte, mi dà una sensazione di dejà-vu... Ma si, sembra tutto a quello che c'è lungo la via per andare alla capanna Motterascio, ma anche a uno che ho visto tra Foroglio e San Carlo Bavona. Decisamente non è il ponte originario della via dei Mercati.

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E dall'altra parte si sale. Breve, per fortuna. Passo Piazz, Q660. Sono sceso di almeno 200 e risalito di 100. E non è finita. Intanto però arrivo ad una casa solitaria, roba da gran signori.

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E attorno macchie di colore che mi mandano in estasi.

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Adoro il bosco d'autunno. Lo amo sempre, elfo dentro, ma in questo periodo mi manda in sollucchero. Poco più avanti ritrovo il percorso originario, di nuovo mulattiera. L'avevo persa da un gran pezzo, il tempo se l'è mangiata.

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Nuovo ponte per una seconda valle laterale. Le Centovalli hanno questo nome per il numero infinito di vallette laterali. Una di queste laterali è bella grande, e si chiama Onsernone. Ed è quasi ora di metterla sul piano di ispezione. Mauro saprà consigliarmi.

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Le gambe ormai stridono ad ogni salita, come le ruote della Centovallina che continuo a sentire ogni tanto sotto di me. Fa niente. Percorso bellissimo, ci devo portare Rita da Intragna via. Anche lei adora il bosco, sono sicuro che le piacerà.

13:45 Il paesaggio si apre nuovamente, appaiono edifici isolati. Devo essere in vicinanza di Borgnone.

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Pensavano a tutte le comodità una volta: cappella, piccolo oratorio, e riparo in caso di pioggia. Poco più avanti, sopra di me a destra, intravvedo Lionza.

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Che cielo mi hanno  regalato oggi! E che bosco. Mando un messaggio mentale a me stesso otto ore fa: alzati e vai, ne vale la pena. Deve essere arrivato, ho sentito... Intanto mi sto avvicinando alla zona del maglio. Non so dove prendessero il ferro, non è la valle Morobbia questa. Ma se c'era il maglio, di sicuro da qualche parte avevano anche il ferro.

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Risalgo alla strada, pochi metri sull'asfalto, poi ritrovo il sentiero, che porta alla zona del lavatoio...

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...e ad una bella pozza.

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Me lo immagino, in estate: le mamme a sbattere i panni, sapone di marsiglia, spazzola in mano, e i bimbi a giocare nella pozza. "Fai attenzione, néeeee.". Ne ho incontrati molti di lavatoi durante i miei giri, alcuni anche molto belli. Sto quasi pensando di raccoglierli tutti in una guida. "Lavatoi della Svizzera Italiana". Magari diventerà famosa come la serie "Laghetti alpini della Svizzera Italiana". Vicino al lavatoio, la zona dove si trovava il maglio, con cartello didattico-esplicativo.

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Me lo studio bene: le tecnologie di una volta mi affascinano sempre. Cosa riuscivano a fare con pochi mezzi a disposizione... Continuo la discesa fino ad una nuova cappella. Qui il sentiero termina, e si va avanti su asfalto.

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La strada compie un'ampia curva che porta verso Borgnone, e mi regala nuove macchie di colore.


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14:10  Borgnone raggiunta, da qui è tutta discesa. Adesso riesco a vedere bene Lionza, che prima era nascosta dagli alberi.

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Paesino piccolo, lo passo in un attimo.

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Discesa quasi tutta su asfalto, a parte il primo tratto.

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14:20 Ed eccomi a Camedo. Di tempo per continuare ce ne sarebbe, ma le gambe hanno già dato per oggi. Va bene così. Passo la chiesa...

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...scendo in paese...

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...e alle 14:35 sono alla stazione. Controllo l'orario, trenino tra 20 minuti, non vale neanche la pena di risalire per cercare un posto per bere qualcosa.

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Dopo pochi minuti arriva la Centovallina da Locarno.

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Mi preparo ad un viaggio disagevole, ricordo di panche in legno l'ultima volta che vi ero salito. Controllo, e rimango senza fiato. Questa è la seconda classe.

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Comodissima! Il trenino parte puntuale, provo a scattare qualche foto durante la corsa, con esiti disastrosi. L'unica che viene bene, è quella del lago artificiale di Palagnedra.

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15:25 Il trenino è arrivato al capolinea, alla stazione di Locarno. Esco per andare al parcheggio, e mi ritrovo in un bagno di folla. Che è? Poi capisco, domenica di apertura straordinaria dei negozi. Dato che nessuno può andare a fare compere in settimana, mi sembra giusto che almeno oggi possano andare a fare shopping. Scantono per la via meno frequentata, mi porto sul lungolago, e raggiungo l'auto.

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Decisamente da prendere in considerazione anche la seconda parte, da Camedo a Domodossola. Più lunga, ma con meno dislivello. Magari a inizio dicembre, quando avrò un'altra giornata libera :-)

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
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26 ottobre 2011 3 26 /10 /ottobre /2011 11:17



Percorso effettuato San Bernardino villaggio (Q1629) - diga Lago d'Isola (Q1586) - Suossa (Q1710) - lago Pian Doss (Q1652) - San Bernardino.

Difficoltà: sentiero T1.

Dislivello: circa 250 metri

Lunghezza del percorso: circa 8 chilometri

Sforzo equivalente: 10 chilometri

Durata (incluse le pause):2 ore.

Questa domenica abbiamo deciso di fare i pigroni. Originariamente si pensava di salire al Pass di Passit, poi lungo la costa della montagna in direzione del Confin Bass (dove ci sono gli impianti di risalita), e discesa su San Bernardino. Mando gli inviti, nessuno può venire. Rita ed io ci guardiamo negli occhi sabato, e sul mio display luminoso in fronte passa il pensiero "e se domani non mettessimo la sveglia?". Rita è telepatica, mi dice "va bene". Decidiamo di organizzare qualcosa di leggero per il pomeriggio, giusto per non impigronirsi davanti alla televisione.

San Bernardino è sempre stato luogo preferenziale per le nostre piccole camminate. In alto, in estate offre fresco e ombra, in inverno si portavano i bambini a sciare. Offre percorsi di tutti i tipi, da quelli agibili con le carrozzelle, a camminate più impegnative, come la traversata fino a Hinterrhein, a Nufenen, oppure verso la Calanca passando dal Pass di Passit. E in questo periodo è particolarmente delizioso, interregno tra gli assalti massicci estivi, e le orde del fine settimana invernali. Periodo di quiete, poca gente in giro, e quando arrivi in pasticceria, trovi ancora una fetta di torta Sacher :-) Località che ha molto da offrire anche a chi fa sci di fondo, racchette e mountain bike.

14:25 Pranzo con i figli, rigovernare, prepararsi, partire, e finalmente arrivare. Pomeriggio di ottobre delizioso, anche se le prime avvisaglie del maltempo annunciato per martedi iniziano a farsi notare.

2011.10.23-San-Bernardino 2714
Prendiamo il sentiero che resta sulla destra orografica, e che porta verso la diga del lago artificiale. Sentiero agevole, praticamente una autostrada, immerso nella pineta.

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Passiamo la deviazione da dove, salendo a destra, si arriva all'Alp d'Occola e al Pass di Passit. Si sarebbe potuto salire fino al passo, ma temiamo per eventuale presenza di ghiaccio in alto. E un rivo vicino alla biforcazione mi fa pensare che forse è così.

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Sto tenendo d'occhio la linea dell'autunno da un po' di tempo, è arrivata attorno a Q1000 circa, è quasi ora di partire per le grandi traversate nei boschi. Anche qui i larici hanno risposto alla chiamata sinfonica, e si sono tinti di giallo.

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Silenzio, anche la semi-autostrada quasi non si sente, in questa zona passa lungo l'altro versante della valle. E contrasti di colori.

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15:00 Tranquilli tranqulli arriviamo alla diga. Da qui si potrebbe scendere a Pian San Giacomo, ma non ho controllato gli orari del postale per rientrare. Ci avventuriamo sulla diga, con splendida vista sul gruppo del Piz Uccello.

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Appena dall'altra parte, una piccola sorpresa. Messer Autunno sta prendendo il controllo, il Generale Inverno ha inviato i suoi esploratori, ma Sorella Primavera li ha fregati tutti, e ha già pronti i rchiami del suo ritorno.

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Su questo lato, molto più solatio dell'altro, trovi diversi edifici tipici dell'attività agricola di montagna. Alcuni sono stati trasformati in case di vacanze, altri, per fortuna, hanno mantenuto le caratteristiche originarie.

2011.10.23-San-Bernardino 2736
15:15 Siamo al bivio per Suossa. Da qui in meno di mezz'ora saremmo nuovamente alla base, un po' corta... Niente litigi, allunghiamo. Breve salita (questo pezzo non si può fare con la carrozzella, ma tutto il resto si), che porta verso la zona della torbiera.

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15:30 Salita agevole, si arriva in un boffo (boffo = parola dialettale ticinese che significa "soffio"). Nuvole alte stanno invadendo il cielo, purtroppo la meteo ha sempre ragione.

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Raccoglitori di pigne unitevi. Qui ce n'è per 1000 presepi.

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Appena girato l'angolo, il piccolo insediamento di Suossa. Zona veramente tranquilla, non si sentono rumori artificiali di nessun tipo.

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E vista su Pian San Giacomo.

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15:40 Discesa lungo stradina asfaltata, che ci porta alla cantonale. Nuovamente tagliamo, questa volta in direzione del piccolo lago Doss. Mi sembra che i canneti stiano invadendo la superficie del laghetto, me lo ricordavo più ampio.

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A questo punto, per allungare bisognerebbe salire fino all'alpe Doss, poi restando alti fino ad Acubona, e discesa. Ma optiamo per il rientro, il sole sta già nascondendosi dietro il Trii Oman, fra poco comincerà a fare frescolino forte. Prendiamo la stradina diretta, lungo la quale negli anni passati molto è stato costruito. San Bernardino ha conosciuto una effimera notorietà dopo la metà degli anni '90, l'edilizia si è mossa in massa con appartamenti di vacanza e chalet ad ogni angolo. L'euforia è passata, e ho l'impressione che ormai molte di queste case non vengano neanche più aperte.

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16:15 Ed eccoci al termine del nostro giretto: la pasticceria ci sta attendendo, con thé caldo e fetta di torta. E gli ultimi raggi di sole che indorano la cima di un larice.

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Mostruoso profilo altimetrico della passeggiata.

Profilo
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19 ottobre 2011 3 19 /10 /ottobre /2011 09:33



Percorso effettuato alpe Serdena (Q1447) - Camoghè (Q2228) - bocchetta di Revolte (Q1981) - corte Lagoni (Q1814) - alpe Serdena..

Difficoltà: sentiero T2.

Dislivello: circa 800 metri

Lunghezza del percorso: circa 6 chilometri

Sforzo equivalente: 14 chilometri

Durata (incluse le pause): 5.5 ore.

Periodi duri di lavoro, questi. Rita straimpegnata con i corsi blocco per tutto settembre ed ottobre, praticamente devo chiamare la sua segretaria per fissare un appuntamento per poterla vedere. I fine settimana dedicati alla preparazione dei corsi per i giorni successivi. Mi chiede di organizzare qualcosa di corto, ma che valga la pena. La richiesta cade a fagiolo, è da un po' che sto tenendo d'occhio il Camoghè, montagna non altissima, ma il cui fianco Nord (quello che vedo io da casa) è quasi verticale ed impressionante. A inizio settembre avevo visto il documentario di Romano Venziani sul trekking del 125° del CAS Ticino, trekking durante il quale i partecipanti erano passati dal Camoghè salendo dalla parte Sud: sentiero agevole, ma soprattutto avevo visto scorci di panorami infiniti, persino meglio che dal Tamaro. Propongo la gita a Rita, 800 metri di dislivello non sono un problema. Accetta, inviti vari, si annunciano Danila e Pietro.

Per salire all'alpe di Serdena bisogna passare una strada utilizzata dalla scuola reclute dei granatieri di Isone. Per sicurezza chiamo la caserma in settimana per assicurarmi che la strada sia percorribile alla domenica, e un sergente maggiore mi conferma la cosa.

E per finire in bellezza, tengo d'occhio la meteo: per domenica giornata serena, e vento fino al giorno prima = aria tersa e limpida. Cosa si puô volere di più?

09:40 Ci siamo ritrovati alle 8:30 al parcheggio degli impianti del Tamaro, in modo da salire con una sola vettura. Sosta ad Isone per il caffé, poi via lungo la strada di salita, sbagliando (grazie a me) due volte alle biforcazioni (neanche un cartello in giro). Aria frescolina assai, il sole non ancora sorto, ma il cielo sembra voler mantenere quanto promesso durante i giorni precedenti: aria limpida, che dovrebbe offrirci la vista per decine di chilometri. In effetti, appena scesi dall'auto, possiamo già vedere il gruppo del Monte Rosa.

2011.10.16-Camoghe 2614
E lassù, la nostra destinazione odierna.

2011.10.16-Camoghe 2618
Piccola indecisione alla partenza, poi troviamo la strada di salita, non proprio evidente tra i prati. Massiccia presenza di ferro, siamo vicini alla valle Morobbia e alla Valcolla, entrambe con un maglio, segno che nel passato valeva la pena estrarlo e lavorarlo.

2011.10.16-Camoghe 2619
Il sentiero sale abbastanza dolcemente, riesco quasi a stare dietro ai miei compagni. Man mano che saliamo, l'orizzonte si apre sempre più, mostrandoci i giganti vallesani verso Ovest.

2011.10.16-Camoghe 2622
Nella seconda linea puoi vedere il Gridone / Ghiridone / Limidario, e a destra, appena sopra il prato, il pizzo Leone.

10.25 Attraversiamo un ruscello, e arriviamo a dei ruderi, probabilmente un piccolo alpe del passato.

2011.10.16-Camoghe 2625
Di marche non se ne vedono, cartelli neanche, ma ci sembra di intravvedere un percorso che sale in senso anti-orario, e che punta nella direzione giusta. Boh, dovrebbe essere quello il sentiero. Ci avviamo...

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In breve il sentiero scompare, e ci troviamo a pascolare per prati infestati dalla rosa delle alpi, buchi nel terreno, gradoni, pendenza di salita abominevole. Mi guardo indietro, e capisco al di là di ogni ragionevole dubbio che abbiamo sbagliato strada. Appena prima dei ruderi avremmo dovuto salire verso destra, si vede benissimo il sentiero da qui.

2011.10.16-Camoghe 2629
Come al solito, ormai siamo in ballo e balliamo. Il percorso per arrivare al filo di cresta in prossimità della bocchetta di Revolte è chiaro: sempre su dritto. Mi volto, e ho l'impressione che il Rosa stia sogghignando.

2011.10.16-Camoghe 2627
Pietro fa da apripista, credo che possa tenere il passo con Pier (che oggi non ha potuto venire). Dietro Rita e Danila, e io che arranco a distanze incommensurabili.

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Non so perché, ma nelle foto la pendenza sembra sempre meno importante di quando la vivi in prima persona nei tuoi poveri quadricipiti.

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11:35 I tre moschettieri sono un bel pezzo avanti, non li vedo neanche più. Mi accorgo però che alla mia destra, non troppo in alto, ci sono delle capre che sembrano piazzate sulla cresta. Impressione confermata da un escursionista che passa proprio in quel momento.

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Decido di tagliare in quella direzione: lungo la cresta il sentiero dovrebbe essere più agevole. Mentre salgo le capre mi guardano con diffidenza, ce n'è una con le corna molto lunghe, non vorrei che decida di caricarmi... Poi arrivo in cresta, e la fatica viene dimenticata. Dall'altra parte si apre la vista verso la bergamasca, la zona del ramo di Lecco del lago di Como: vista splendida.

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E la valle Morobbia con la Mesolcina.

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Per non dimenticare il Boglia (tutto a destra), i Denti della Vecchia e il Generoso / Calvagione. Come al solito, verso Sud una nebbiolina da inquinamento che pervade tutto. Ma come fanno a sopravvivere?

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Poi attacco la salita verso la cresta finale, e dietro di me chiaro il tracciato che porta al Garzirola.

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Il sentiero sale a zig-zag lungo la pendice, diminuendo così la pendenza (per fortuna). I miei tre compagni, che erano poco più avanti quando ho raggiunto la cresta, ormai saranno già in cima. Vengo superato da mamme, bambini, cani. Mi guardo attorno, se mi supera anche una lumaca mi ritiro in monastero. Lontano lontano, una punta che sbuca da dietro una catena di montagne già alte di loro. Forse, forse, potrebbe essere il Cervino.

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12:15 Credo che le mie fatiche per oggi siano quasi giunte a conclusione.

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Salgo ancora pochi passi, e giungo al filo di cresta del Camoghè. E faccio oooohhhhh.

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Tutto il Bellinzonese, la Riviera, Biasca, l'attacco della Leventina a sinistra e della Blenio a destra, il Matro proprio sopra Biasca. Sono 20 chilometri di visibilità fino a Biasca... E il Locarnese...

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Appena dietro la cresta, la vecchia baracca militare, ormai distrutta.

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E l'ultimo passaggio esposto. Arrivo alla roccia (appena dietro Rita), e mi fermo. Maledette vertigini!!! Piazzo il sederino in un punto adatto, e attendo che Danila, Pietro e Rita ritornino.

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Già che ci sono, sparo a raffica un po' di foto. Rosa, con Manera e Tamaro.

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Bellinzonese e Riviera.

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Pic-nic con vista verso a 180° da Est a Ovest passando per il Sud. Banana e nebbiolina sulla Padania.

13:05 Rifocillati, occhi riempiti, mente sgombra da pensieri che si sono persi come palloncini nel blu, decidiamo che si potrebbe anche rientrare. Ripassiamo la baracca, e il piccolo oratorio.

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E' incredibile quante costruzioni siano riusciti a mettere su di un fazzoletto di roccia. Poi via lungo la cresta fino al punto dove si svolta a destra per scendere.

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Discesa tranquilla, non abbiamo fretta. Rita dagli occhi di falco mi indica una splendida genziana: mi sa che sarà l'ultima per quest'anno.

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Un saluto al Camoghè: da ritornarci, la vista vale veramente la salita.

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13:35 Passiamo dalle capre, sono ancora al loro posto.

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Stavolta non sbagliamo strada, e alla bocchetta di Revolte continuiamo lungo il sentiero marcato. Prendiamo la deviazione verso destra, puntando su Corte Lagoni.

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Da qui tagliamo nuovamente a destra, e sotto il laghetto troviamo il sentiero mancato stamane. Il percorso ci porta a ridosso della montagna, qui il sole non arriva praticamente mai in questa stagione. Frescolino forte, e i primi avanposti del Generale Inverno. Messer Autunno non ha ancora cantato la sua sinfonia di colori, che già il suo successore sta portandosi avanti con il lavoro.

2011.10.16-Camoghe 2702
E non riesco a capire se questo sia un sorbo, o se il rosso sia dovuto alle foglie.

2011.10.16-Camoghe 2703
E il camminar m'è dolce, in queste infinite praterie.

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Passiamo il punto d'errore del mattino. A sinistra le rovine, su dritto il sentiero ufficiale (si arriva da destra). Da ricordarsi per la prossima volta.

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15:00 Decisamente lungo il sentiero il percorso è più facile. Senza difficoltà arriviamo all'alpe Serdena. E piacere per gli occhi: gli alberi a destra sono ben messi con le prove d'orchestra: chi suona il giallo, chi il rosso, chi il bruno. E' quasi ora di percorrere boschi e ascoltare il gran finale delle stagioni.

2011.10.16-Camoghe 2710
Alle 16:00 siamo già a casa, Rita contentissima dato che così prende due piccioni con una fava: giornata splendida all'aperto, e abbastanza tempo per prepararsi per il lunedi. Escursione veramente splendida, fattibile anche in un pomeriggio, vista incredibile se si ha la fortuna di trovare la giornata giusta. Decisamente da consigliare.

Ecco il profilo altimetrico della salita.

Profilo1
E quello della discesa.

Profilo2
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12 ottobre 2011 3 12 /10 /ottobre /2011 09:27



Percorso effettuato capanna Michela / Motterascio (Q2172) - da qualche parte verso il piz Terri (Q2340 circa) - capanna Motterascio - bocchetta di Larciolo (Q2329) - da qualche parte verso il pizzo Coroi (Q2500 circa) - capanna Motterascio - alpe Garzott (Q1630).

Difficoltà: sentiero T2 e T3.

Dislivello: salita circa 800 metri, discesa circa 1'200 metri

Lunghezza del percorso: circa 10 chilometri

Sforzo equivalente: 20 chilometri

Durata (incluse le pause): 9.5 ore.

Capanne: capanna CAS Motterascio - "Michela"

Grande giornata, oggi: tentiamo il nostro primo 3000, il piz Terri. Mille metri di salita, in buona parte appena sotto la cresta, da qualche parte c'è un camino che non so se riuscirò a salire, e ancora meno a scendere, ma si prova. Ho calcolato (col mio passo, Rita e Pietro di sicuro impiegherebbero di meno) almeno 4 ore salire, e 3 per scendere, abbiamo appuntamento col signore del pulmino all'alpe Garzott verso le 16:30, rischia di diventare una maratona. Avrei voluto partire presto (diciamo verso le 6:30) per avere agio a sufficienza, ma Ornella ed Emilio alla sera ci hanno informati che prima delle 7:15 non c'è abbastanza luce. Abbiamo le frontali con noi, ma ce lo sconsigliano.

06:30 Diana (per i non ticinesi: parola che viene urlata dai sergenti maggiori nelle scuole reclute alla mattina nelle camerate delle reclute per svegliarli e farli alzare). Colazione, rigoverniamo la camera (è il minimo che possiamo fare), preparazione sacchi, alba.

2011.10.02-Due-cime-mancate 2503
Ho dormito 9 ore non ostante un po' di russare in giro: a casa non dormo mai così tanto :-)

07:45 Pronti per l'avventura. Salutiamo Ornella ed Emilio, che ci fanno gli auguri. Questa volta seguiamo i paletti bianco-blu-bianco che divergono ad angolo retto rispetto al tracciato della Greina.

2011.10.02-Due-cime-mancate 2505
Lassù, con il tele, riesco a vedere la croce di cima del Terri. Quanto è lontana...

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L'aria è freschetta, ormai siamo entrati in autunno, ma per trekkare è meglio così. Camminiamo spediti su sentiero di mucche, eroso, si rischiano le caviglie più che sulle rocce. Entriamo nella valle, il fiume canta alla nostra destra.

08:10 Da un piccolo promontorio vediamo buona parte del percorso di salita. Su lungo la frana a destra, si gira dietro la montagna e si continua a salire, per arrivare in cresta dopo la prima balza e continuare nuovamente da questa parte.

2011.10.02-Due-cime-mancate 2509
08:15 Un gruppo di 12 alpinisti (tutti maschietti, neanche una femminuccia) ci sorpassano, e passano lungo una piastra rocciosa con agilità. La guardo, e inizio a sudare freddo. Pendente (la foto non le rende giustizia), appoggi millimetrici per i piedi, tipo camminare su di una corda, cinquanta metri buoni di salto a destra, niente appigli per le mani

2011.10.02-Due-cime-mancate 2511
NIente catena... Io, di li, non passo. Pietro fa qualche tentativo, ma anche lui non si sente a suo agio. Discutiamo... Perché non hanno messo la catena? Probabilmente perché dopo arrivano punti ancora più difficili, e se non passi qui, è meglio che non continui. Magari però si potrebbe scendere al fiume e risalire dopo la piastra, che arriva quasi fino in basso... Pietro ci prova, pendenza importante, arriva al fiume, si guarda attorno. Io intanto ponzo. Se qui è così, chissà il camino... Magari lo salgo, poi chiamo la Rega perché non riesco a scendere. Dò una voce a Pietro, ritorna, propongo di lasciar stare. Da qui è un T4 veramente T4, non sono pronto, o meglio, il mio stomaco non lo è, ma non posso ignorarlo. Emilio mi ha detto "Se hai fatto lo Stambecchi, va su senza problemi". Emilio caro, mi sopravvaluti di molto!

08:40 Facciamo dietro-front. I dodici, nel tempo che noi abbiamo guatato questo passaggio, sono arrivati a due terzi della salita sulla frana. Impressionante. Guardo dentro di me, non trovo né amarazza, né delusione, né dispiacere. Penso invece a cosa possiamo fare in alternativa, e al caffé e fetta di torta che mi attendono in capanna. Nel frattempo è quasi sorto il sole anche qui.

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E la giornata si preannuncia splendida come quella di ieri.

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09:05 Arriviamo alla capanna. Momento di quiete, coloro che vi hanno pernottato ormai sono in giro a zonzo per la Greina, quelli che vi saliranno in giornata non sono ancora arrivati.

2011.10.02-Due-cime-mancate 2520
Togliamo gli scarponi, saliamo al primo piano, Ornella ed Emilio si stanno gustando il momento di tranquillità (l'unico della giornata, probabilmente) al tavolo con la seconda colazione. Ci vedono arrivare, mi dispiace non aver avuta pronta la macchina fotografica per immortalare la loro faccia :-) Caffé e torta, spieghiamo cosa è successo, cosa facciamo adesso? Di nuovo la Greina? Val Carassina? Ci propongono di salire al pizzo Coroi, meno alto del Terri, ma con bella vista. Tempo circa 3 ore per l'andata. Faccio un po' di calcoli mentali, mi sembra che siamo maledettamente tirati col tempo, ma Rita e Pietro sono affascinati dall'idea, così taccio. Emilio disegna il tracciato sulla cartina (non c'è sentiero ufficiale), prepariamo armi e bagagli, e li salutiamo. Cosa c'è di pranzo? Polenta, mmmmmmhhhhhh.

09:45 Nuovamente in pista, nuova meta, nuovo percorso sulla Greina. Saliamo all'alpe Motterascio per scendere nella piana, poi dobbiamo salire alla bocchetta di Larciolo, e continuare verso il Coroi, sistemato proprio davanti a noi.

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09:55 Piccola meraviglia di giornata. Incastonato in una piccola terrazza a metà costa, un laghetto delizioso, che altrimenti non avremmo visto.

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Poi la coda dell'occhio vede un movimento saltellante: ranocchio di circa 1.5 cm.

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Ben mimetizzato, devo dire. Arrivati allo scavallamento, ci fermiamo per discutere il percorso. A sinistra la salita per la bocchetta del Larciolo, a destra una salita meno impegnativa che ci porta sul filo di cresta. Una volta arrivati li basterebbe seguire la cresta per arrivare al Coroi. Faccio presente che anche se più lunga, dato che la pendenza è minore dovrei impiegare meno tempo a salire da destra che su diritto... Rita e Pietro mi sopravvalutano anche loro, si sale a sinistra.

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10:10 Terreno da torbiera, si sprofonda. Zig-zagghiamo per cercare percorsi stabili, e attraversiamo la piana, arrivando ad un gruppo di massi che segnano il punto di inizio salita. Dietro di noi i contrafforti che nascondono la capanna.

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Iniziamo la salita, bella pendente, diritta e diretta. Sono solo un centinaio di metri di dislivello, Salgo a tornanti, per diminuire la pendenza. E seconda sorpresa della giornata: una genziana di Koch, a inizio ottobre.

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10:20 Si vede la bocchetta, abbiamo anche trovato un sentiero da capre che ci facilita la salita.

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Zona nuova questa, per noi. Salendo il paesaggio roccioso si fa sempre più affascinante, con cime e guglie quasi invisibili dal basso.

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Ma anche il paessaggio in basso non scherza.

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10:40 Bocchetta raggiunta e superata, trovo Rita e Pietro che si stanno godendo la spiaggia. Non so come facciano, non si lamentano mai per tutto il tempo passato ad attendermi. Devo far loro un monumento. Il pizzo Coroi è li, dritto davanti a noi.

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Piccola pausa banana, la torta ormai è digerita, con la salita fatta. Adesso le cose non sono molto chiare. Guardando il disegno fatto da Emilio, sembrerebbe che dobbiamo tenere la quota per qualche centinaio di metri, poi salire sulla destra per prendere la cresta. Pietro ritiene che dovremmo salire in cresta subito, a me sembra strano. Sotto di noi, la valle di Larciolo, che inizia dove si trova il ponte metallico che dà accesso alla salita per la Motterascio. Via alternativa, che passa dall'alpe omonima, ormai abbandonata. Guardando indietro, vedo il Terri: sarebbe stata dura.

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Decidiamo di continuare mantenendo la quota, e poco oltre troviamo nuovamente un sentiero caprino, e iniziamo a seguirlo.

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Ci fa salire velocemente, ma non piega a destra.

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11:45 Stiamo girovagando da un'ora, ma non sembra che ci siamo avvicinati più di tanto al Coroi. Sotto di noi appaiono dei ruderi, forse i resti dell'alpe di Larciolo. Sosta discussione.

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Continuando di questo passo arriveremo tra due o tre giorni, in cima. E purtroppo il tempo inizia ad essere tiranno. E c'è la polenta che ci attende in capanna... Decidiamo per il rientro. Voltiamo la parte posteriore, e ci incamminiamo. Il Coroi lo faremo l'anno prossimo, da Crap la Crusch: il percorso è decisamente più evidente, si prende la cresta posta di fronte, e si tira dritto fino in cima.

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12:15 Chissà perché il rientro è sempre più spedito. Vero che eravamo in discesa, ma abbiamo impiegato la metà del tempo per arrivare alla bocchetta. Davanti a noi si riapre la Greina.

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Stavolta seguiamo il sentiero da capre quasi fino in fondo, agevolando non di poco la discesa.

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12:30 Quaranta minuti per salire, quindici per scendere. Ingiustizia.

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Riattraversiamo la piana, e su verso l'alpe. Un gruppo di sei gracchi sta girovagando nel cielo, probabilmente è ora di pranzo anche per loro.

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Via il laghetto...

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13:05 ... e in un attimo siamo in vista della capanna.

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Ci annunciamo arrivanti, e ci mettiamo comodi. Faccio un bel esame di coscienza: non ho raggiunto il Terri, non ho raggiunto il Coroi, come mi sento? Felice, giornata splendida in giro per praterie e sentieri, laghetti e rane, silenzio e profumi, le gambe soddisfatte, non riesco a trovare dispiacere. Lo rifarei? Subito. Bene, allora la polenta con il formaggio dell'alpe invecchiato 14 mesi me li sono meritati Avrò bisogno di due ore per riprendermi dallo choc digestivo, ma quando ci va, ci va! Ed è un secolo che non mangio più polenta e formaggio in capanna. Ciliegina per una giornata splendida.

Poi il caffé, la fetta di torta sarebbe troppo, chiacchere in libertà, due ore mezzo di pausa. Sto diventando epicureo, satrapico e godurioso. L'età mi fa male...

15:20 C'è ancora una discesa da fare, ad ogni modo. Ci accomiatiamo definitivamente, carico bottiglie (in basso farà più caldo che qui), e ci mettiamo in marcia. Controllo del sistema digestivo, il peggio sembra essere passato.

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Ciao Motterascio, all'anno prossimo, ci puoi contare.

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Discesa conosciuta, senza problemi. Il sentiero sembra essersi degradato ulteriormente rispetto all'anno scorso, l'acqua ha scavato solchi e fatto franare alcuni punti. Durante la discesa la splendida cascata che scende dalla piana attraversata stamane ci fa compagnia.

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15:45 Ponticello di metà discesa, la polenta tira verso il basso :-)

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16:00 Scendiamo tranquilli, l'appuntamento è stato spostato alle 17:15 circa, abbiamo tutto il tempo, e ce ne avanzerà anche. Sguardo indietro, per non dimenticare.

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Poi finalmente entriamo nel bosco: anche se siamo a inizio ottobre, il sole picchia mica male.

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16:30 Passiamo il piccolissimo insediamento, e arriviamo al ponte in ferro. A destra ce n'è un altro, in legno, che dà accesso alla valle di Larciolo. Guardiamo in su, ma non si riesce a vedere dove eravamo stamattina.

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Poi lo splendido percorso nel bosco di conifere che porta all'alpe Garzott, costeggiando il lago del Luzzone, bassissimo, almeno 15 metri sotto il suo livello abituale. Fa un effetto quasi spettrale.

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17:00 Puntualissimi arriviamo all'alpe Garzott. Pensavo sarebbe stata deserta, invece c'è un bel po' di gente in giro per il periodo.

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Ci mettiamo comodi sul prato accanto al parcheggio, e alle 17:15 arriva il nostro autista, che ci carica e riporta a Ghirone. Caffé a Olivone, poi rientro dopo due giorni splendidi.

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Profilo altimetrico della tratta dalla capanna alla piastra di roccia.

Profilo1
Profilo altimetrico del tratto verso il pizzo Coroi.

Profilo2
Profilo altimetrico della discesa dalla capanna all'alpe Garzott.

Profilo3
Clicka qui per vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).

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7 ottobre 2011 5 07 /10 /ottobre /2011 11:48



Percorso effettuato Pian Geirett (Q2012) - capanna Scaletta (Q2205) - arco della Greina (Q2320)  - Crap la Crusc (Q2266) - Camona (Q2194) - capanna Terri (Q2170) - Crap la Crusc - capanna Michela / Motterascio (Q2172).

Difficoltà: sentiero T2, a parte il tratto tra la capanna Scaletta e l'arco della Greina da considerare T3 / T4. Questo pezzo si può evitare salendo al passo della Greina (T2) e scendendo da quella parte all'arco.

Dislivello: 850 metri

Lunghezza del percorso: 17 chilometri

Sforzo equivalente: 25 chilometri

Durata (incluse le pause): 8.5 ore.

Riferimenti: orario del bus alpino della Greina, il "Sentiero degli Stambecchi, parte 1", il "Sentiero degli Stambecchi, parte 2", "Greina, la tundra tra Ticino e Grigioni", progetto per il Parc-Adula

Capanne: capanna CAS Motterascio - "Michela", capanna Scaletta, SAT Lucomagno

Ci sono dei posti al mondo, che se sei in zona, non puoi fare a meno di visitare: l'altopiano della Greina appartiene a questi. Si tratta di una zona in quota (sopra Q2000), con una forma di tipo Y. Il suo centro pedonale è Crap la Crusc, un masso (in romancio crap = masso, sasso, crusc = croce) con una piccola croce in ferro battuto, unico manufatto presente in tutto il territorio, a parte una baracca militare denominata "Edelweiss" sita proprio sotto il passo della Greina. Un dei rami si estende da questo punto verso la capanna Motterascio ed il suo alpe, un altro verso Est, denominato "Plaun la Greina" che porta fino alla capanna Terri, in territorio grigionese, e l'ultimo, verso Ovest, conosciuto come "Piano della Greina" conduce al passo omonimo e alla capanna Scaletta. Lungo circa 6 chilometri, e largo uno, si trova a cavallo dello spartiacque continentale. Dalla parte della Scaletta scende il Brenno della Greina, che finisce nel Mediterraneo, mentre dalla parte grigionese dà origine al Reno di Somovix, che termina nel Mare del Nord.

 Crap la Crusch sulla Greina

Il paesaggio presenta diversi biotopi, dal prato magro alla torbiera, dal pascolo alla zona con forte presenza di calcare e dolomia saccaroide. Le cime che contornano questo pianoro si stagliano nette, portando sopra Q3000, e sono habitat per il camoscio, la marmotta, l'aquila, la pernice delle nevi, e altri ancora. In estate era possibile trovarvi diverse centinaia di capi di bestiame (mucche, pecore e capre), mentre oggi non viene quasi più caricato.

La Greina permette il collegamento tra la parte alta della valle di Blenio e la Lumnezia, ed era conosciuto sicuramente nel 20 dopo Cristo. Durante il Medioevo il percorso fu spesso utilizzato per il trasporto di merci sulla direttrice Sud-Nord. Dopo la II Guerra Mondiale vi furono alcuni tentativi di utilizzare questo spazio per le sue risorse idriche (produzione di elettricità), in seguito fu proposto di utilizzare la Greina come zona di esercitazione per il tiro militare, e come centro turistico. Fortunatamente nessuno di questi progetti andò in porto, grazie alle forti opposizioni, ed oggi la zona è inserita nell'inventario federale dei paesaggi, dei luoghi e dei monumenti naturali d'importanza nazionale, e come tale protetta.

Negli ultimi due anni è nata l'idea di crerare un parco nazionale nella zona, denominato Parc-Adula. L'idea sarebbe quella di valorizzare tutto il territorio, estendendo la bandita di caccia, e permettendo unicamente attività agricole originali, quali la pastorizia e la produzione casearia. Purtroppo il progetto sta incontrando delle difficoltà, e non sono sicuro che verrà realizzato.

E' una zona talmente bella che ormai da tre anni organizziamo una due giorni su questo altipiano. Grazie all'inizio d'autunno splendido di quest'anno, mettiamo in calendario l'escursione per inizio ottobre, invece che agosto come gli altri due anni. Diversi inviti, ma per motivi vari solo Pietro riusce ad unirsi a noi.

09:00 L'organizzazione ha funzionato benissimo. Ho trovato una persona con pulmino che fa servizio sulle tratte di Pian Geirett e lago Luzzone, adesso che il bus della Greina non circola più. Dopo il caffé a Olivone, salita a Ghirone dove puntuale arriva a prenderci, e ci porta fino a Pian Geirett. L'aria è relativamente tiepida per il periodo e l'ora, il cielo di un azzurro incredibile, la giornata si preannuncia meravigliosa.

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Guardiamo verso il pass Uffiern, dove siamo saliti solo 4 settimane fa per il "Sentiero degli Stambecchi". Poi bando alle reminiscenze, e si inzia la salita. Il sole non è ancora sorto, la felpa ci vuole, ma è quasi al limite. E si inizia a vedere la roccia frastagliata, erosa, viva della Greina.

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E anche una strega: forse una abitante del luogo, punita per chissà quale misfatto.

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09:55 Siamo quasi alla biforcazione del sentiero che porta da una parte al passo, dall'altra alla capanna. In lontananza il Rossetto, dal quale avevo guardato in questa direzione il 28.09.2008, senza ancora sapere (allora) quali meraviglie ci fossero qui.

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Al bivio breve consultazione: abbiamo tutto il tempo che vogliamo, si può fare fermata alla Scaletta (si vede la bandiera sotto di noi), oppure continuare diretti. Decisione presa velocemente, si continua, c'è l'arco della Greina da vedere. Le altre volte ci eravamo arrivati salendo al passo della Greina, poi prendendo il primo tratto del sentiero che porta alla capanna Medel. Questa volta decidiamo di salire da sinistra, seguendo le gole del Brenno della Greina. Percorso più impegnativo, ma anche molto più affascinante.

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La marcatura bianco-blu-bianco ci dice che dovrebbe trattarsi di un T4... Il percorso in effetti richiede passo sicuro, tutto tra roccette. Ma chi, come Rita e me, è stato abituato da bambino a giocare sulle dighe del Ticino e della Maggia, si troverà a casa sua.

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10:20 Percorso non così problematico, tenuto conto di come è marcato. Poi mi accorgo di aver cantato vittoria troppo presto: passaggio non difficile, ma che mette a dura prova il mio povero stomaco. Salto a sinistra, salto a destra. Rita mi ha atteso, era già passata, torna indietro per aiutarmi. Preferisco di no, devo farcela da solo.

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Tra un rantolo ed un passo, ce la faccio, ma non ti dico i tempi... Da qui normale amministrazione, il peggio è passato.

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10:30 Ci siamo quasi. Dietro di noi ricompare la Scaletta, e di fronte, tutto sulla sinistra, il Sasso Lanzone e sulla sua destra il passo Uffiern.

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10:40 Ed eccolo: circa 20 metri di campata, e una decina di luce. Dietro un grande scavo nella roccia tenera, che permette di passarci sotto. E se non si soffre di vertigini, ci si può anche camminare sopra. Affrettati, credo che durerà al massimo ancora 50'000 anni.

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Poi, al bordo del fiume, cornetto e cioccolata nera: adesso che le grandi calure sono passate, mi fido nuovamente a prenderla con me. Nel frattempo da destra arriva una comitiva di una dozzina di persone, dirette chiaramente alla capanna Medel. Ci ignorano bellamente, fanno le foto all'arco, e ripartono sull'altro versante come non esistessimo. A dire il vero, neanch'io le vedo riflesse nell'acqua.

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11:05 Pausa terminata. Non abbiamo fretta, la giornata e la Greina sono nostri, abbiamo tutto il tempo che vogliamo. E l'anticamera della Greina è davanti a noi.

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Invece di riprendere subito il sentiero, ci infiliamo tra la dolomia, a gustare il bianco friabile di questa roccia.

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Po scolliniamo, passando dalla baracca "Edelweiss"...

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...e siamo a casa. Il bianco sentiero davanti a noi, spazi aperti, il silenzio rumoroso dell'acqua che scorre in basso, l'azzurro che ci bacia da lontano. Siamo a casa.

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Passiamo il nostro "coccodrillo della Greina"; ma ormai il muso è smangiato. In soli due anni ha perso molto della sua identità, roccia che viene asportata facilmente da ogni piena del Reno. Ma qualcosa è rimasto, a ricordarci la sua presenza.

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11:55 E via a ruota libera. C'è il sentiero, ma si potrebbe andare in qualsiasi direzione. Piccolo grande mondo, tutto da esplorare. Poi la discesa verso Crap la Crusch, e il Plaun della Greina.

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Si tace e si parla, resto indietro e raggiungo nuovamente i miei compagni. Terra che ti dà il ritmo, il tuo ritmo, diverso da quello di chiunque altro. Canto polifonico, sincopato, di passi lenti e passi veloci, di sguardi e vedute, di profili netti e stagliati. Terreno marrone questa volta, non più verde come in agosto, ma splendido nel contrasto di colori. Terreno d'acqua, che trattiene e rilascia, creando zone paludose e qualche piccola pozza, che potresti chiamare laghetto.

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Catino chiuso da montagne, aperte per lasciarti fuggire, ma un elastico invisibile è ancorato qui, una volta che ci sei salito, e ti ci riporta, per quanto lontano tu possa scappare.

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12:15 Intanto siamo arrivati al bivio per Crap e la Motterascio. Pic-nic qui o a Camona? Tutte gambe ben allenate, si continua ancora un'oretta.

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Mentre riparto la mente va al pass Diesrut, che porta a Vrin, poi la lunga vallata fino a Flims. Guardata diverse volte sulla cartina, come facevo da bambino, prima o poi me la metto nelle gambe. Passiamo il ponticello più avanti, e scendiamo ai bordi del Reno di Somovix per accompagnarlo fino al suo salto a Camona.

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Questa parte della Greina è decisamente più frequentata. Fino a Crap abbiamo incontrato solo due persone, qui è pieno di gruppetti che salgono e scendono dal passo. Non è un problema, c'è spazio per tutti.

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Passiamo il bivio per il passo, si sale a destra, e davanti a noi appare il ponte di Camona.

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Da li, le acque fanno un gran salto, dritto dritto. Noi invece dovremo aggirare il promontorio a sinistra salendovi, e scendendo dall'altra parte.

13:10 E' un attimo arrivare a Camona... Ci piazziamo comodi per il pic-nic, mentre treni di persone che arrivano da Vrin sfilano davanti a noi per andare alla capanna Terri. Nel Medioevo anche gli abitanti della Blenio andavano ai mercati della Lumnezia e Surselva passando da qui, con le loro bestie, vino, e formaggio, per comperare moglie, o passare qualche giornata in allegria.

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13:35 Banana e frutta secca inghiottiti. Mi sono fatto mettere la crema da sole da Rita, rischio la bruciatura al collo da come picchia. E siamo al primo d'ottobre. Pietro è anche uno da pausa corta, così ricalziamo gli scarponi, e ci spostiamo sul ponte per ammirare il salto d'acqua, arcobaleno incluso nel prezzo.

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Poi si parte su sparati, non proprio verticale, ma poco ci manca.

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Piccolo passaggio con le catene, non problematico, in cima, e come si passa la gobba appare la capanna Terri.

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Oggi il caffé è assicurato :-) La discesa richiede attenzione, sentiero di sassi frananti su fondo sabbioso, non è opportuno distrarsi. Scendendo, su di una piccola terrazza, due catini d'acqua.

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E possiamo ammirare la genialità costruttiva e di posizione di questo edificio: è praticamente impossibile che venga colpito da una valanga, si trova su di un cocuzzolo ben distanziato dalle montagne circostanti.

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Chissà perché per godere delle cose bisogna sempre soffrire? Dopo tutta la salita, e la discesa, ancora salita.

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14:20 Poi però arrivi alla capanna, e ti si apre una prospettiva come questa. E i piedi, invece di dire "sei matto", iniziano a fare i capricci, e dire "andiamoci, andiamoci".

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Li metto a tacere informandoli che per intanto quello che si fa è bere un caffé e mangiare un Nussgiepfli.

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Capanna accogliente, vento tagliente all'esterno, ci rintaniamo al suo interno.

15:00 Siamo dei vergognosi, abbiamo fatto la pausa caffé più lunga di quella pranzo. Ci decidiamo a rimetterci in moto, decisamente da queste parti la parola stress è sconosciuta. Scendiamo dalla cimetta, e prendiamo il sentiero che porta al passo verso la Greina. Lungo la via diversi ometti, uno costruito probabilmente da un romano passato da queste parti.

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Il percorso fino al passo è tutto saltia, così lascio liberi Rita e Pietro di andare alla loro velocità, ci rivediamo al laghetto in alto.

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Loro scompaiono in un attimo, io salgo con il mio passo lento-flemmatico. Quadricipiti lunghi, ma poca massa, e poca forza, leve lunghe, le mie non sono gambe da montagna. Ma non mi preoccupo, mi portano sempre dappertutto, senza lamentarsi (quasi) mai, affidabili.

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15:30 Piccolo pianoro a metà salita. Dall'altra parte tre escursionisti che arrivano. Sono tentato di chiedere loro se hanno visto Rita e Pietro, non vorrei che nel frattempo siano già arrivati alla Motterascio. Lascio stare...

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Salgo, salgo, salgo. E qualcuno viene a consolarmi: anche lei sta facendo fatica per salire, ma in cielo.

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Passo alcuni micro-laghetti, cerco le rane, ma probabilmente se ne sono già andate in letargo. Poi i resti di una casa di pastori, presumo.

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Da dopo la II Guerra Mondiale, con l'urbanizzazione, noi ticinesi ci vergogniamo assai di essere stato popolo di contadini e di montanari. La popolazione si è spostata quasi tutta in basso, le valli hanno conosciuto il fenomeno dello spopolamento, e gli alpi, i senteri, i pascoli così faticosamente conquistati alla montagna, sono stati lasciati cadere nell'incuria e nell'abbandono. Posti come questo una volta erano ricchezza, oggi li si guarda con un misto di pietà e curiosità. Qui, a Q2200, qualcuno passava l'estate per curare il suo gregge, mungere, vita di tre F, come dicevano in valle Verzasca: Fame, Freddo, Fumo. Eppure, queste sono le nostre radici, radici di pietra ancorata alla montagna.

15:45 Ce l'ho fatta anch'io, sono al passo. Rita e Pietro ormai sono in stato di ibernazione avanzata, sarà un problema svegliarli.

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Da qui si vede bene il Piz Terri, che vorremo raggiungere domani.

2011.10.01-A-zonzo-per-la-Greina 2453
Sentiero T4, 1'000 metri di dislivello, percorso in cresta, probabilmente non sarà uno scherzo, ma sarebbe anche il nostro primo 3'000. Per intanto ci accontentiamo di una canalina con catene per scendere.

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Stavolta percorriamo la Greina in alto, una prospettiva diversa, ma anche affascinante.

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Passiamo diversi laghetti, e uno più consistente. Il sentiero è liscio, piccoli sali-scendi, ci porta velocemente verso il centro della piana.

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16:30 Discesi, attraversato il Reno (ti rendi conto, ho attraversato il Reno a piedi), e risaliti a Crap la Crusch.

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La luce sta diventando morbida, l'ora più bella per le fotografie. I chilometri nei piedi e nelle gambe non pesano, si potrebbe continuare ancora a lungo. Qui, al centro della Greina, si aprono tutte le strade del mondo, devi solo scegliere in quale direzione vuoi andare. Forse quella piccola croce è il perno attorno al quale ruota l'universo.

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E mentre camminiamo verso la capanna Michela / Motterascio, sguardo indietro per salutare la Greina, l'elastico invisibile che inizia ad allungarsi.

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Arriviamo al campo di esercitazione per gli omini in pietra. La materia prima non manca, probabilmente molti dei passanti si soffermano a fare un po' di esercizio, anche se non ho mai visto nessuno all'opera. Forse tutti gli omini di pietra del mondo partono di qui, di notte, per raggiungere le loro postazioni nevralgiche, per indicare la via, per rassicurare il viandante "sei sulla buona strada". Devo contarli, e verificare l'anno prossimo...

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E il sentiero che chiama... Scoperta tardiva per me, che ho iniziato solo a cinquant'anni a sgambettare, anche se da giovane ero già un gran camminatore da città. Scoperta di equilibrio di vita, di giornate qualche volta faticose, ma in cui ti senti in armonia con tutto e con te stesso, giornate in cui la parola tempo perde significato, c'è solo lo spazio che si dilata, e il percorso.

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17:15 E il trauma dell'arrivo: è già finita. Trauma temperato dal piacere di reincontrare amici, Ornella ed Emilio, e di godere della loro calda ospitalità.

2011.10.01-A-zonzo-per-la-Greina 2496
E il passaggio tra il paradiso e la vita di ogni giorno qui è marcato in modo inconfutabile: una scala che ti riporta con i piedi per terra.

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L'arrivo in capanna, e l'ora pIù bella della giornata, il calar del sole, quando tutto rallenta, e ti permette di riunire spirito, mente e corpo, riguardare alla giornata, e sentirti in pace con te stesso.

2011.10.01-A-zonzo-per-la-Greina 2499
Poi cena, buio presto, e alle 21:30 a nanna, domani ci si alza presto.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
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29 settembre 2011 4 29 /09 /settembre /2011 15:56



Percorso effettuato: Rossa (Q1069) - Alp de Calvaresc Sot (Q1828) - capanna Boffalora (Q2078) - Alp de Calvaresc Desora (Q2158) - lago Calvaresc (Q2214) - Alp de Calvaresc Desora - Alp de Calvaresc Sot - Rossa.

Difficoltà: T2 da Rossa alla capanna e dall'alp de Calvaresc Desora al lago, T3 dalla capanna all'alp de Calvaresc Desora e la discesa da Desora a Sot.

Dislivello: 1'360 metri.

Lunghezza del percorso: 15 chilometri.

Sforzo equivalente: circa 29 chilometri.

Durata (incluse le pause): 10 ore

Quando la Banca del Gottardo ha donato la serie "Laghetti alpini della Svizzera Italiana" al Canton Ticino, la serie non era completa, mancavano ancora diversi laghi. Nessuno si è più preoccupato di terminarla, così il lago Calvaresc, che dista poco dal Trescolmen visitato due settimane fa, non ha un suo opuscolo. Beh, non ci facciamo mica fermare per questo. Percorso impegnativo quello per raggiungerlo, con un bel po' di dislivello. Decidiamo di tentare l'omicidio, e invitiamo anche Silvia, che è praticamente ferma da diversi anni. Silvia, ignara di cosa la attenda, accetta a cuor leggero.

Il sentiero dovrebbe essere meno problematico di quello del Trescolmen, dato che la capanna Boffalora è abbastanza frequentata, ed è un punto di passaggio importante della Via Alta della Calanca.

08:50 Abbiamo risalito tutta la Calanca fino a Rossa, punto di partenza per la nostra escursione di oggi. Caffé sistemato, torniamo all'auto, calziamo gli scarponi, sacco in spalla, macchina fotografica a tracolla, e siamo pronti per partire.

2011.09.25-Lago-Calvaresc-e-capanna-Boffalora 2131
Attraversiamo l'abitato, salendo verso la chiesa, poi si poggia verso destra, ed iniziando a salire per portarsi sopra la grande parete verticale che fronteggia Augio. Il sentiero qui è tranquillo, poca pendenza, adatto a scaldare i muscoli. Segni lungo la via che Messere Autunno sta calando il suo manto impazzito di colori, come quello di Saruman alla fine del libro.

2011.09.25-Lago-Calvaresc-e-capanna-Boffalora 2141
Dopo una serata sulla fotografia organizzato dal CAS Bellinzona e Valli, ho modificato alcune impostazioni della mia reflex, e ho l'impressione che i colori siano più saturi adesso. Se qualcuno me lo potesse confermare...

09:15 Raggiungiamo una corte abbandonata, posta praticamente di fronte ad Augio. I resti dei muretti a secco e i rustici sono dei piccoli capolavori; probabilmente questo punto veniva utilizzato per preparare la transumanza primaverile, e raccogliere il bestiame da portare al pascolo sugli alpi.

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Da qui però il sentiero cambia pendenza. Gira verso sinistra, e si imbudella nella valle che porta agli alpi del Calvaresc. E anche qui, segni di incuria del sentiero. Vegetazione che si sta riprendendo il percorso, fondo smangiato dalle acque. Mentre saliamo ci raggiunge un cane da caccia, probabilmente ci ha scambiati per cacciatori, continua a correre avanti e indietro passando tra le nostre gambe, e rischiando di farci ruzzolare.

09:40 Messere Autunno è mio grande amico, lo attendo con impazienza, mi dona le escursioni più belle dell'anno. Così il mio occhio in questo periodo è sempre volto a capire quanto disti ancora, se ha già iniziato la sua opera. E si, il giallo ha iniziato ad apparire, i rossi ed i bruni sono riservati per la fine della tavolozza.

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09:55 Il sentiero ci ha portati verso l'alto quasi senza spostarci orizzontalmente. Come in tante valli, il percorso non passa in basso, vicino al fiume, ma in alto, dove le pareti sono meno scoscese. Tutte valli scavate dal fiume, queste, strette, a V, che lasciano poco spazio utile in basso.

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10:15 Nuovo cambio del sentiero. Passiamo da un bosco rado di latifoglie, ad uno di conifere. Ma il fondo è troppo sassoso per gustare veramente il cuscino di aghi che tanto adoro.

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Il bosco si mangia la pietra...

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10:30 Arriviamo ad un piccolissimo insediamento, composto da un unico rustico. Ottimo segno, siamo circa a metà salita per il primo alpe. Si era deciso di fare sosta per il cornetto integrale, nessuno trova niente da ridire.

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10:45 Lunga è la via, non ci si può fermare troppo a lungo. Dopo lo slargo, rientriamo nel bosco.

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E' già da un po' che i rumori della civiltà sono scomparsi. Abbiamo incrociato tre gruppi di persone che scendevano, presumo dalla Boffalora, tutti tedesco-parlanti (ma i ticinesi, dove sono?). Da qui il cammino viene allietato dal canto dell'acqua, che prima restava troppo in basso per essere udita. Un suono forte, di salti e scrosciare, ma non tanto da sovrastare i pochi uccellini canterini ancora attivi nel bosco.

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Salendo ogni tanto quasi si perde il sentiero. Percorsi alternativi, non marcati, ma da intuire cercando le marche molto più avanti. Fortunatamente il bosco non è così fitto da impedirci di vedere tutt'attorno. Saliamo in silenzio, la pendenza è abbastanza impegnativa, ogni tanto ci sono gradoni su roccia da conquistare.

11:40 Alp de Calvaresc Sot raggiunta. Di fronte ad una delle baite, un signore vestito da cacciatore, assieme a diverse pecore. Non capiamo se sia un pastore pronto a rimpolpare la dispensa con un po' di carne di selvatico, o un cacciatore li per caso, che non ha niente a che fare con le pecore. In ogni caso è molto poco interessato ai nostri discorsi, così tagliamo corto e lo lasciamo tranquillo.

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Prendendo il sentiero per la capanna posso vedere davanti a me parte dell'anfiteatro che forma l'alpe. A circa due terzi dell'altezza passeremo da destra a sinistra per andare al lago, mentre la discesa avverrà sulla destra della cascata.

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11:50 Il mio pancino è già tutto contento. E' da molto che non facciamo sosta a mezzogiorno in una capanna (non mi ricordo neanche più da quando), e l'idea di trovare una bella minestra calda mi allieta ulteriormente. Nel frattempo però c'è da soffrire ancora, ci sono circa 200 metri di dislivello fino alla capanna. Le signore, ad ogni modo, sembrano in gran forma.

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I larici sono ancora verdi... No, anche qui Autunno ha iniziato la sua opera.

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12:30 Raggiungiamo il pianoro sul quale si trovava la vecchia capanna, spazzata da una valanga a metà degli anni '80. Dei ruderi in sasso ci fanno pensare che forse si tratta delle sue fondamenta. E in alto, il versante che percorreremo questo pomeriggio per andare la lago. Roccia in tutte le sue forme, gradazioni e variazioni.

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Poi passaggio su di un ponte improvvisato.

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Non ostante la pendenza, il morale sale ad ogni passo. Splendido paesaggio, capanna prossima, gran parte del dislivello in salita fatto, minestra mia attendimi.

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12:45 Ed eccola!!!

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Rita e Silvia si sono già piazzate comode. Mentre ci guardiamo attorno, esce la capannara, signora gentilissima e disponibile, ci propone il menu del giorno. Ordiniamo tre minestre e il thé. Dritto di fronte a noi vediamo l'alpe superiore, che raggiungeremo percorrendo tutto l'anfiteatro in senso antiorario. Più o meno sembra alla nostra stessa altezza. E sopra l'alpe, dietro la collinetta, il lago.

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Ci sistemiamo all'interno. Struttura piccola, cucina e refettorio al pianterreno, scala tipo letto a castello che porta al sottotetto dove si trovano i posti per dormire (chiamarli letti sarebbe pretenzioso). Deliziosa, intima, confortevole e calda. Terminata la minestra decido di strafare, ci metto anche il dolce: sto diventando un epicureo.

13:45 Un'ora di pausa, mamma mia, mi sto rammollendo! Smuovo le signore, la digestione è partita, la fetta di torta era di troppo :-( Gambe molli. E sassi duri.

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Sentiero decisamente non agevole, diverse piccole ganne da passare, spesso in salita. Il sentiero non resta alla stessa quota, continua a salire e scendere. Al solito non ho guardato bene il profilo altimetrico... Bello però, con la corona di montagne sulla nostra destra, e il grande catino a sinistra che porta all'alpe Sot. Ogni tanto sguardo indietro, per rendersi conto di quanto ci siamo allontanati dalla capanna, e avanti, le cascine Desora si avvicinano sempre più.

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Messer Autunno qui è molto più presente...

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14:20 Il sentiero sembra spianare, forse abbiamo terminato il sali-scendi. e ho l'impressione che stiamo arrivando all'ultima curva che ci porterà all'alpe.

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Silvia ed io procediamo più o meno alla stessa velocità, Rita stambecca a velocità supersonica, dandoci continuamente centinaia di metri di distacco. Poi si ferma, e ci attende. E' a casa sua... Ultima curva superata, l'alpe è dritta davanti a noi.

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14:55 Arrivati all'alpe, ci orientiamo con i cartelli gialli. Su a destra per il lago.

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Sbagliamo leggermente percorso, per fortuna che Rita si accorge che mancano le marche. Sale lungo il versante, in effetti il sentiero è poco più in alto, ben visibile. La raggiungiamo, e affrontiamo l'ultimo centinaio di metri della giornata.

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15:25 Ed eccolo. Lungo il percorso per arrivarci. E' vero che avremmo potuto salire direttamente dall'alp Sot, ma vuoi mettere la minestra? Lago quieto, guardandolo da un piccolo poggio ha la forma di un cuore, mentre se sali a sinistra, alla bocchetta che porta verso l'alpe Largé ed il Trescolmen sembra più uno stivale.

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Due piccolissimi fratellini gli fanno da contorno.

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Mentre facciamo merenda arrivano due giovani, simpaticissimi, dalla bocchetta visibile sulla destra del lago. Diretti alla Boffalora, li informiamo che la cena prevede pizzoccheri. Non sembrano dispiaciuti. Ancora un po' di scatti prima di scendere...

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...e la macchina si spegne. Avevo controllato la batteria, marcava il pieno. E' vero che dopo il Trescolmente non l'avevo ricaricata, ma quando era nuova teneva due gite senza problemi. L'età avanza anche per la batteria. Ripongo la macchina nel sacco, a questo punto...

15:55 Iniziamo la discesa verso l'alp Desora, dove arriviamo in 10 minuti. Piccola sosta, poi alle 16:10 ci mettiamo in moto verso l'alp Sot. E abbiamo la sorpresina giornaliera. Sentiero impegnativo, discesa velocissima, pietra bagnata e scivolosa, via non più tenuta, uso delle mani, e fortunamente in basso ci sono le catene. Discesa spezzagambe, che già non le avevamo strappazzate abbastanza sulle ganne. Passaggi su scalini di roccia strettissimi, bisogna fare diverse conversioni (per fortuna non abbiamo gli sci ai piedi).

16:55 Alp de Calvaresc Sot. Il pastore / cacciatore non c'è più, le pecore si. Incontriamo una comitiva di italiani che ha fatto lo stesso percorso, ma con il giro al contrario, passando prima dal lago e poi dalla capanna. Noi ci fermiamo per un piccolo spuntino (la minestra e la torta sono state digerite abbondantemente), e per fare il pieno d'acqua.

17:05 Partenza per la discesa. Ho calcolato due ore per i circa 800 metri che ci attendono. Si cammina in silenzio, le gambe sono stancotte, la luce sta calando. Non sono più le lunghe giornate d'estate. Abbiamo anche avuto fortuna, non faceva troppo caldo. Giù per il bosco, poi lo slargo, pausa per una barretta di cereali, e giù ancora. Lunga lunga lunga, non vedo l'ora di arrivare alla corte di sotto, da dove la pendenza si calma.

19:00 Rossa. Il sole già tramontato, il tentativo di omicidio fallito, Silvia ha retto benissimo. Porto i sacchi all'auto, intanto le signore si sistemano per il caffé. Il proprietario ormai ci conosce, è la quarta volta che ci fermiamo da lui in due settimane. Ci guarda un po' stranito, probabilmente siamo gli ultimi a rientrare dalla giornata. Un bel "batti 5" meritato per tutti. Resta solo la domanda "quanto saremo ingambiti domani?".

Ecco il profilo altimetrico del tratto Rossa - Boffalora - alp Desora - lago Calvaresc.

Profilo1
E questo invece è la discesa Calvaresc - alp Desora e Sot - Rossa.

Profilo2
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23 settembre 2011 5 23 /09 /settembre /2011 10:38



Percorso effettuato: Valbella (Q1334) - Cascinot (Q1600) - Alp de Trescolmen (Q2020) - Lago di Trescolmen (Q2025) e ritorno per la stessa via.

Difficoltà: parte T2, parte T3.

Dislivello: 900 metri.

Lunghezza del percorso: 10 chilometri.

Sforzo equivalente: circa 19 chilometri.

Durata (incluse le pause): 7.5 ore

La serie "Laghetti alpini della Svizzera Italiana" è sempre li in sala, che ci ricorda l'impegno preso con noi stessi qualche anno fa. Li razioniamo, 4 o 5 all'anno, e stanno diventando sempre più impegnativi (quelli facili ormai li abbiamo fatti tutti). Quest'anno non stiamo avanzando, occorre prendere la situazione in mano. Rita si legge alcuni prospetti, si innamora di quello del Trescolmen, e il discorso è chiuso. Il prospetto parla di sentiero facile e senza problemi (è stato scritto negli '80, più o meno), così invitiamo anche Marco con Alice e Ivan. Memore dell'ottima tenuta ai laghi Miniera, si associa anche Silvia.

In realtà il sentiero, a partire da Cascinot, non è più un sentiero T2. L'incuria, la vegetazione che invade il percorso, i punti franati ed esposti, il sentiero spazzato via lungo il fiume e non più ripristinato, hanno trasformato (secondo me) il tratto da Cascinot a lago in un T3.

09:40 Pronti per partire, dopo la fermata caffé a Rossa. Salendo mi sono gustato i vari punti di passaggio dell'escursione da Castaneda a Rossa, fatta nella primavera 2010, spiegando a Marco i punti belli, quelli dove mi sono incasinato, la neve e la valanga. Foto di gruppo ché non si sa mai.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 1979
Ovviamente non si può non iniziare con un po' di discesa verso il fiume, col pensiero che la stessa si trasformerà in salita al ritorno.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 1984
Belliissime le acque della Calancasca.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 1985
Appena passato il ponte, una bella marca rossa e gialla. E qui nasce il primo sospetto che il sentiero non sia più in manutenzione da molto: lo standard (imposto dalla Confederazione) non prevede questo tipo di colore.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 1991
Il sentiero inizia a salire nel bosco, gradoni e pietra, facendoci alzare prima di imboccare la valle che porta al lago. Scorcio su Valbella.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 1993
I bimbi sono partiti come treni, corrono avanti e indietro, invece di amministrare le forze (pagheranno dazio più tardi). Poi un cancello, che dà accesso alla valle di salita.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 1994
Passiamo un mega-formicaio, e su nell'aria frescolina del mattino. L'autunno è alle porte, ha già mandato i suoi ambasciatori: scuro alle 20:00, canottiera alla mattina, prime foglie in caduta libera.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 1996
La meteo ha annunciato tempo variabile in giornata, con pioggie al pomeriggio. Ho fatto calcolo di essere al parcheggio verso le 16:00, in modo da non prendere l'acqua per strada. Guardando indietro vedo già le prime avvisaglie del brutto che si avvicina.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2007
10:50 Il sentiero ha già cambiato regime, è diventato più stretto, erbacce che invadono il percorso. Poi davanti a noi si spiana, alcuni massi danno l'impressione di fare da porta.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2011
11:00 In effetti siamo arrivati ad un piccolo pianoro, Cascinot, con rustico. I bimbi hanno bisogno di fare il pieno, e a noi grandi un mezzo cornetto non dispiace. Piccola sosta.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2014
Unico segno di vita, due montoni(?) che ci mostrano solo la parte posteriore, restando nascosti tra gli alberi. Sopra di noi un cartello, ma mi sembra che la direzione non sia corretta. Con Rita controlliamo la cartina dell'opuscolo, in effetti bisogna continuare dritti verso il fiume e costeggiarlo, prima di continuare la salita.

11:15 Ci rimettiamo in moto, restando sulla destra del rustico, e arriviamo al fiume. In alto a sinistra si vede la traccia di salita, ma lungo il fiume, niente, solo alcuni ometti in pietra. Scoprirò poi che il sentiero esisteva, ma una frana se lo è mangiato, e non è più stato ripristinato.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2021
Zigzagghiamo tra i sassi, il passaggio non è agevole. Dobbiamo attraversare il fiume diverse volte, aiutare Alice, slogatura sempre dietro l'angolo. Finalmente aggiriamo la frana, e troviamo il percorso di salita.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2026
Accanto a noi il fiume forma delle splendide cascate, a distanza molto regolare. Che sia passato un architetto-paesaggista?

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2027
Ma è meglio tenere l'occhio sul percorso. Pieno di sassi, invaso dai rododendri, sconnesso. Intanto i nuvoloni hanno deciso di accellerare il loro arrivo, e il cielo sta perdendo velocemente il suo azzurro.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2032
12:40 Passiamo il poggio in alto, e davanti a noi si apre la parte terminale della valle. In alto possiamo intuire la nostra destinazione: a sinistra l'alpe, e dietro la montagna a destra il lago.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2040
Nuovo passaggio del fiume, per salire sull'altra costa.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2041
Da qui il sentiero si fa ancora più stretto, e più invaso. In diversi punti diventa difficile capire dove si metterà il piede. Rita ed io iniziamo ad essere preoccupati per Ivan e Alice: non avevamo previsto un sentiero di questo tipo, si pensava a qualcosa di molto più tranquillo. Non dico un'autostrada come la Verzasca, ma così...

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2044
13:00 Marco ha deciso di fermarsi, i bimbi sono stanchi, hanno fame, ed il sentiero comincia ad essere pericoloso per Alice. Ci mettiamo d'accordo di ritrovarci al guado, e noi tre ripartiamo, con Rita che fa da apripista.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2048
Il sentiero ci fa riattraversare il fiume, per salire verso sinistra. Intanto il cielo si è incupito del tutto, e arriva quella bella arietta fredda che normalmente annuncia l'inizio della pioggia. Normale che in montagna il tempo sia variabile, ma la pioggia era annunciata per il tardo pomeriggio...

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2052
13:20 Ci siamo quasi. I ruderi dell'alpe Trescolmen davanti a noi, al laghetto manca poco.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2055
Bello il paesaggio, roccia forte, prati magri. In alto a sinistra mi sembra di intuire la bocchetta che porta al Pass di Passit. Continuiamo praticamente in piano, si intuisce la conca del laghetto davanti a noi.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2060
13:30 Ed eccolo. Sull sue rive una coppia, che ci aveva superati durante lo zig-zag tra i sassi al fiume. Per il resto, solo il mormorare delle acque che escono dal laghetto, e il vento che fischia.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2072
Mentre Rita e Silvia imbandiscono il desco, salgo su di una piccola frana per cercare di fotografare il lago per intero. Salita senza troppi problemi, via qualche foto, la discesa è un'altra storia... Raggiungo Rita, che mi dà una strigliata. Mentre mi pappo la banana, mi godo questo laghetto splendido. L'acqua cambia continuamente tra il blu scuro ed il verde, le montagne si rispecchiano. Tutto fermo, immobile, sembra che anche il tempo qui non fluisca. Finito il pranzo (molto spartano, invero), foto varie ricordo.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2075
14:00 Durante la sosta il cielo si è riaperto un attimo, ma ora, dalla zona di San Bernardino, vedo arrivare nuvolette varie, accompagnate da un bel venticello. Sarò uccello di malaugurio, ma il pensiero di percorre il tratto in discesa fino a Cascinot con il sentiero bagnato proprio non mi invoglia, così dò una voce a Rita e Silvia, per rimetterle in moto. E in fondo, la mezz'ora di pausa l'abbiamo fatta :-)

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2084
In un attimo siamo all'alpe...

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2091
...poi giù per il sentiero. Continuo a guardare il cielo, non mi piace neanche un po'.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2095
14:45 Arriviamo al punto di attraversamento, di Marco, Ivan e Alice nessuna traccia. Supponiamo che abbiano già iniziato la discesa, e che li ritroveremo più avanti.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2098
Così guadiamo, e riprendiamo verso il poggio, poi giù seguendo le cascate.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2100
15:30 Siamo nuovamente al fiume, stavolta senza i bimbi proviamo a seguire la via tracciata dagli ometti. Decisamente non agevole, chissà se ripristineranno il percorso.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2107
15:45 Arriviamo a Cascinot, e bella sopresa, troviamo il resto della combricola. Ma soprattutto, una thermos fumante di caffé, ed i bicchieri. Grande Marco! I bimbi ce la contano su, cosa hanno fatto, quante tonnellate di sassi hanno tirato nel fiume.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2110
16:00 Tutti in marcia.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2114
Da qui la situazione, anche in caso di pioggia, non mi preoccupa più così tanto. Al massimo arriveremo bagnati, ma il sentiero non è così impegnativo. Rientriamo nel bosco, Ivan e Alice hanno ritrovato la loro vérve, continuano a ciacolare.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2119
16:45 In vista di Valbella.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2124
17:00 E arriviamo al ponte. Adesso salita :-(

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2127
17:10 Con un'ora di ritardo, ma ce l'abbiamo fatta senza pioggia :-) Mentre arriviamo, ci raggiunge la coppia incontrata al lago. Decisamente un altro passo rispetto al nostro.

2011.09.11-Lago-Trescolmen 2129
Rientriamo a Rossa, nuova sosta in terrazza per il caffé ed il gelato, più che meritati. Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo

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Geolocalizzazione: Svizzera, Ticino, Sopraceneri, Sottoceneri, Leventina, Bedretto, Blenio, Riviera, Mesolcina, Calanca, Maggia, Verzasca, Onsernone, Muggio, Bellinzonese, Locarnese, Luganese, Mendrisiotto 

 

Interessi: trekking, escursioni, passeggiate, foto, natura, rifugi, capanne, flora, fauna, laghi

 

Percorsi: forestale, sentiero, transumanza, valico, passo, bocchetta, ganna