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9 settembre 2011 5 09 /09 /settembre /2011 16:00



Percorso effettuato: Cadagno di Fuori (Q1921) - capanna Cadagno "Franco Della Torre" (Q1987) - lago di Dentro del Cadagno (Q2298) - laghi Miniera (Q2542) - Stabbio di mezzo (Q2292) - Stabbio Nuovo (Q2254) - Passo dell'Uomo (Q2218) - Cadagno di Fuori.

Difficoltà del sentiero: T1 da Cadagno di Fuori alla capanna Cadagno, T2 / T3 fino al lago di Dentro del Cadagno, T3 / T4 ai laghi Miniera, T2 / T3 la discesa alo Stabbio di Mezzo, T2 il rientro.

Dislivello: 830 metri.

Lunghezza del percorso: 16 Km

Sforzo equivalente: 24 Km

Durata (incluse le pause): 9 ore

La zona del Piora l'abbiamo battuta praticamente tutta, ormai. Ci mancavano i laghetti Miniera, che avevamo tenuto in sospeso, dato che il DVD dei sentieri marca la salita dal lago di Dentro del Cadagno ai Miniera come T4 (percorso alpino), marcato bianco - blu - bianco. Il prospetto della serie "Laghetti alpini della Svizzera Italiana" relativo a questo giro ci aveva spinti, nel lontano 2008, a fare il giro di tutto il Piora / Cadlimo (il 21.09.2008), prima escursione rilevante della nostra carriera pedonale.

Dopo tre anni di preparazione, ci diciamo che è ora di provare... Invitiamo Silvia, Pietro e Marco, tutti camminatori patentati, e di buona mattina ci dirigiamo fino al Cadagno di Fuori. Non si può iniziare la giornata senza caffé, così ci infiliamo nel "Canvetto del Carletto", e risolviamo anche questa pendenza.

La zona del Piora, per chi ha appena un po' di predisposizione per la montagna, ha lo stesso effetto del verso dei gabbiani su Legolas: ti fa innamorare perdutamente. Percorsi per tutti, ma proprio tutti, ambiente splendido, panorami da sogno. Ci torniamo sempre con grande piacere, è stata la nostra prima amante.

08:50 Siamo riusciti ad uscire tutti e 5. C'è un venticello freddo che ci costringe a restare ben coperti, e per di più venerdi ha nevicato fino a "basse quote", almeno per la stagione. Il cielo è terso in modo incredibile, e possiamo vedere la catena che separa la Leventina dalla Vallemaggia.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1532
Saliamo la forestale che porta alla capanna Cadagno, passando dal centro studi del lago Cadagno, e dallo stallaggio delle mucche da latte. Davanti a noi, il pizzo Colombe / Campanitt, confine tra Leventina e Blenio.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1534
09:10 Passata la capanna, il sentiero biforca: a destra si sale verso l'alpe Carorescio, poi passo del Sole o Colombe, a sinistra, dopo pochi metri, biforca nuovamente. A destra verso il passo dell'Uomo (ci arriveremo questo pomeriggio), a sinistra salita per il lago di Dentro del Cadagno.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1540
Per fortuna ho potuto scaldare i muscoletti prima di iniziare la salita... Ciò non ostante, i miei compagni vanno via alla loro solita maniera. Silvia, che lamenta di essere fuori allenamento, sale alla camoscio e ha ancora fiato per parlare. Vabbé, vi becco io tra lo Stabbio di Mezzo e lo Stabbio Nuovo...

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Intanto, guardandomi attorno, vedo che sulle pendici delle altre montagne, poco sopra la nostra quota, c'è neve. Mica bene: già è un sentiero impegnativo, se poi è anche coperto dalla neve rischiamo di essere messi male.

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10:10 Riunione di famiglia attorno al lago di Dentro del Cadagno. Loro stanno già facendo la merendina delle 10:00, e praticamente sono pronti per lavare i piatti, quando arrivo anch'io.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1566
Pietro ed io, mentre sgranocchiamo la nostra barretta di cereali, esaminiamo la parete lungo la quale ci dovremo avventurare. Pietro è già salito un pezzo, ma anche lui non ha mai fatto il percorso completo. Il primo tratto è abbastanza evidente, sale da sinistra a destra, poi però non si capisce bene. Facciamo qualche ipotesi, e speriamo di trovare le marche.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1568
Guardando bene vediamo una fila indiana di persone che sta salendo lungo la parte evidente. Li avevamo visti prendere la "direttissima" che sale ai Miniera senza passare da questo lago, e sono già un bel po' più in alto di noi. Prima di ripartire mi sporgo un po' per fotografare Cadagno e Ritom.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1573
10:30 Sosta terminata, si riparte. E per la prima volta, senza guida, percorro un bianco-blu-bianco. Sperem ben...

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Salendo il lago di Dentro del Cadagno si mostra in tutta la sua bellezza, difficile da comprendere appieno quando si è al livello della riva.

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Ma c'è poco da far foto. In diversi punti il sentiero non è orizzontale, ma digradante e stretto. Percorro questi passaggi (corti per altro) lentissimamente, non per la pendenza, ma per la stupida paura di cadere, che il piede non tenga, che mi frani il terreno. Poi arriviamo al termine della parte "sentierata", e si comincia ad andare a naso.

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La pendenza è decisa, si sale molto velocemente. E iniziamo a trovare neve sul tracciato. Per certi versi ci aiuta: nasconde le marche dipinte a terra, ma vediamo le orme del gruppo passato prima di noi. Poi si comincia ad andare di arrampicata libera, mani a tutto spiano, facendo attenzione a non scivoalre sulla neve.

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La salita paga, ad ogni modo, anche in termini di panorama.

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Tra l'altro, salendo, il vento è cessato, e la temperatura è diventata gradevolissima. Strip-tease lungo il percorso, fintanto che restiamo in maniche di camicia.

11:20 Sopra di noi, Pietro sembra aver raggiunto un punto di cambio di pendenza...

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In effetti abbiamo raggiunto il più grande dei laghi Miniera. Incastonato ancora dalla parte del Mediterraneo per quanto riguarda lo spartiacque continentale (vedi più tardi), offre una vista splendida su buona parte della zona del Piora.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1600
Salita decisamente impegnativa, comunque. Anche tecnicamente. Ci ritroviamo a camminare nella neve (ci sono un buon 5 centimetri) a braccia nude, cielo di un azzurro perfetto, il laghetto scurissimo.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1598
Poi costeggiamo il lago sulla sinistra per salire l'ultima piccola cresta, che ci porta nella zona dell'Atlantico. Qui, si questo filo di montagna, si decide il destino dell'acqua. Se cade verso il Piora, finisce nel Ritom, Ticino, Po, Adriatico. Se cade di la (bastano pochi centimetri), finisce nel Reno di Medel, poi nel Reno, e giù fino a Rotterdam. Altro che il film "Sliding doors".

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1603
Appena passato lo spartiacque continentale, ci troviamo su di un piccolo pianoro, sul quale si trovano gli altri laghetti Miniera, più piccoli di quello che abbiamo passato. Neve, marche non se ne vedono, ma per fortuna ci sono le impronte del gruppo che ci ha preceduti.

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Siamo felici come bambini...

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Percorriamo il pianoro incociando i vari laghetti. La zona ha il nome "Miniera" dato che, a causa della presenza di ferro, verso la fine dell'800-inizio '900 c'erano state delle prospezioni per verificare la fattibilità di estrarlo. Per fortuna hanno deciso che il rendimento era troppo basso, o che i costi di trasporto erano troppo alti, e hanno abbandonato il progetto. Altrimenti questa zona paradisiaca sarebbe diventata un piccolo inferno, alla moda di Isengard...

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2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1619
12:05 Abbiamo perso le tracce del gruppo, e di marche non se ne vedono. Arriviamo al termine del pianoro, e adesso bisogna scendere...

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Bel problema, terreno erboso, coperto dalla neve, e pendenza decisa. Era meglio la salita... Scendiamo in ordine sparso, con la famosa tecnica del "se la va la va", scivolate qua e la, un po' di slittate, saggiare il terreno con il piede per vedere se tiene.

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E si va giù bene...

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Decisamente siamo fuori pista, da qualche parte lassopra avremmo dovuto curvare verso sinistra, non siamo sul sentiero. Ma orami è fatta. Unico vantaggio è che ci accorciamo un po' la strada, dato che arriveremo più vicini allo Stabbio Nuovo, che posso già intravvedere.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1640
12:55 Ce l'abbiamo fatta, siamo in val Cadlimo. Qui in basso (siamo circa a Q2200) non c'è neve. Ci piazziamo per il pic-nic con bella vista sullo Scopi, montagna che domina il passo del Lucomagno, e che credo non farò mai: tutta uno sfasciume fino in cima, e in più c'è un'installazione militare, per cui non ci si può muovere come si vuole.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1646
Sulla sua destra c'è la zona della Gana Negra, che porta all'alpe Bovarina, che porta al Retico, che porta alla Scaletta, che porta in Greina, che porta alla Terri, che porta a Vrin, che porta a Diesentis... Lasciatemi andare....

13:40 Pausa lunghissima, per i nostri standard: 45 minuti. Guadiamo il Reno di Medel senza neanche bagnarci i piedi (a Rotterdam non credo sia possibile), e raggiungiamo il sentiero della valle del Cadlimo.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1652
Mentre attendo che anche gli altri guadino, una coppia si avvicina e mi chiede informazioni per il percorso. Parlo tranquillo, questa zona la conosco come le mie tasche. Poi, dato che questo è il mio terreno. chiedo il permesso di lanciarmi. Ormai mi conoscono, non fanno opposizione. Metto in moto gli stantuffi, rapporti lunghi (ho solo quelli, mi mancano le ridotte da salita), e parto.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1657
Balletto camminando, salto di sasso, occhio attento e presente, tutto che si muove all'unissono, bilanciato. Pensieri che si dileguano dietro, non riescono a tenere il passo. In breve lascio indietro i miei compagni. Quello che mi fa specie, è che sento una eco di passi dietro di me...

14:00 Arrivo allo Stabbio Nuovo, mi fermo per verificare se dietro di me vedo qualcuno. Si, la coppia che mi aveva chiesto informazioni. Mi hanno seguito al mio passo. Faccio loro i complimenti, non è impresa da poco. Poi spiego la direzione da prendere per salire al passo dell'Uomo, e li lascio andare.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1665
Appena oltre lo sbarramento attraverso, e inizio a salire sulla destra. Dallo sbarramento non esce praticamente niente. Sotto c'è una condotta forzata, che passa la montagna in linea retta, e porta l'acqua appena oltre il passo, in modo che la stessa confluisca nel Ritom, invece di scendere nel lai da Song Maria (il lago del passo del Lucomagno).

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1668
14:25 Ho iniziato la salita verso il passo dell'Uomo senza attendere, tanto so che mi raggiungeranno. Il sentiero sale facendo l'ampia curva che ci porterà in val Termine. Davanti a me lo Scopi ben visibile.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1677
E probabilmente l'Adula...

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Uomo all'orizzonte: Pietro è in fase di avvicinamento.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1681
Nel frattempo è apparso il lago del passo del Lucomagno.

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14:50 Raggiungo un piccolo poggio, Pietro è a poche decine di metri, gli altri in ordine sparso. C'è una comitiva italiana, propongo loro di scattare una foto di gruppo con il loro apparecchio. Accettano, e mi ritrovo a farne quattro di foto. Chiedo in cambio di ricevere la stessa corteisa.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1690
Ah, non sono l'unico a cui scappano le dita sull'obiettivo :-) Già salendo abbiamo trovato il tracciato pieno di acqua, corrente e stagnante. Da qui diventa ancora peggio: deve essere la neve caduta due giorni fa che si scioglie. Silvia commenta giustamente che oggi la sorpresa è stata data dal canyoning / rafting. Tra uno splish ed uno splosh, arriviamo in vista del passo. Bene, le scorte d'acqua sono bassissime, e ho fatto conto di fare il pieno qui.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1693
15:20 L'ultimo tratto per arrivare al passo è praticamente pianeggiante. Il sentiero si congiunge qualche centinaio di metri prima con la forestale che sale dal lago lungo la val Termine, e conduce alle stalle del passo.

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Ispezione interna, acqua nisba. Fontana secca, niente rubinetti, abbeveratori vuoti. Brutta notizia. Trovo unicamente dei funghi che crescono sul letame, li lascio stare.

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Brutta faccenda con l'acqua. Fa caldo (non tanto come quando abbiamo fatto il Gagnone), e le scorte sono al limite. Vedremo di arrangiarci più avanti. Poco dopo il passo, riprendiamo il sentiero sulla destra, che inizia la discesa verso la zona del Cadagno.

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E' riapparso anche il pizzo Colombe, una delle mie montagne preferite, faro d'orientamento in questa zona e in Blenio. La neve, rispetto a stamane, è diminuita bene.

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16:00 Piccola sosta pubblicità. Banana, ultime goccie d'acqua, un po' di frutta secca, panorama.

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Appena ripartiti, leggermente in basso, una fontana / abbeveratoio. Rita ed io ci fiondiamo, e facciamo il pieno delle bottiglie, più due compresse per fare un mezzo litro di liquido isotonico. Ci voleva proprio.

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Da qui è ordinaria amministrazione. Il sentiero fa leggeri sali-scendi, costeggiando il fiume che alimenta il Ritom. In lontanaza vediamo già la capanna, prossima meta per una bella sosta merenda.

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Passando si possono vedere molto bene gli inserti di dolomia saccaroide, di cui la zona del Piora è piena.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1730
16:45 In capanna. Gambe sotto il tavolo, fetta di torta di pane, thé, caffé, succo di mele.

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17:20 Bisogna anche raggiungere il mezzo... Ci rialziamo ed effettuiamo il test: le gambe rispondono bene. Tranquillamente ci avviamo verso il Cadagno di fuori, incrociando mucche e persone. Alle 17:45 siamo pronti per togliere gli scarponi.

2011.08.28-Laghi-Miniera-e-Dentro-Cadagno 1754
Rita ed io siamo contentissimi di come abbiamo tenuto botta nella salita ai Miniera: non era né ovvio né evidente. Bene, siamo quasi pronti per l'Himalaya :-)

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione. Nella parte di destra manca il tratto dalla capanna al Cadagno di fuori, circa 1.5 Km e 60 metri di discesa.

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Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).

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5 settembre 2011 1 05 /09 /settembre /2011 09:41



Percorso effettuato: capanna Efra (Q2039) - passo del Gagnone (Q2217) - rifugio Tecc Stevan (Q1010) - Cassinone (Q911) - Monastei (Q895) - bacino val d'Ambra (Q603).

Difficoltà del sentiero: T2 dalla capanna Efra al passo del Gagnone, T3 dal passo del Gagnone a Q1400 circa, T2 da Q1400 circa al bacino della val d'Ambra.

Dislivello: 400 metri di salita, 1820 metri di discesa.

Lunghezza del percorso: 12 Km

Sforzo equivalente: 25 Km

Durata (incluse le pause): 8.5 ore

Notte relativamente tranquilla, anche se ho dimenticato i tappi per le orecchie. Poco russare, riesco a dormire bene. Al mattino sono l'ultimo ad alzarsi, i 4 della Via Alta della Verzasca (VAV) sono in piedi da un bel pezzo, e sono molto indecisi su cosa fare. Verso le 5:00 ha piovuto, temono di incontrare temporali durante la giornata. Il cielo è ancora parzialmente rannuvolato, ma Andreas li tranquilizza, le previsioni meteo per la giornata sono buone. Ciò non ostante, decidono di lasciar stare l'ultimo tratto, tutti e 4, e di rientrare a Frasco. Non sanno cosa si sono persi...

L'ultima coppia invece decide di conclure il tragitto dalla capanna a Gerra Verzasca passando dalla bocchetta dello Scalée. Si avviano una mezz'oretta prima di noi. Siamo gli ultimi, abbiamo l'incombenza di chiudere la capanna. Puliamo tutto quello che c'è da pulire, riordiniamo, e lasciamo tutto come si deve. Fuori il Basodino inizia a mostrarsi oltre il passo di Redorta.

2011.08.20-Efra-Gagnone-Personico 1367
E si vede ben il passo del Gagnone.

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08:35 E' ora di mettersi in marcia. Ultimo saluto a questa splendida capanna, un vero gioiellino delle montagne.

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Iniziamo la salita verso il passo, roba tranquilla, sentiero di roccia ma ben percorribile. Il sole non ci ha ancora raggiunti, e non sappiamo ancora quanto suderemo al pomeriggio.

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In basso ormai si vede Sonogno per intero, il lago d'Efra riceve i primi raggi del giorno.

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Sempre più vicini, percorriamo la parete che divide la valle d'Efra dalla valle del Gagnone...

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...e appena oltre la curva appare la cima d'Efra.

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09:30 Arrivati al passo. Sensazione di meraviglia, al confine tra due mondi. Dietro di noi, la Verzasca, davanti la Leventina. Se tu volessi andare da Frasco a Personico in auto, seguendo le strade normali, dovresti percorrere ben 65 Km. Con un po' di gambe, passando di qui, ci potresti andare in un giorno a piedi. Netta davanti a noi la divisione tra le due valli.

2011.08.20-Efra-Gagnone-Personico 1402
A sinistra Efra, a destra Gagnone / Ambra. Andreas ci informa che qui sul passo c'è un mini-laghetto, non catalogato. Deponiamo i sacchi (niente paura di furti), e ci avviamo seguendo il filo del passo verso l'altra estremità, dove ben nascosto in una piccola conca lo troviamo.

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Mentre torniamo al sentiero, passa un elicottero. Non è quello della Rega, mentalmente gli mando qualche maledizione. Scoprirò questo pomeriggio tardo che proprio non se le meritava, e anzi...

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10:00 Saluto al passo, la discesa sarà lunga, non si può dormire troppo. La temperatura intanto ha iniziato a salire, operazione spalmaggio crema. Già ieri ha fatto un caldo bestiale, oggi saremo fuori bosco per buona parte della giornata. Ciao Gagnone, è stato bello fare la tua conoscenza.

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Iniziamo la discesa (sarà lunga lunga) percorrendo dolcemente l'ampia conca superiore formata dal passo, con pendenza umana, portandoci verso i resti di un piccolo insediamento.

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Sotto di noi però appare evidente che la discesa non sarà tutta di questo tenore.

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Caldo, comincia a fare caldo. Ho caricato 2.5 litri d'acqua, spero mi bastino per arrivare in basso. Intanto, tra le guglie sotto la cima d'Efra, mi sembra di riconoscere l'Adula.

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La discesa, dopo le rovine, ha cambiato ritmo, e scende bella decisa. Lavoro di quadricipiti, il sole che picchia sulle teste, caldo caldo caldo non ostante siamo a circa Q1900. Piccola sosta all'ombra per rifornire il serbatoio, e proteggerci qualche minuto dal sole. In alto sentiamo scampanio di bestiame: un gregge di pecore che ha passato una bocchetta sulla destra del passo del Gagnone, e che sta percorrendo il filo di cresta.

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10:50 Le pecore, arrivate a sinistra, cominciano a scendere per un vecchio sentiero diretto, che le porterà più o meno dove ci siamo fermati. Vengono giù sparate, saranno più di un centinaio. Già, ma loro hanno le quattro trazioni, io solo due.

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11:25 Si scende, si scende, si scende. Orami la pendenza è bella decisa. Agoniamo un po' di ombra, non so quanti gradi ci siano, ma fa veramente caldo. Le scorte d'acqua stanno calando ad una velocità impressionante, non riesco a tenere il ritmo con il sudore. Passiamo una piccola prateria, unico punto pianeggiante di questo pezzo di percorso.

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Soddisfazione guardando indietro, e rendendosi conto di quanto siamo scesi. Si vede ancora la cima di Gagnone, ma ormai il passo è nascosto dalle terrazze che abbiamo passato.

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12:05 E ancora giù. Le gambe orami iniziano ad essere molli, per la fatica e per il caldo. L'acqua è terminata, ma bisogna tenere duro. Il mio cappellino, se strizzato, butterebbe fuori almeno un litro, e la camicia sicuramente di più. Ma si intravvede la fine di questo toboga micidiale. Decisamente è un passo che non farò nell'altra direzione, penso che arriverei in cima con le gambe distrutte.

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A parte la fine della discesa, quello che ci dà conforto è la presenza del bosco. In luglio la meteo è stata impietosa, e in agosto non molto meglio. Probabilmente l'estate ha deciso di tirare tutte le sue freccie in pochi giorni, questi, sottoponendoci ad una canicola fuori dall'ordinario.

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Andreas, che è molto più avezzo di noi a questo genere di fatiche, è scomparso là davanti da un bel pezzo. Rita rallenta per non perdermi per strada. Poi, finalmente, capiamo di essere praticamente in basso. Due belle cascate, che avevamo attraversato in alto, ricompaiono sul nostro fianco.

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12:30 Raggiungiamo il corso formato dall'unione delle due. Mai acqua fu tanto apprezzata come questa volta. Riempiamo le bottiglie, vuote da troppo tempo, e ci godiamo un attimo la frescura che si prova qui.

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Andreas è visibile un buon 200-300 metri davanti a noi, deve essersi fermato anche lui qui nei paraggi, sennò non lo vedremmo neanche. Per finire in bellezza la discesa (mancano poche decine di metri), passaggio esposto con sentiero strettissimo e niente a cui attaccarsi. Il mio povero stomaco comincia a sussultare in modo preoccupante. Avanzo lento come una tartaruga bernese con i freni tirati in salita in retromarcia, mini attacchi di iperventilazione ogni pochi secondi.

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Poche decine di metri, ma mi sono costate quasi come un'ora di discesa. Finalmente il sentiero spiana, ed è quasi ora di fare il pieno del pancino.

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Dietro di noi, una delle balze che porta al passo.

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12:55 Raggiungiamo Andreas, che si è sistemato all'ombra in prossimità di un edificio diroccato. Sollievo: ombra, poter togliere una mezz'oretta gli scarponi (i piedi a questo punto sono delle armi chimico-batteriologiche), e lasciar riprendere i poveri quadricipiti. La strada da qui è ancora lunga, kilometricamente parlando.

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Passa una coppia svizzero-tedesca che intende salire il passo per andare alla Efra. Non diciamo niente, auguriamo loro unicamente una buona salita!!!

13:30 Va decisamente meglio, anche se abbiamo quasi terminato l'acqua raccolta alla cascata. Ripartiamo per entrare finalmente nel bosco.

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Il bosco!!!!!

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E' ancora un sentiero duro, roccioso, non liscio, che richiede attenzione costante per camminare, ma è il bosco. E a fianco, a sinistra, la valle Gagnone inizia a mostrare il meglio di se. Il rivo d'acqua forma continuamente pozze e cascate, di colori bellissimi. Spesso nascoste dalla vegetazione, le si intravvedono tra le foglie.

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14:15 La Provvidenza è con noi. Arriviamo al casolare di un (probabilmente) cacciatore, chiediamo alla signora il permesso di fare il pieno alla loro fontana, permesso che riceviamo di buona grazia. Riempio tutte le bottoglie che ho, 2.5 litri, spero che basti.

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Orami si va via bene. Il bosco è bellissimo, vivo, il sentiero si sta ammorbidendo e le roccette stanno scomparendo. Andreas è da qualche parte, pensiamo davanti, dato che non lo abbiamo superato. Poi il sentiero si apre su di una radura, anche qui un rustico, e Andreas che sta chiaccherando con una coppia (svizzero-tedesca). Li conosce... Quest'uomo è da non credere, conosce tutto e tutti, è una guida favolosa.

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15:00 Abbiamo passato la deviazione per il rifugio Tecc Stevan, che resta sull'altra sponda del fiume, ponte che attraversa. L'idea ieri era di fermarsi e prepararsi il caffé qui. Ma a questo punto il caffé è l'ultima delle nostre preoccupazioni. Passiamo via e tiriamo dritto, il caffé lo berremo a Personico (magari con il gelato).

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In pochi minuti arriviamo al bivio (anzi, trivio) che segna la fine della valle Gagnone, e l'inizio della val d'Ambra. Da qui è storia conosciuta, l'abbiamo già percorsa due volte. Piccola discussione: prendiamo il lato sinistro o il lato destro? Il lato destro è più bello, pineta, ma più lungo, e resta in quota quasi fino in fondo, per scendere poi tutto d'un colpo, A sinistra è più corta, pendenza regolare, ma rischiamo di restare esposti al sole. Dopo breve consultazione decidiamo per la sinistra.

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Scendiamo al ponte, lo attraversiamo, poi su verso Monastei. C'è chi ha ancora la forza di fermarmi per raccogliere e mangiare lamponi :-)

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15:30 Ci siamo tirati avanti bene, ma nuovamente le scorte d'acqua sono al limite. Per fortuna accanto ad un rustico isolato troviamo una fontana funzionante. L'acqua non finisce solo nelle bottiglie, ma anche in faccia e sulle braccia. Se a Q1900 faceva caldo, qui è torrido.

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Accanto alla fontana, una ragnatela, ma questa volta è il ragno che ci ha rimesso le penne. Una vespa è riuscita ad infilzarlo, e credo se lo stia digerendo.

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Probabilmente Grégoire commenterà che vedo le vespe, ma non le vipere, alle quali sono sicuramente passato accanto.

15:50 La valle inizia ad addolcirsi, compare l'erba, e fortuna-fortuna, il sentiero è praticamente tutto all'ombra. Non abbiamo perso molto scegliendo questo lato.

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16:25 Sotto di noi compare il bacino. La lunga traversata è quasi conclusa. Ci sarà ancora la discesa fino a Personico da fare, dove Andreas ha piazzato l'auto ieri mattina prima di venire a Gordola (grazie, Andreas, grazie). Io avevo proposto di farcela a piedi fino a Biasca per prendere il treno, ma per fortuna non mi ha dato ascolto.

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16:40 Siamo al bacino, con vista sulla Leventina.

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Al parcheggio c'è un signore con gippone. Andreas si fionda, e gli chiede se gli dà un passaggio fino in paese, per poter risalire con la sua auto a prelevarci. Il signore in questione è un pastore (di pecore, voglio dire). che questa mattina è passato con l'elicottero (quello a cui avevo mandato le maledizioni mentali), aveva recuperato il suo gregge e lo aveva portato al passo del Gagnone e poi giù fino al pascolo. Quello stesso gregge che ho fotografato... Mi rimangio tutte le maledizioni, soprattutto quando acconsente alla richiesta di Andreas.

Mentre Andreas scende, Rita ed io ci mettiamo comodi, e ci scoliamo le ultime gocce d'acqua. Non ho fatto calcoli precisi, ma credo che nel corso della giornata siano andati circa 7 litri a testa.

Poco dopo arriva Andreas, ci carica, e delizia dell'aria condizionata in auto, il mio corpo smette di sudare. Rientiamo a casa, e offriamo ad Andreas (e a noi) una bella cena in terrazza, con compagnia di figli, caffé, dolce. Se l'è proprio meritato.

Traversata veramente impegnativa, soprattutto per le temperature, ma affascinante. In futuro, magari in settembre, quando il sole non picchia più così tanto...

Ecco il profilo altimetrico di questa seconda giornata.

Profilo
Post scriptum: le gambe ci hanno fatto male per tre giorni :-(

Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).

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5 aprile 2011 2 05 /04 /aprile /2011 20:30



Percorso effettuato: Lavorgo (Q635) - Nivo (Q633) - Chironico (Q782) - Grumo (Q813) - Orsino (Q785) - Catto (Q625) - Faidàl (Q912) - Personico (Q325) - Biasca (Q303).

Difficoltà: T1 e T2.

Dislivello: 840 metri salita, 1160 metri discesa.

Lunghezza del percorso: 20 chilometri.

Sforzo equivalente: 30 chilometri.

Durata (incluse le pause): 6.25 ore.

Riferimenti: "La Strada Bassa della Leventina, parte 1, 06.02.2011".

Le hai viste le macchie bianche sui fianchi delle montagne? La vegetazione ancora brulla, le foglie ancora da venire, e questi fiocchi che ammantano il paesaggio. Sono i ciliegi selvatici in fiore. Il compromesso tra l'inverno e la primavera, per ricordare la stagione passata, e lasciarle l'ultimo sprazzo prima dell'arrivo di quella nuova.

Mi è rimasta sul groppo la Strada Alta della Leventina, e la Strada Bassa della Leventina, terminate entrambe e Lavorgo. La prima per non aver voluto credere ai dislivelli indicati dal mio DVD dei sentieri, la seconda per il ghiaccio incontrato nella parte alta del percorso. Bisogna fare qualcosa, sennò Lavorgo diventa il mio capolinea. Rita è assente per un corso, di salire a piedi fino ad Anzonico per terminare la Strada Alta non ho voglia, così decido di completare quella Bassa, da Lavorgo fino a Biasca, ed eventualmente oltre.

08:25 Il postale mi scarica a Lavorgo, davanti alla stazione. Non ostante l'ora legale, è già chiaro: le giornate si sono allungate bene, permettendo ormai di pianificare degli itinerari più consistenti. Dietro di me, la zona di Osco sulle falde della montagna.

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Regolo gli scarponi, regolo il sacco, molto leggero oggi, e mi avvio verso Nivo, sull'altra sponda del fiume Ticino. Passando, l'edificio della centrale elettrica, che aveva segnato il punto di arrivo della prima parte della Strada Bassa.

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In 10 minuti arrivo a Nivo, e riesco a perdermi. Per fortuna un giovanotto mi indica il punto di partenza del sentiero per Chironico, altrimenti mi toccava farmela sulla strada asfaltata.

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Su fino alla chiesetta, poi poggiare a sinistra. Alla chiesetta ritrovo i cartelli gialli, tutto chiaro. parto lungo il sentiero, che una volta doveva essere ultrafrequentato, essendo la via più breve tra Chironico e la sua frazione Nivo. Oggi non c'è in giro nessuno. Ai bordi, fiorellini di ogni tipo e colore. In alto anche il verso di un uccello, che non sono riuscito a vedere, un rumore come di palette di legno che picchiano regolarmente contro la tramorgia. Suono non proprio allegro, chissà che effetto sentirlo di notte...

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09:00 Il sentiero mi si spiana su di un bel prato, con manzette al pascolo. Sono già a Chironico. Quattro chiacchere con il contadino, porta le mucche da latte sopra Pian Piumogna, verso Sgnoi (per salire alla capanna Campo Tencia). Sono tutto orgoglioso, io so dov'è Sgnoi.

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Oltre al sacco, anche il vestiario è leggero, hanno annunciato giornata torrida. Solo camicia e felpa leggera. Sarebbe quasi ora di toglierla, la felpa, ma non mi fido ancora, arrotolo solo le maniche. Continuo quasi in piano verso il centro del paese, dove ho messo in conto di farmi un caffé. Questa volta, per fortuna, il bar è aperto. La volta che eravamo saliti al laghetto di Chironico era ancora tutto chiuso, e ho rischiato la crisi d'astinenza da carenza di caffeina :-)

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09:20 Caffé bevuto, chiacchere con gli avventori (ne conoscevo uno personalmente), mi rimetto in marcia. La stradina porta verso l'alto, verso la chiesetta...

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...senza mancare uo sguardo alla strada principale.

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Giornata fantastica, la temperatura si sta già alzando... Due brevi tornanti, fatti in compagnia di coloro che stanno salendo per la funzione domenicale, e già Chironico è alle mie spalle.

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Passo il cimitero, posto accanto alla chiesetta, costruito nel punto più alto, come a voler facilitare alle anime l'ascesa al Cielo. Stradina asfaltata di campagna, non proprio una goduria per i piedi, ma ben pianeggiante. Innesto la mia falcata, le gambe sono messe bene, e comincio a volare nel silenzio: sono scomparsi i rumori del fondovalle, compresi quelli dell'autostrada. Solo cinguetti e zirlare di merli.

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09:30 Arrivo a Grumo: non è proprio un bel nome... Poche casette poste lungo la costa, doveva essere il ghetto di Chironico una volta.

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Il cartello giallo mi conforta, sono giusto. Continuo lungo la stradina, Guardandomi indietro, la zona sopra Faido.

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La strada fila via liscia sotto i miei piedi. Alla partenza ero un po' preoccupato. Me l'ero fatta a piedi da casa alla stazione, i muscoli avevano iniziato a scaldarsi bene, poi il fermo macchina di tre quarti d'ora per arrivare a Lavorgo, e scendendo dal postale mi sembravano già induriti. Per fortuna che era solo una sensazione. Brevi discese, salite, una cascatella, sempre in direzione di Orsino.

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Intanto mi sono accorto di non aver ancora modificato l'orario della macchina fotografica dopo il cambio dell'ora. Provvedo, sennò poi sbaglio tutti gli orari ed i tempi.

09:55 Orsino raggiunto. Anche qui poche case, tutte ben tenute, bella vista sull'altra sponda della montagna.

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10:05 Passato anche Sacco, comincio a preoccuparmi. Se ho letto giusto la cartina, dovrei finire nel bosco, non continuare su di una stradina asfaltata fino a Personico. Intanto mi rendo conto di aver passato le Gole della Biaschina: sotto di me Giornico.

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10:10 Finalmente!!! Arrivo ad uno spiazzo di giro, con diverse macchine per la lavorazione del legno, e la strada fiisce. Si entra nel bosco :-)

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Per felicitarmi si inizia subito con una bella scalinata. Dovrei odiarla, invece resto incantato nel vedere come il passo sia stato inserito in modo naturale e armonioso nel paesaggio esistente.

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Felice, sono felice. Alberi attorno a me, solo fruscii di lucertole che scappano al mio passaggio, e canto d'augelli. Le radici delle conifere sotto il piede, il profumo di resina. Se mai ci sono stati veramente gli Elfi sulla Terra di Mezzo, sono sicuro che ho passato almeno una vita come Elfo Silvano, un Moriquendi, insomma... Intanto il sentiero sale per farmi passare una cresta che sporge verso la valle, per iniziare poi la discesa. Sentiero non molto tenuto, franoso in diversi punti, stretto (ma non pericoloso). Sono contento di non averlo affrontato l'altra volta: sicuramente c'era ghiaccio, e sarebbe stato un vero suicidio.

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10:45 Il sentiero mi porta ad una curva con delle rovine, talmente diroccate che non si capisce se si trattase di un rustico, una stalla o un muro di separazione. Il pancino batte, il cornetto (brioche, per gli amici italiani) ingoiato alle 7:00 è già stato consumato abbondantemente. Penso che mi permetterò una pausa banana. Inoltre devo ricaricare la bottiglietta.

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Mentre mangio osservo diversi alberi infestati dal vischio. Fossi un druido, salirei con il falcetto d'oro...

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Il paesaggio merita il passaggio (scusa il bisticcio di parole) al grandangolo. Foto alle Gole della Biaschina..

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Tornato allo zoom mi rendo conto della presenza di un castagno secolare, ma ormai è troppo tardi.

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11:10 Fatti i dieci minuti di pausa, tolta la felpa (era decisamente ora) riparto, e in un attimo arrivo a Catto, dove si congiunge il sentiero che sale da Giornico. Un solo edificio, ma tenuto benissimo anche questo. Il cartello giallo mi indica la val Cramosino. Cavoli, mai sentita nominare, bisogna indagare. Questi cartelli gialli sono la mia rovina: ogni volta che ne incontro uno, mi indica un posto dove non sono ancora stato, e sorge la voglia di andarci, di esplorare. Come in quei giochi multilivello, dove da ogni punto puoi andare ad ogni altro, e non c'è un percorso predefinito da mantenere.

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Il cartello mi dà anche una brutta informazione: mi attendono ancora circa 300 metr di salita per arrivare a Faidàl... Tanto, li avevo già messi in conto. Subito dopo Catto incontro un ponticello, poi il sentiero sale e all'imprivviso biforca senza nessuna indicazione. C'è un cartello giallo più in basso, ma non è di aiuto. Breve sosta per riflettere e consultare la cartna: deduco che quello che sale entra in val Cramosino, mentre io devo continuare verso sinistra. Sperem ben.

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11:30 Direi che la direzione è giusta. Il sentiero sale, ma non troppo di colpo, con discese qua e là (sigh). Dietro di me, in uno scorcio di bosco, posso vedere nuovamente la Biaschina e Giornico.

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Decisamente ho già percorso un bel pezzo di strada... Nel bosco un ciliego, che, non ostante sia stato colpito da una betulla caduta, è riuscito ugualmente a fiorire.

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11:50 Il bosco si apre, il sentiero diventa erboso, segno molto probabile che mi sto avvicinando ad un nucleo abitato. In effetti poche centinaia di metri più avanti, quattro rustici.

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Delizia per gli occhi: anche questi, come quelli incontrati in precedenza, sono stati trasformati da stalle in abitazioni rispettando la cultura, la tradizione e l'architettura originale. Tutti i muri rifatti con sassi a secco, uso del legno, tetti in piode: amore per le cose dei nostri padri. E la sai una cosa? In questi posti non c'è il servizio di nettezza urbana, eppure non vedo mai una cartaccia, una lattina, un rifiuto sui prati, sul sentiero. La Civiltà, quella vera, è qui in alto, non giù nel fondovalle e nelle città. Un signore si sta prendendo cura della sua pompa dell'acqua, come si fa a non fermarsi a scambiare quattro chiacchere? Dopo aver ricevuto gli auguri di "buona escursione" (sempre graditi) mi rimetto in marcia costeggiando questo piccolo insediamento delizioso.

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12:10 Sentiero largo, si percorre bene. Arrivo a due casette, e subito dopo il sentiero biforca nuovamente, senza indicazioni. Quello a sinistra scende, quello a destra sale. Non mi piace salire, ma probabilmente è quello giusto, dato che Faidàl dovrebbe essere in su, e non in giù.

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12:20 Non mi sbagliavo, eccomi a Faidàl, termine della parte alta del sentiero. Da qui sarà tutta discesa fino a Personico.

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Anche qui una delizia per gli occhi, sasso e legno, camini che fumano, profumo di legna e polenta. Sinceramente, se qualcuno mi invitasse a pranzo, direi di si, anche se dopo dovrei pagare scotto con la digestione :-) Anche qui quattro chiacchere con un signore che si sta occupando del suo orto, poi prendo il sentiero di discesa.

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Intanto mi pregusto già il gelato ed il caffé che ho messo in preventivo a Personico. So già dove andare, al solito posto... Oddio, sarà solo la terza volta che ci vado, ma le altre due sono stati così cordiali che mi sono sentito a casa. E con le temperature che stanno alzandosi, l'idea del gelato mi fa proprio venire l'acquolina in bocca. Il sentiero scende abbastanza regolare, e non sembra ammazzare i quadricipiti. In ogni caso sono circa 700 metri di discesa, mica uno scherzo.

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12:40 Dopo la curva della montagna, sotto di me appaiono Personico e Bodio. Ma la mia attenzione viene colta da una serie di farfalle. In particolare un modello che avevo visto solo in val d'Ambra (poco distante da qui), molto belle. Con le ali marrone scuro, bordate di chiaro, frenetiche, non si lasciano fotografare. Si posano per pochissimi istanti, tenendo le ali chiuse, e ripartono immediatamente, percorrendo lunghe distanze. Questa è la foto migliore che sono riuscito a scattare (e ti lascio immaginare le altre).

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Se non altro vengo ricompensato dai boccioli di ciliegio.

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E da un bel bruco che ha deciso di attraversare la strada.

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13:05 Il sentiero termina ad uno spiazzo di parcheggio, da dove inizia una forestale cementata con pendenza peggiore del sentiero. Passetti corti, chissà come fanno a salire le auto... Vengo consolato dalla vista di Personico orami sotto di me...

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...e del posto dove mi fermerò per il gelato.

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Ci sono fuori gli ombrelloni: è aperto!!! Davanti invece, la piana di Biasca, vedo il ponte sul quale passerò per arrivare al borgo.

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Il caldo ormai comincia ad essere quasi insostenibile. La scorta d'acqua è vicina alla fine (avevo due litri con me), il cappellino è sul cranio da un bel pezzo. Folate d'aria calda mi assalgono dal basso: avrei preferito restare in alto.

13:30 Arrivo al ristoro, la gerente mi riconosce (formidabile, è da un anno che non mi fermavo qui), mi metto all'ombra e mi guuuuuuusto il cornetto gelato. E per sicurezza, anche un caffé. Sono proprio un vizioso.

13:50 Ora di rimettersi in marcia. Avevo pensato di percorrere un tratto della Riviera in direzione di Bellinzona, ma durante la sosta ho deciso di lasciare stare: il percorso è lungo il fiume Ticino, tutto sotto la stecca del sole, e decisamente rischia di essere un suplizio. Imbocco la "Via dei Grotti", con il vantaggio di essere sotto costa, e riparato per un po' grazie all'ombra.

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Questi sono grotti (in Italia chiamati anche crotti) originali: costruzioni in sasso, spesso utilizzanti una cavità naturale nella roccia, dove si portavano il formaggio ed i salumi a stagionare. Verso fine estate si veniva qui alla domenica pomeriggio, per dare un primo assaggio, e bere vino e gazzosa fatta in casa. Niente cucina, solo il piacere della compagnia, un salametto tagliato e qualche fetta di pane scuro sul tavolo in sasso. I cosidetti grotti di oggi non hanno più niente dell'originale.

14:00 La via dei grotti purtroppo termina, e mi ritrovo lungo il fiume Ticino all'aperto. Terreno ideale per le mie gambe, che oggi hanno retto benissimo, parto con la falcata da pianura, superando in successione due persone.

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Il Ticino qui è ancora un infante: il letto piccolo, poca acqua. Più avanti, dopo Biasca, raccoglierà il Brenno, ed inizierà a prendere consistenza. Ma non è il Ticino che esce a Sesto Calende.

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Tarello lungo la forestale a tutta velocità, lasciandomi indietro anche la chiesa di Pollegio.

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14:30 In pianura non ho concorrenti: arrivo al ponte che dà accesso a Biasca in due terzi del tempo indicato dal cartello giallo a Personico.

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14:40 Eccomi alla fermata del postale, che passerà tra pochi minuti. Camicia umida di sudore, non vedo l'ora di fare una bella doccia. Ultima foto alla chiesa ottagonale di Biasca (mi ricorda il battistero di Riva San Vitale), poi su sul mezzo giallo, per rientrare.

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Bel percorso, a parte il pezzo da Personico a Biasca, anche questo candidato per una visita autunnale. Ecco il profilo altimetrico dell'escursione. E spero di essere riuscito a rompere la maledizione di Lavorgo :-)

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7 febbraio 2011 1 07 /02 /febbraio /2011 17:05



Percorso effettuato: Airolo (Q1200) - Gole dello Stalvedro - Piotta (Q1006) - Ambri (Q985) - Fiesso (Q962) - Rodi (Q940) - Gole del Piottino - Mairengo (Q909) - Faido (Q755) - Lavorgo (Q674).

Difficoltà: T1 e T2.

Dislivello: salita 720 metri, discesa 1240.

Lunghezza del percorso: 26.5 chilometri.

Sforzo equivalente: 35 chilometri.

Durata (incluse le pause): 6 ore.

Riferimenti il "Dazio Grande" di Rodi.

Questo è il diario di una escursione svoltasi moooolto differentemente rispetto a quanto pianificato. La mia idea era di farmela tutta da Airolo a Biasca, continuando da Lavorgo verso Nivo, poi Chironico, da lì nel bosco a circa Q900 fin sopra Personico, discesa, e arrivo a Biasca. Una quarantina di chilometri, e se me la fossi sentita, avrei continuato fino a Bellinzona. Ma tutte le volte che organizzo una cavalcata come si deve, qualcosa va storto...

In settimana pianifico tutto a puntino, in modo da ridurre al minimo i disvlielli (sono quelli che mi fregano, non la lunghezza), memore della pescata fatta durante l'escursione sulla "Strada Alta" delle Leventina, quando non avevo voluto credere al mio DVD. Due o tre punti topici, dove tra le varianti ci sono alcune centinaia di metri di dislivello di differenza, come per scendere le Gole del Piottino. Inoltre cerco di minimizzare il precorso su asfalto, e massimizzare quello su sentiero.

Metto in conto anche la visita al Dazio Grande di Rodi, struttura che per secoli ha rappresentato un punto di sosta importante per chi percorreva la via del San Gottardo. Si pagava dazio, appunto, ma c'era anche l'osteria con alloggio, e la possibilità di cambiare il tiro di cavalli. I miei calcoli temporali dicono circa 8.5 ore fino a Biasca, più le soste. Nessun problema di velocità, Rita ha un corso, per cui vado in solitaria.

La meteo è prevista splendida: da alcuni giorni l'anticiclone delle Azzorre ha portato bello e caldo, con temperature che arrivano vicine ai 20°C. Anche per domenica le previsioni sono da giornata primaverile, per cui mi organizzo a cipolla stratificata: freddo alla partenza, caldo al pomeriggio. Bella scorta d'acqua nello zaino, frutta in abbondanza e cioccolata.

07:20 Airolo. La sveglia ha suonato alle 5:00 (ma ti rendi conto che neanche in settimana mi alzo così presto?), treno alle 6:06, alle 6:55 sono in stazione, ma è ancora buio, anche se Eos ha iniziato a mostrare la sua luce. Mi infilo nell'unico bar aperto, caffé, cornetto e giornale attendendo che il cielo schiarisca. Calcoli corretti, nel giro di un venti minuti albeggia. Fuori, e pronto alla partenza.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8677
Nel sottopassaggio della stazione ho visto il cartello che indica l'avvio della Strada Bassa, così lo ripasso, esco dall'altra parte, e, sorpresa sorpresa, mi ritrovo a pattinare sul ghiaccio... Ohi ohi, questa non l'avevo pensata. Con tutto il bello ed il caldo della settimana, ormai ero convinto di trovare sentieri puliti. Quanto mi sbagliavo... Procedo con passetti attenti e cauti, il ghiaccio è pronto per il campionato mondiale di pattinaggio artistico, si scivola che è un piacere. Dietro di me, il Lucendro inizia ad illuminarsi.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8683
07:40 Il sentiero mi ha riportato sulla strada principale, e posso camminare speditamente. Mi appresto a superare il primo salto, le Gole dello Stalvedro.

2011.02.06-Airolo-Lavorgo 8690
Appena passata la galleria, il sentiero diverge nuovamente, scendendo verso il fiume. Una bellissima colata di ghiaccio mi ricorda (se ce ne fosse bisogno a questo punto), che il Generale Inverno non ha ancora mollato la sua presa.

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Allegro e contento scendo al ponte, lo attraverso, e continuo senza problemi lungo la forestale, incontrando un mix di antico e moderno: rustico e container.

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07:55 La forestale inizia nuovamente ad essere coperta di ghiaccio, e sono dolori. Accanto a me il Ticino, che qui muove i primi passi ed emette i primi vagiti: guardandolo non crederesti che possa diventare il corso d'acqua che si butta nel Pò a Pavia. Gli è che il bacino imbrifero è estremamente ampio, e raccoglie le acque dal San Bernardino fino alla valle del Toce, alimentandolo in modo impressionante.

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Tutto molto bello, ma il fondo sul quale cammino...

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Uno slalom continuo cercando i punti meno scivolosi, che non ci sono. Camminare fuori tracciato è faticoso, la neve sembra portante, ma si sprofonda fino al polpaccio. Adagio adagio, passetto dopo passetto continuo. La mia media oraria calcolata è già andata a farsi benedire. E sono molto preoccupato per il tratto nel bosco tra Chironico e Personico, più o meno a questa quota.

08:05 Ho passato la stazione di servizio dell'autostrada, quella della corsia Sud-Nord, e mi ritrovo davanti ad un ponticello, scivoloso che la metà basta.

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E dall'altra parte, l'inferno. Sentiero tipo T2, bellissimo in estate, con un 5-6 metri di scarpata sulla sinistra, largo qualche decina di centimetri, E COMPLETAMENTE GHIACCIATO. Senza punti di appiglio. Il ghiaccio liscio come un vetro. Fatica immonda e boia per proseguire, test di tenuta, piede che parte per i fatti suoi senza preavviso, e la scarpata da parte... Non era così che me l'ero immaginata.

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08:30 Il T2 si è trasformato nuovamente in forestale, senza nessun beneficio per quanto riguarda il ghiaccio. Sulla mia destra vedo una scaletta che presumibilmente porta alla strada principale: meglio l'asfalto che questa tortura.

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Salgo, e mi ritrovo davanti la piana di Ambri-Piotta, che mi condurrà fino al Dazio Grande.

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Gà, però... 1) Ho impiegato più di un'ora per percorrere meno di 4 chilometri, e questo ci può stare, e 2) i quadricipiti mandano gli stessi segnali di avvertimento che avevo provato dopo aver sbagliato il percorso al portale Nord della galleria di Roveredo nell'escursione da Bellinzona a Mesocco, o in Calanca dopo il campo di neve. Dicono "siamo stanchi"!! Brutta faccenda, appena partito... I miei calcoli dicevano che li avrei sentiti così a Personico, non qui. Mi accorgo che il passo non è sciolto come dovrebbe essere, e questo è foriero di sgradevoli sensazioni.

08:40 Arrivo all'area di sosta dello Stalvedro, corsia Nord-Sud. Architettura particolare e ardita, merita un ricordo.

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08:55 Ambrì. Le Ferrovie Federali Svizzere (FFS) hanno avuto un colpo di coraggio: la stazione dipinta di azzurro :-)

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09:10 Sto per svincolare dall'asfalto e tornare su forestale. Sguardo indietro: Quasi due ore per un tratto per il quale avevo calcolato poco più di un'ora. Da piangere...

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Ad ogni modo adesso ho ripreso il mio ritmo, anche se le gambe non hanno recuperto dalla sforzo iniziale. Poverine, così magre e con poca muscolatura, sono già brave a fare quello che fanno. Da parte a me, i vagiti del Ticino hanno iniziato ad essere più consistenti, anche se è ancora poco più di un rigagnolo. Sulla mia sinistra sono sfilate la funicolare del Ritom, Altanca, chiesette varie. A sinistra l'attacco per la Garzonera ed il Ritom.

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09:35 Dopo una curva, davanti a me si spalanca la conca che chiude la piana, con il declivio che sale a Prato Leventina. E in fondo si intravvede il Piottino.

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09:55 Tarello per bene, passando prima Fiesso, poi Rodi, e arrivo al Dazio Grande. Bene, pausa caffé e visita. Noooooooo. E' chiuso. Chiuso chiuso. Rifletto, fino a Mairengo niente punti di sosta. Ascolto le gambe, che mi informano che se torno indietro loro non collaborano più. Vabbé, giornata nata storta, niente caffé sulla terrazza guardano le montagne, Altanca, ecc. ecc.

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Di una cosa sono contento però: ho recuperato sulla tabella di marcia. Avevo previsto di scendere lungo l'antica via romana. La guardo, neve e ghiaccio. Per oggi ne ho avuto abbastanza, di questa combinazione. Mi infilo nel budello del Piottino seguendo la cantonale.

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Discesa veloce e senza problemi. Dall'alto continuo a rimirare la strada romana, che effettua diversi tornanti. Da tenere buona per l'estate. Lungo la strada ancora segni di gelo...

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10:10 Bivio. Questo è uno dei punti topici che avevo controllato sul DVD. Da qui ci sono tre percorsi per arrivare a Faido, quello con meno dislivello prevede una salita di circa 200 metri verso Mairengo. Mi sono preparato un foglietto con gli appunti, anche se per precauzione ho portato la cartina. Dopo poche centinaia di metri la forestale entra nel bosco, e diventa sentiero a tutti gli effetti. Sotto un albero diverse piume di corvide. Li sento gracchiare in giro in effetti, ma non capisco se si sia trattato di un litigio, o qualcuno che ha sparato.

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10:20 Poco oltre, un punto di "bellavista": una piattaforma che si protende dal sentiero, con due cartelli. Sto camminando da tre ore senza sosta, decido che posso anche fare una fermata. Devo ricaricare la bottiglietta d'acqua, e mettere qualcosa in pancia. Mandarino, frutta secca, e due righe di cioccolata. Slurp.

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10:30 Pausa terminata, via lungo il sentiero. In effetti c'è un po' di saliscendi, ma è bello camminare sul tappeto di aghi, i piedi ringraziano. E per dimostrarmi che la primavera ha già iniziato ad alitare il suo spirito, una formichina intenta a trascinare qualcosa verso casetta.

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10:50 E adesso inizia la salita. Sto passando nella parte inferiore del bosco d'Öss. L'anno scorso, percorrendo la strada alta, in questo bosco avevo dovuto scendere di diverse centinaia di metri. Quest'anno mi tocca salire per passare un canalone con riale. Uffa, non potrebbero spianare?

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Passo zone dove il bosco è stato decimato in modo impietoso. Salita impegnativa, che infine mi porta a superare un ponticello. Subito dopo un bivio, con le indicazioni per Mairengo: sono sulla strada giusta.

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Nel frattempo ho dovuto togliere la felpa, causa caldo e riscaldamento da salita. Il sentiero si spiana e si allarga, facendomi capire di essere in prossimità di un abitato.

11:10 Raslina, piccolo nucleo in prossimità di Mairengo. Ulteriore fermata per togliere la canottiera (per fortuna nessuno mi vede, non è proprio un bello spettacolo), accanto alla casa di un (probabilmente) ex-ferroviere.

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Da qui praticamente in piano fino a Mairengo. Le gambe nel frattempo si sono inlegnite ancor di più. Orami ho messo una croce sull'idea di tirare fino a Bellinzona, e sarei già contento di arrivare a Personico.

11:20 Passo il grazioso abitato di Mairengo. Un'osteria aperta, sono in dubbio se fermarmi per la minestra che avevo pianificato... Ho fatto tappa appena un'ora fa, tiro almeno fino a Faido.

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Il sole inizia a cuocere, ci saranno almeno 16°C. Non trovo un cartello specifico per la discesa a Faido, così seguo nuovamente la strada asfaltata, passando da Tortengo. Qualcuno sa perché tutti questi "engo" nei nomi? Lurengo, Polmengo, Maireno, Tortengo, Mascengo... E in basso "nico": Giornico, Calonico, Anzonico, Chironico...

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11:50 Discesa senza storia verso Faido, passando dalla casa per anziani, stazione, poi lungo la via principale fino alla piazza. Edifici pregevoli lungo la via.

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Un termometro della farmacia che segna 26°C. Anche se sbagliasse di 4 gradi, ce ne sarebbero sempre 22°C. In effetti i liquidi stanno scendendo velocemente. Mi guardo in giro per la mia minestra, ma nessuna chance. Diversi ristoranti sono chiusi, i due aperti sono troppo stellati per il mio abbigliamento. Devi pensare che la Leventina, dall'apertura del passo e fino all'apertura della galleria stradale del San Gottardo, era una via di transito per tutti i mezzi motorizzati. In estate in particolare, era una teoria di auto, roulotte, camper, pullman, camion, che percorrevano la valle lungo la strada cantonale, passando all'interno di ogni abitato. Fiorivano allora i distributori di benzina, gli hotel ed i motel, i bar e ristoranti. Attraversare la strada principale in paese era un'avventura, potevi attendere delle mezz'ore prima di trovare un buco. Il dazio (e dai con sto dazio) era il rumore, l'inquinamento, ma si sa, "pecunia non olet". Poi, all'improvviso, nell'agosto del 1980 tutto il traffico passa dall'autostrada. La cantonale si svuota, e uno dopo l'altro i distributori, gli hotel ed i motel, e diversi ristoranti hanno chiuso per mancanza di clientela. Resta poco ormai, ma almeno attraversare la strada non è più un problema. Il puzzo, l'inquinamento ed il rumore ci sono ancora, anche se spostati di qualche centinaio di metri: la valle è stretta, e l'autostrada passa non troppo distante dagli abitati. E fra poco, nel 2017, aprirà la galleria di base del San Gottardo, da Pollegio ad Erstfeld. La vecchia ferrovia del San Gottardo diventerà un cimelio storico. A questo aggiungi che probabilmente nel 2020 chiuderanno il traforo stradale per tre anni per eseguire i lavori di manutenzione: la Leventina tornerà ad essere quello che era nel 1800: una regione straperiferica, senza sbocchi, e forse senza futuro. Scusa la lunga disertazione...

Decido che posso fare a meno della minestra, mi fermerò a mangiare qualcosa dal mio sacco da qualche parte. Dalla piazza scendo verso il fiume, passo la pista di pattinaggio, ed il centro dei pompieri con bella torre d'esercitazione.

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Le gambe ormai sono dure anche in piano. Continuo per qualche centinaio di metri, poi la mia amica di oggi torna a farmi visita.

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Zona fredda, quella dello stand di tiro.

12:45 Sono uscito dal cono d'ombra, e mi ritrovo su di una bella forestale piana e dritta. In condizioni normali a questo punto lascerei dietro di me la polvere, come Speedy Gonzalez. Questa volta, invece,arranco miseramente, le gambe dure dure. Orami ho deciso, mi fermo a Lavorgo.

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Il Ticino, accanto a me, inizia a mostrare i muscoli, ma sono piccoli come i miei :-)

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Mi fermo per una breve pausa, banana, frutta secca, liquido isotonico, ricarica bottiglietta. Poi via di nuovo, anche se ormai faccio veramente fatica. Magari sono anche fuori forma per la lunga pausa... Sté mattane dovrei programmarle in ottobre, quando ho nei muscoli l'allenamento dell'estate, e non trovo neve e ghiaccio in giro. Imparato. Sopra di me una delle due chiesette della Strada Alta visibili dal basso.

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13:10 Arrivo alla centrale elettrica di Lavorgo, ormai praticamente in piano. Le gambe supplicano il riposo, chiedo loro un piccolo sforzo per aggirare la centrale, e passare il ponte pedonale che porta a Lavorgo.

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Bella costruzione, ad ogni modo, questa centrale. Credo che sia in stile industriale 1800 (periodo in cui hanno aperto la linea ferroviaria del Gottardo). Personalmente la trovo pregevole. Scendo al bacino fotografando del vischio lassù in alto, su di un albero, poi passo il ponte e arrivo a Lavorgo. Magari ci sta la minestra...

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13:25 Per sicurezza decido di controllare l'orario del postale. Ce n'è uno tra cinque minuti, lascio stare la minestra per la terza volta. Mi girano un po' le scatole, non riesco ad andare oltre a Lavorgo. Anche l'anno scorso lungo la Strada Alta, alla fine mi sono ritrovato qui, anche se ero riuscito a percorrere più chilometri e dislivello. Spero che Lavorgo non diventi il mio capolinea per sempre... Puntuale arriva il postale, e rientro a casa.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
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11 ottobre 2010 1 11 /10 /ottobre /2010 09:47



Percorso effettuato: Airolo (Q1141) - passo del San Gottardo (Q2111) - Hospental (Q1452) - Andermatt (Q1436) - Göschenen (Q1102). Rientro ad Airolo con il treno.

Difficoltà: sentiero T2 fino ad Hospental, poi T1.

Dislivello: 1'300 metri.

Lunghezza del percorso: 25 chilometri.

Sforzo equivalente: 38 chilometri.

Durata (incluse le pause): 7.5 ore.

Riferimenti: il "Passo del San Gottardo" su Wikipedia.

Escursione in solitaria pianificata da molto tempo... Rita ha un impegno tutta la giornata, e da un bel pezzo mi sono messo in agenda questa passeggiata. Temo solo per la meteo, che sia già arrivata la neve in alto, o che piova. Invece da lassù mi assistono alla grande. Nebbioso nel tratto ticinese (che regalo splendido), bello dall'altra parte, e niente neve.

08:15 Dopo il caffé canonico, sono finalmente pronto per partire. Una nebbiolina avvolge tutto, visibilità qualche centinaio di metri. Splendido. Amo la nebbia, rende tutto magico, ti prepara ad incontri inaspettati, scopri le cose un poco alla volta, invece di vedere tutto subito.

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Ho preso con me le cartine, ma non penso ne avrò bisogno: mi sono guardato il percorso molte volte, è chiaro e semplice, non ci si può sbagliare. Prendo la strada che porta verso il centro di manutenzione della galleria stradale, poi inizio la salita lungo la strada asfaltata. Ad un certo punto vedo il cartello giallo, ben sopra di me, e nessun sentiero che vi arriva. Ahia, già sbagliato alla partenza... Fa niente. Decido di continuare lungo la carrozzabile, tanto so che il sentiero interseca la strada diverse volte salendo, prima o poi lo becco. Dall'altra parte della valle il caseificio di Airolo mi guarda...

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08:25 Airolo ormai resta in basso, e fra poco la nebbia me lo nasconderà del tutto.

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Un ultimo riflesso nell'acqua, prima di immergermi totalmente in questo mondo che mi ricorda Avalon.

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08:40 Curva, salita, e arrivo a Fondo di Bosco. Cartello giallo con l'indicazione del sentiero, non mi ero sbagliato.

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Pochi passi lungo il sentiero, passo una casa con quattro asini in giardino. Bisogna fare una deviazione per coccolarli, e deviazione sia. Si avvicina il primo, probabilmente l'individuo omega, quello che si manda sul campo minato per verificare la situazione. Quando gli altri vedono che la situazione si mette bene, ad uno ad uno arrivano tutti, ognuno mandando via quello che c'era prima. Razione per tutti, non c'è problema.

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08:45 Ormai sono nel paese delle fate. Rumori se ne sentono pochi, la nebbia ovatta i suoni. Il sentiero si apre davanti a me, poco alla volta, per richiudersi dietro: forse non è possibile tornare sui propri passi. I primi colori d'autunno rallegrano il percorso.

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Poi, l'incontro con la strada della Tremola, ancora in pavé per buona parte. Tutti sanno che esiste, pochi sanno come arrivarci. Strada che portava tutto il traffico fino agli inizi degli anni '70, chiusa in inverno (si caricavano le auto sui treni navetta per passare la galleria ferroviaria), e oggi percorsa da pochi amanti.

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Poco distante una deponia di sassi cubici, probabilmente il materiale utilizzato per la manutenzione.

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09:15 Il sentiero è salito bene, ma con pendenza accettabile. Spesso ho visto porticine nella roccia, parte probabilmente del sistema difensivo denominato "Ridotto nazionale". Adesso mi si presenta un manufatto in mezzo al sentiero, probabilmente non sono lontanto da Motto Bartola.

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Salita su di un piccolo poggio, curva a sinistra e discesa, e in effetti sono arrivato a questa installazione militare. Una volta qui aveva sede la scuola reclute della fanteria (il CAR, Centro Addestramento Reclute come si dice in Italia), oggi invece credo vi sia la scuola reclute dei sanitari.

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In alto, il ristorante Bellavista (oggi il nome non è meritato). Dovrebbe trovarsi a circà metà altezza tra dove mi trovo ed il passo: mamma mia, quanta salita ancora. Poco sopra si trova la fermata del bus dove abbiamo atteso il postale al termine della strada alta della valle Bedretto, ma oggi non passerò di li: mi attendono i tornanti della Tremola.

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09:30 Subito dopo Motto Barola il sentiero ricomincia la salita, tenendomi verso destra. Ondate di nebbia salgono e scendono, lasciandomi i vestiti umidi.

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09:40 Il sentiero mi tiene sulla sinistra orografica del corso d'acqua che scende dal passo, e si inerpica deciso, in un terreno molle e paltoso. Ogni tanto gli scarponi vengono risucchiati dal fango, fatica boia per tirarli fuori.

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Finita la salita, davanti a me si apre la valletta con la strada del Gottardo, quella che mi ricordo percorrevamo negli anni '60, quando si andava in Svizzera Interna a trovare qualche parente. Ricordi di mia sorella, che doveva prendere uno zuccherino con un qualche medicinale per combattere il mal d'auto. Strada che i camion, le roulotte ed i pullman percorrevano facendo due manovre ad ogni tornante, creando lunghe file di auto dietro di loro. E se due si incrociavano proprio un una curva, erano dolori.

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10:00 Salgo lungo la strada, troppo poco spazio per un sentiero, i dadi scivolosi per l'umidità, due brevi curve, poi si para davanti a me la maestà di questa strada, tenuta ancora oggi in modo impeccabile.

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Curva e controcurva, un balletto di cambi di direzione.

10:15 Mi sto alzando, il ritmo di cammino è buono dato che la pendenza non è troppa. Sono già passati due ciclisti, e alcuni motociclisti. Sotto di me un altro si avvicina.

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Ammiro la tecnica costruttiva dei terrapieni: pietre inserite a cuneo, come chiavi di volta, la gravità gioca a favore, rendendo stabile il sostegno. Ingegno dell'uomo.

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10:20 Il ciclista mi sorpassato, sono due ore che cammino, decido per una pausa. Banana, una riga di cioccolata nera (niente cornetto, ho dimenticato di acquistarlo). Come mi fermo la temperatura corporea scende velocemente. Per regolarla avevo tenuto le maniche della felpa fin sopra il gomito, adesso le srotolo fino ai polsi. Sento i capelli umidi (poco umidi, pochi capelli) per la nebbia che si condensa sulla mia testa. Fermata breve, anche le mani iniziano a raffreddarsi, altrimenti mi tocca tirare fuori berretta e guanti.

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Ogni tanto c'è un pezzo di sentiero staccato dalla strada, ma non sempre lo prendo. In certi punti sale con pendenza micidiale per me, preferisco allungare in chilometri e diminuire i gradi di salita.

10:40 La nebbia si dirada nuovamente, posso guardare in alto. I tornati sembrano non finire mai, dovevano avere la stessa impressione anche gli automobilisti.
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10:55 Piccolo spiano nella valletta. Il sentiero si stacca nuovamente verso sinistra, la strada continua a destra. Stavolta decido per il sentiero, mi sembra mi porti più velocemente.

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Risalgo il crinale, comincio a sentire un vento di cresta, tipico delle bocchette, dei passi e delle creste. Spero sia buon segno, l'aria è fredda, e se aggiungi l'umidità...

 

11:05 Il passo delle Termopili? Cosa ci sarà dietro?

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Scollino, svolto l'angolo verso sinistra, e si! gli edici della zona dell'ospizio del San Gottardo.

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11:15 Da qui si continua quasi in piano, per ricongiungersi con la strada. Poi vedo apparire l'edificio del museo del San Gottardo, e so di essere arrivato.

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Sulla piana diversi turisti arrivari in auto, mi guardano come fossi un alieno. Forse per gli scarponi sporchi di fango... E' un po' presto rispetto al mio orario normale per il pranzo, d'altra parte nella discesa fino ad Hospental non credo ci siano altri punti di sosta, così opto per un pranzo anticipato. Crema di boleti con una bella fetta di pane nero a pezzi "pocciati" nella crema, e caffé. Nel servisol poca gente, il personale non particolarmente cordiale. Lo stomaco è contentissimo della zuppa calda, ci voleva proprio. Il caffé va giù, ma non lo metterei nella categoria "i migliori che ho assaggiato".

11:45 Nuovamente in viaggio. Adesso inizia il toboga fino a Göschenen, praticamente tutta discesa e brevi tratti piani. Si continua sul pavé.

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In breve la zona dell'ospizio resta indietro, e terminano i rumori da "civiltà".

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Poco oltre marca bianco-rosso-bianco che mi porta via dalla strada, per finire sulla vecchia mulattiera del passo. Molto pittoresco, ma il durone sotto il piede destro inizia a chiedermi se sono scemo o cosa.

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Davanti a me, come promesso dalla meteo, le prime avvisaglie di bel tempo. Non so se essere contento o meno, la nebbia ha decisamente il suo fascino. Poi un lampo, ho dimenticato gli occhiali da sole!!! Sono leggermente fotofobico, rischio di tornare a casa con un bel mal di testa. Boh, al limite mi costruirò un paio di occhiali come fanno gli esquimesi: barretta di legno con due fessure orizzontali, laccio dietro la testa.

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Poi intravvedo la diga del Lucendro, ricordi della splendida escursione ai suoi laghetti...

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E poco sotto, l'entra del ristorante e albergo quattro stelle "La Claustra". Costruito ristrutturando un vecchio fortino della seconda guerra mondiale, non collegato al sistema del "ridotto nazionale", offre l'opportunità di assaggiare la vita dei militi confinati qui dentro, ma con molte comodità in più. Non lo si può visitare, si entra solo su riservazione. Ho avuto la fortuna di cenare qui poco più di una settimana fa, cortesia e gentilezza di un cliente, ed è un'esperienza interessante.

2010.10.10-San-Gottardo-1 7520
12:05 Decisamente l'aria si sta schiarendo, il Gottardo agisce come al solito da barriera. Già, ma quando succede così normalmente c'è vento, il favonio (o Phöne, come viene chiamato in tedesco), vento forte ed impetuoso, caldo e secco in basso, fastidioso e noioso. Sperem ben.

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Cammino deciso, passo leggero. Aguzzo le orecchie, per tentare di sentire le eco dei muli che passavano di qui, le imprecazioni dei mercanti, ma mi risponde solo la strada principale, troppe auto che passano troppo vicino. Intanto ho iniziato a costeggiare la Reuss, uno dei quattro fiumi che nascono da questo massiccio, assime al Reno (che sfocia a Rotterdam), il Ticino (che confluisce nel Pò a Pavia), e il Rodano, che dopo aver formato il lago Lemano (o di Ginevra) passa Lione, raccoglie la Sarine, e sfocia poi a Marsiglia. Un fiume per ognuno dei punti cardinali.

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12:25 Il sentiero passava dall'altra parte, e non me ne sono avveduto... Continuo lungo la strada, e poco prima di questo ponte il sentiero si ricongiunge con la strada. Poco male.

2010.10.10-San-Gottardo-1 7542
Appena passato il ponte, si apre un nuovo panorama, nuova discesa.

2010.10.10-San-Gottardo-1 7545
12:50 Discesa non agevole... Arrivo a questo fungo in cemento armato, credo sia uno dei pozzi di ventilazione della galleria stradale del San Gottardo. Annuso l'aria attorno, ma non riesco a sentire cattivi odori.

2010.10.10-San-Gottardo-1 7554
13:25 Ho percorso tutta la piana, e di nuovo sotto di me un ulteriore salto. Vedo alcuni edifici, ma di Hospental ancora nessuna traccia. Strano, non dovrei essere molto distante.

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Poi mi trovo di fronte un ponte, ma il sentiero passa sotto, su di una passerella. La imbocco, sguardo fisso avanti, no guardare giù.

2010.10.10-San-Gottardo-1 7579
Appena passato il ponte, curva a sinistra. Decido di guardare giù, e si, e proprio Hospental.

2010.10.10-San-Gottardo-1 7584
Cavoli, è rimasta nascosta fino all'ultimo. Scendo l'ultimo tratto, e decido di fare il test caffé. In che cosa consiste? Sedersi per almeno un quarto d'ora, rialzarsi, e sentire come reagiscono le gambe dopo la pausa.

13:55 Test effettuato, le gambe non hanno urlato. Prima di entrare nel bar avevo già indivudato i cartelli gialli, mi dirigo verso gli stessi, e trovo immediatamente l'indicazione per Andermatt - Göschenen. Diverse foto del paesino percorrendolo.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7596
Il sentiero mi porta sulla sinistra della Reuss, fuori dal tracciato del traffico. Bello in piano, il mio tipo di percorso. Intanto il vento, come pronosticato, ha iniziato a farsi sentire, già bello rafficato. Per fortuna che in generale soffia da dietro. Passo diverse fattorie.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7605
14:15 Ormai Andermatt è dietro l'angolo, cioé, dietro il ponte. Sopra il villaggio si vede la strada che sale al passo dell'Oberalp, e la linea ferroviaria.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7626
Altro passo da mettere in agenda... Pensaci, se vuoi andare ad Olivone da qui, puoi salire il passo, scendere a Disentis, salire il Lucomagno, scendere, e sei arrivato. In due giorni tranquilli tranquilli... I miei pensieri vengono interrotti dal bambino che c'è in me (si, un poco ne è rimasto): il treninoooooo...

2010.10.10-San-Gottardo-2 7638
Subito dopo il sentiero svolta per attraversare la piana a 90°, e il vento che fino a quel momento mi spingeva, passa al traverso. E che traverso, roba che in barca a vela daresti due mani alla randa e passeresti alla trinchetta. Mi spinge talmente forte che al primo momento sbando verso destra, poi poggio il timone e lasco la randa, e mi riprendo. Occhi socchiusi per non fare entrare la polvere (ahhh, gli occhiali), poi curva a destra, e si passa ad un gran lasco quasi poppa, ma niente farfalla qui.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7642
14:45 Andermatt raggiunta. Passo il buffet della stazione, decido di lasciar stare il test caffé, sennò non arrivo più. Svolto a sinistra per portarmi verso l'orrido della Reuss che scende, e ritrovo il sentiero.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7640
Mauro, che ha già percorso questo itinerario prima di me, mi ha detto che le gole sono molto belle. Attendo con impazienza la cigliegina sulla torta di una bella giornata.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7658
15:00 In un attimo arrivo al "Ponte del diavolo". Il nome è dovuto ad una leggenda, presente in alcune varianti lungo tutto l'arco alpino. Normalmente si tratta di un ponte costruito in un punto particolarmente impegnativo. La leggenda narra che il diavolo propone ad una persona del luogo di costruire il ponte in una notte, ma che come ricompensa vuole l'anima del primo essere vivente che lo attraverserà. La persona (spesso un commerciante) accetta, il diavolo costruisce il ponte in una notte. Il finale ha due varianti: nella prima è la figlia della persona che ha fatto il patto a passare il ponte, e il diavolo ne ruba l'anima, nella seconda invece è il cane della persona, e il diavolo resta scornato. Questa leggenda la trovi qui, ma anche in diverse zone del Nord Italia, e forse anche in Austria.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7679
Appena sopra il ponte passa la ferrovia. Sarebbe bello riuscire a fare una foto con il trenino sopra... Attendo una decina di minuti, ma di trenini non ne passano. Niente, mi rimetto in marcia. Le gole sono molto profonde, bella acqua smeraldo sul fondo, roccia quasi bianca.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7682
15:10 Il sentiero confluisce con la strada del passo. Una colonna continua di veicoli in entrambe le direzioni, probabilmente ci sarà coda ad entrambi i portali, oppure la galleria è chiusa. Fatto sta che trovo il punto più pericoloso di tutto il tragitto: devo attraversare la strada a due riprese. Ci sono le striscie pedonali in entrambi i punti, ma vicine alle curve, le auto arrivano veloci, qui rischio la pelle. Due sprint veloci alla Mario Brother mi portano oltre, e guardando verso il basso noto che il sentiero corre sul tetto dei ripari valangari della strada. Meglio sopra, che addosso.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7687
15:25 Il sentiero è bello agevole, praticamente una forestale. Scendo le gole scattando diverse foto (le puoi vedere nel secondo album), e raggiunta la curva verso destra appare già Göschenen sotto di me.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7702
E' già da un po' che tengo d'occhio una nuvoletta, che si dissolve e si riforma sempre nello stesso punto. Forse c'è una termica che sale proprio li, oppure è affezzionata a quel punto della montagna.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7705
15:30 Ulteriore ponte in pietra. Questo, costruito anche lui con il sistema dell'arco romano con chiave di volta, presenta la tipica gobba dei ponti in cui l'attacco è basso rispetto al punto centrale, come ad esempio quello a doppia gobba di Lavertezzo.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7712
13:40 Ritrovo la rosa canina, l'ultima l'avevo vista poco dopo la partenza da Airolo.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7723
E ultimi scorci sulle gole.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7726
La nuvoletta nel frattempo è in fase dissoluzione.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7727
15:45 Göschenen. Sono arrivato più velocemente di quanto avessi preventivato, sto quasi pensando di continuare fino a Wassen. Già, e se poi non ci sono treni che si fermano? Per oggi può bastare, non pretendere troppo.

2010.10.10-San-Gottardo-2 7733
13:50 Sono alla stazione, ed il treno per Airolo mi parte sotto il naso. Il prossimo fra un'ora. Faccio un altro test caffé, Wassen ci sarebbe potuta stare. Poi mi tiro nella sala d'aspetto per ripararmi dal vento, che a causa della ristrettezza della valle in questo punto soffia in modo micidiale.

17:05 Airolo. Tolgo gli scarponi, non ho neanche avuto bisogno del paio di calze più grosse che avevo portato con me. Poi rientro a Bellinzona, e si, ci sono tre chilometri di coda al portale sud della galleria.

Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
Clicka qui se vuoi vedere il primo album di foto, da Airolo fino a Hospental.

Clicka qui se vuoi vedere il secondo album di foto, da Hospental fino a Göschenen.

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6 settembre 2010 1 06 /09 /settembre /2010 17:43



Percorso effettuato: passo del San Gottardo (Q2050) - diga del lago Lucendro (Q2078) - lago della Valletta (Q2468) - lago d'Orsirora (Q2444) - lago d'Orsino (Q2286) - cassina di Giacobbe (Q2157) - passo del San Gottardo.

Difficoltà: sentiero T2.

Dislivello: 650 metri.

Lunghezza del percorso: 12 chilometri.

Sforzo equivalente: circa 19 chilometri.

Durata (incluse le pause): 5.50 ore.

Riferimenti: serie dei "Laghetti alpini della Svizzera Italiana", "Il ridotto nazionale" su Wikipedia, il passo del San Gottardo su Wikipedia, la locomotiva "Coccodrillo" su Wikipedia.

Da diverso tempo avevamo promesso a Marco ed Ivan, rispettivamente a Massimo, Helen, Elia e Alessia di portartli con noi per una escursione. Marco ed Ivan già sottoposti a test, sappiamo quanto tengono. Incognita per Massimo e famiglia. Così cerchiamo una escursione bella e non troppo impegnativa, e la scelta cade sui laghetti del Lucendro, con partenza dal passo del San Gottardo. Quasi all'ultimo momento si unisce anche Laura.

Questo passo viene chiamato "La via delle genti", ma la cosa è relativamente recente. Nel Medioevo si preferivano il San Bernardino, il Lucomagno (utilizzato ad esempio da Federico II, detto il Barbarossa, per andare a Legnano a combattere la Lega Lombarda), e il Gran San Bernardo. Il passo del San Gottardo, soprattutto nela parte urana, è impervio e coperto da neve per buona parte dell'anno. La fama attuale gli viene dopo la metà del 1800, quando i primi servizi postali regolari durante la bella stagione permettevano di mettere in contatto la Svizzera Interna con il sud delle alpi in tempi minori (ma pur sempre giorni, non ore). La costruzione del traforo ferroviario alla fine del 1800 segnò il successo di questa via: era possibile andare da Bellinzona a Berna in meno di una giornata. L'apertura della galleria stradale nel 1980 ha poi fatto il resto...

Il massiccio alpino è stato teatro anche della strategia militare svizzera durante la II guerra mondiale. Il generale Guisan, temendo una invasione sui due fronti (dalla Germania e dall'italia) aveva preparato un piano di ritirata delle truppe svizzere che prevedeva di cedere il territorio dell'Altopiano, e concentrare tutto all'interno di caverne prevalentemente nel massiccio del Gottardo. Furono costruiti chilometri di gallerie, feritoie, stanze, centri di comando, e in effetti buona parte dell'esercito venne dislocato all'interno di questo sistema difensivo, denominato "il ridotto nazionale". In pratica la popolazione, l'economia e le risorse industriali sarebbero state lasciate alla mercé dell'invasore, mentre i "veri svizzeri" (il governo, l'amministrazione federale ed i soldati) sarebbero stati al riparo. Oggi il ridotto non viene più utilizzato, e può essere visitato. Girando nella zona del Gottardo ti potrà capitare di vedere feritoie, porte e sistemi difensivi nella roccia viva: sono i resti di questa opera imponente, degna dei nani di Tolkien.

09:30 Dato che l'escursione non è lunga, facciamo i pigroni, e ci diamo appuntamento all'ospizio del passo, ristrutturato recentemente, per la seconda colazione. Arriviamo tutti in orario (cosa non scontata), e ci imboschiamo immediatamente.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6695
Uscito, mi studio il bel cartello giallo, e come al solito i piedi iniziano a trampignare: capanna Piansecco, Andermatt, Realp (ai piedi del passo della Furka) e tante altre località da raggiungere.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6697
10:10 Tutti pronti alla partenza, ci siamo spostati un po' più vicino. Foto di gruppo, anche se oggi non credo che correremo il rischio di perderci.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6709
Massimo si è caricato Alessia nel portabimbi, sono almeno 12 chili in più, mica uno scherzo... Davanti a noi vediamo lo sbarramento del lago del Lucendro: dobbiamo salire a destra per imboccare il sentiero che lo costeggia.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6713
Il primo tratto lo percorriamo su comodo sterrato, alzandoci progressivamente e dolcemente, permettendo così di riscaldare i muscoletti. Massimo, non ostante il peso che porta, è alla testa del gruppo, e vi rimarrà per tutta l'escursione: fisico degno di nota. Intanto la piana del passo si è abassata.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6717
10:40 Abbiamo superato il bivio che porta direttamente al lago d'Orsino, torneremo da quella via questo pomeriggio. Sotto di noi le acque del Lucendro.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6724
Anche qui il sentiero è agevole, largo, e non presenta difficoltà di sorta. Davanti a noi l'alpe Lucendro (da cui non passeremo), e sulla sinistra l'accesso alla valletta che porta al passo omonimo, posto sotto il pizzo Lucendro.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6727
Per la gioia dei bimbi, tunnel.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6729
Flora e fauna poca, ormai la stagione è molto avanzata. Però un piccolo colpo di fortuna mi capita... due al prezzo di uno :-)

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6735
11:00 Bivio. Dritti si arriva all'alpe, a destra inizia la salita.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6738
Ben visibile dinnanzi a noi, il pizzo Lucendro.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6746
E dietro il lago Lucendro.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6743
Fin qui sono arrivato bene, nel senso che non sono l'ultimo. Per cortesia lascio passare le signore che erano dietro di me, le quali non ricambiano il favore e partono, come se non esistessi.

11:35 Sembra che la parte più dura della salita sia passata. Guardando avanti mi sembra che il sentiero si spiani un po', e sono riuscito a non perdere completamente il contatto con il gruppo di testa. Ammiro Massimo, che sale come una vecchia locomotiva "Coccodrillo" del Gottardo, con il peso che ha sulle spalle (locomotiva mitica, guardati il link che ho messo nei riferimenti).

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6750
Dietro di me, intrigante, il percorso che porta al passo del Lucendro: lo controllo con il teleobiettivo, non dovrebbe essere troppo impegnativo. Discuto con Rita alla prima sosta, siamo d'accordo di metterlo nel carnet futuro.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6754
11:55 In effetti sembra che siamo arrivati ad un punto di culmine, il sentiero davanti a noi sale molto più lentamente. In basso una piccolissima piana, piena di eriofori (quelli che normalmente chiamo "cotton-fiocs"), indicanti la presenza di acqua.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6760
Il paesaggio è splendido: roccia verde (probabilmente lichene) e verde dell'erba.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6768
In questa zona abbiamo una serie di piccoli sali-scendi. Niente rumori, neanche il traffico del passo con i motârds che smanettano. Sembra di essere tornati indietro di decenni. Marco ed io camminiamo quasi appaiati, ed entrambi esprimiamo il sentimento che proviamo: su di un sentiero così, si potrebbe continuare a camminare per giorni.

12:15 Un'ultima salitella ci porta a superare una cresta, e sotto di noi si apre il primo dei laghetti di oggi: il Valletta.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6777
Scendiamo fino alle sue rive, e decidiamo di fermarmi per il pranzo: i bimbi hanno ritmi alimentari molto diversi da noi adulti, non è possibile farli marciare per molte ore senza fare il pieno. Ci mettiamo in ordine sparso, cercando di ripararci dal vento, non forte, ma pur sempre fastidioso. Mentre mangiamo passano alcune persone, tutte dal senso inverso.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6785
13:00 Siamo riusciti a chiudere il buco nello stomaco ai bimbi, ora di ripartire. Il sentiero risale sulla costa opposta, e ci porta lungo una piccola cresta verso i prossimi laghetti. Saluto al Valletta.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6793
Appena oltre la cresta, piccolo fratellino.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6794
Giriamo attorno al costone, ed eccone un altro.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6797
Ho l'impressione di essere nel carrello della "casa delle streghe" al luna-park, dove ogni pochi metri una luce, un rumore, un pupazzo hanno lo scopo di meravigliarti. Seguiamo questo binario tracciato con cura (il sentiero è marcato in modo eccellente), e dietro ogni angolo, un nuovo laghetto, tutti diversi, tutti belli.

13:20 Breve salita, e nuovo incanto.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6802
13:30 Su di nuovo, e in pochi minuti eccone un altro. Ormai ho perso il conto: sono quelli d'Orsirora, o ancora quelli del gruppo della Valletta? Sai una cosa? Non me ne frega niente, me li gusto uno per uno.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6811
Acque splendide...

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6817
13:40 Penso siamo arrivati al culmine del percorso, da qui inizia la discesa. Il primo tratto scende bene, Helen controlla Elia con perizia. Mi piazzo dietro di loro per dare una mano, caso mai ce ne fosse bisogno, ma sembra proprio che non sia necessario.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6838
Ed ecco il motivo per cui ho scelto di fare il giro in senso orario: questa roba qui, a farla in salita, a me mi fa morire.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6839
Appena terminata la parte dura della discesa, davanti a noi si splanca un ulteriore laghetto, credo il primo della serie d'Orsino, bello anche lui.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6840
13:55 Lo costeggiamo, usciamo da un piccolo promontorio, e vai che ce n'è un altro. Bellissimo, sembra di aver percorso il filo di una collana, con le perle infilate quasi a distanza regolare. Non tutte uguali, né per colore né per dimensione, ma tutte belle e naturali.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6843
Un dolce traverso lungo la parete di fondo ci porta a circumnavigare questo laghetto, fino che arriviamo sopra l'altra sponda, dove inizia la discesa.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6846
14:30 Siamo al punto di sfogo del laghetto: guardando indietro non si immagina che bellezza vi sia lassù in alto.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6853
Appena oltre ci si apre nuovamente la valle del passo del Gottardo. Il nostro sentiero gira a destra, per scendere deciso nel primo tratto fino ad una piccola chiusa.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6854
14:55 Siamo alla chiusa. Il corso che scende dal laghetto qui ha creato una bellissima cascata naturale, che sembra quasi artificiale.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6865
Scolliniamo, ed il sentiero corre lungo il fianco della montagna, quasi orizzontale.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6868
15:30 Nell'ultimo tratto il sentiero sale leggermente per portarsi all'altezza della carrozzabile del Lucendro. Da li iniziamo l'ultimo tratto di discesa, che ci riporta ai piedi della diga.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6875
E proprio davanti a noi, una probabile entrata del sistema fortificato del ridotto nazionale.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6876
Nel frattempo Massimo è arrivato al parcheggio, ha recuperto l'auto, ed è risalito fino qui per caricare anche Helene ed Elia. Ci diamo appuntamento ad Airolo, per un caffé e fetta di torta. Noi proseguiamo lungo la forestale, fino al parcheggio.

2010.09.05-Laghetti-del-Lucendro 6877
15:50 Arrivo per primo, poi alla spicciolata giungono Ivan, Marco, Rita e Laura. Tutti in auto, e via allegramente verso Airolo, dove ci attende una piacevole merenda.

Giro veramente stupendo, per niente faticoso. Senza i bambini si può fare tranquillamente in un quattro orette, roba da metterlo dentro per un pomeriggio in cui vogliamo fare i pigroni alla mattina.

Ecco il profilo altimetrico dal parcheggio fino al bivio del giro (due volte: andata e ritorno).

Profilo1
E il profilo altimetrico del giro vero e proprio.

Profilo2
Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).

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6 agosto 2010 5 06 /08 /agosto /2010 09:35



Percorso effettuato: diga del lago Ritom (Q1839) - Cadagno di Fuori (Q1917) - giro del lago Cadagno - capanna Cadagno Franco Della Torre (Q1982) - lago di Dentro del Cadagno (Q2311) - capanna Cadagno - Cadagno di Fuori - Larici di Campo (Q1878) - diga del lago Ritom.

Difficoltà: forestale T1 e sentiero T2.

Dislivello: 600 metri.

Lunghezza del percorso: 15 chilometri.

Sforzo equivalente: 21 chilometri.

Durata (incluse le pause): 7.25 ore.

Riferimenti: la zona del Piora / Ritom, la capanna Cadagno Franco della Torre, la serie "Laghetti alpini della Svizzera Italiana", il lago Cadagno su Wikipedia, "Piora mon amour, 04.10.2009".

E' inutile: quando Rita ed io non sappiamo dove andare, finiamo sempre in Piora. Questa volta la scusa è data dal fatto che ci mancando due laghetti della nostra serie di questa zona: il Cadagno di Dentro ed il laghetto Miniera. Abbiamo le gambe ancora un po' affaticate dalle due escursioni di domenica al Tomeo e lunedi allo Sfille, ma è la nostra settimana di vacanza, il tempo è bello, e sarebbe peccato non andare. Decidiamo di arrivare almeno fino al Cadagno di Dentro, e valutare la traversata fino al Miniera, un pezzo T3 visto sulla carta ma non ancora sul terreno. A noi si aggrega Danila.

09:30 Posteggiato, ci incamminiamo lungo la forestale che dal lato sinistro della diga conduce al Cadagno di Fuori. La giornata di mostra subtio con un'aria tersa, e la magia di questa zona si manifesta immediatamente.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5630
Lungo il percorso diverse farfalle, anche a mazzetti, sembra si stiano scaldando al primo sole per sgranchire le ali.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5637
Cammino di buona lena, lasciando indietro le signore, le quali non hanno problemi a chiaccherare a tutto spiano. Mi rallenta unicamente il fatto di fermarmi ogni pochi passi, per gustarmi il paesaggio. Fotografo il Ritom da tutte le angolazioni (se guardi l'album ti verrà la nausea).

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5648
10:15 Terminata la breve salita che porta al rialzo sul quale si trova Cadagno di Fuori. Incredibilmente, non ostante la salita, sono ancora davanti. Sulla cima del poggio trovi l'oratorio, utilizzato un tempo durante l'estate alla sera per il vespro.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5660
10:20 Arriviamo a Cadagno di Fuori, e si parte subito con la sosta caffé, che abbiamo rimandato. Sulla terrazza del Canvetto del Carletto diversi escursionisti, la maggioranza svizzero-tedeschi (come al solito). Prima di sedermi, ennesima foto al Ritom (penso si sia stufata anche la macchina fotografica).

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5661
10:45 Senza fretta ripartiamo, e decidiamo di fare tutto il giro del Cadagno: normalmente prendiamo la forestale che sale direttamente alla capanna Cadagno, ma oggi non abbiamo nessuna fretta. In alto vediamo lo stallaggio del Piora, da cui nasce l'omonimo formaggio, principe tra i suoi simili. E dietro, il pizzo Colombe / Campanitt.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5670
Il lago Cadagno è molto particolare (puoi leggere il perché su Wikipedia al link che ho dato nei riferimenti), e dispone di un centro di studi permanenti. A parte questo, è bello. Diversi rustici posti tutt'attorno sono stati riattati con cura e amore, integrandoli bene nel paesaggio, senza scempi architettonici. Uno, invece, avrebbe bisogno di una piccola rimessa a nuovo...

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5676
11:10 Arriviamo al punto in cui il sentiero si stacca dalla riva del lago, per condurci allo stallaggio.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5682
11:20 Breve salita, ed eccoi nella zona di mungitura delle vacche.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5688
Da qui riprendiamo la forestale che ci conduce accanto alla capanna Cadagno. Non ci fermiamo, ma mettiamo già in conto una merenda per il pomeriggio.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5692
Subito dopo la capanna, continuando dritto arrivi al passo del Sole e passo delle Colombe. Prendendo a sinistra, il sentiero si biforca dopo pochi metri. A destra verso il passo dell'Uomo, a sinistra al lago di Dentro. Ovviamente prendiamo questa direzione, e il sentiero parte sulle pendici montane, portandoci in breve tempo ad una discreta altezza.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5702
A guardarlo dal basso non sembrava così pendente... In effetti, dopo circa un cento metri di salita, il sentiero si spiana, ma purtroppo è cosa che dura poco. La fatica viene ricompensata però dall'apparire del Basodino, con il suo ghiacciaio. E' in fondo alla Vallemaggia, sopra Robiei: che vista!!!

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5712
12:10 Ci siamo tirati verso l'alto già abbastanza bene, il paesaggio si apre vieppiù, ma quello che attira la mia attenzione è un'altra cosa: un topolino morto, e due farfalle che banchettano. E io che avevo sempre pensato che le farfalle si nutrissero unicamente di nettare.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5721
Devo chiedere a Grégoire se ne sa qualcosa... Verso il basso la vista è splendida.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5728
12:35 Sopra di noi rumore d'acqua: vedo le cascatelle formate dalla fuoriscita delle acque di questo laghetto, non dovrebbe mancare molto.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5738
Questo tratto di sentiero è stato più impegnativo di quanto immaginassi: a parte la pendenza, vi sono dei brevi tratti esposti che richiedono cautela.

12:50 Eccoci arrivati. Il laghetto è delizioso, circondato da roccette, con una piccola cresta frontale che lo racchiude, mentre dietro si levano alte le vette che lo separano dalla valle del Cadlimo.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5741
Sullo sfondo vedi la bocchetta che porta al lago Miniera. Troviamo un piccolo poggio, e ci sistemiamo per il pic-nic. Poi mi dò all'attività fotografica. Riesco persino a sporgermi per scattare questa.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5751
Abbiamo deciso che per oggi lasciamo stare il lago Miniera. Però mi studio il percorso: si parte lungo il sentiero che sale la parete...

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5752
...poi su decisi verso sinistra / alto...

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5753
...poi a zig-zag verso la cima di sinistra...

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5754
...per terminare verso destra e arrivare alla bocchetta. Poco oltre la bocchetta c'è il laghetto.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5755
Poi immortalo il mio caro pizzo Colombe: deve essere una bella palestra d'arrampicata.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5757
13:40 Ora di ripartire, ultimo saluto al lago Cadagno di Dentro.

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Discesa verso la capanna senza troppe difficoltà. Chissà se questa è una delle due che mangiava il topolino...

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14:35 Questa volta sono sceso più velocemente delle signore, speriamo bene per i quadricipiti domani. Una cosa mi sembra strana: questa è zona di marmotte, e ne ho vista solo una al mattino, e qualche fischio durante la giornata. Mi sposto lungo il sentiero che porta verso il passo dell'Uomo, lungo il quale gli anni scorsi ne avevamo viste a decine. E in effetti, poco dopo l'imbocco, ecco un marmottone ben pasciuto.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5777
Voglio riprenderla da più vicino... Inizio a muovermi lentamente, di traverso, come una mucca che pascola, senza guardarla. Ogni pochi metri mi fermo a fotografarla, sempre più vicino. Riesco ad arrivare fino circa a 3 metri senza che scappi, ed ecco il risultato.

2010.07.28-Lago-di-dentro-Cadagno 5784
Poi capisce che non sono una mucca (forse perché non mi sono messo a quattro zampe), e si ritira nella sua tana. Nel frattempo sono arrivate anche Rita e Danila, e ci spostiamo alla capanna per la merendina.

15:15 Buona mezz'ora di pausa, battiamo veramente la fiacca oggi. Caffé, fetta di torta, e cielo che inizia a rannuvolarsi. Decidiamo di allungare un poco il percorso, e seguire il sentiero didattico, aperto l'anno scorso, che percorre l'altro lato del Ritom. Rita ed io l'avevamo già fatto il 04.10.2009 assieme a Lara, Marco, Ivan e Alice, e lo avevamo trovato stupendo. Scendiamo lungo la forestale fino al Cadagno di Fuori, dove ha inizio. Nel frattempo il Ritom ha cambiato completamente colore.

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Scendiamo verso il lago. Il sentiero è stato reso ancora più sicuro ed agevole rispetto a quando lo abbiamo percorso l'anno scorso.

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In fondo, hanno costruito addirittura una scalinata per arrivare alla riva.

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Passiamo il piccolo tunnel, e ci troviamo in un regno incantato.

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Il sentiero è agevole, circondato da larici. Una delizia per i piedi e per gli occhi. E anche altre cose...

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Percorriamo il sentiero di buona lena, temiamo che arrivi un temporale, il cielo è quasi completamente nero con le tipiche nuvole basse, attaccate alle cime, che dicono "affrettatti".

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Qualche goccia finissima d'acqua ci colpisce, facendoci temere il peggio. Poi, come per incanto, in pochi minuti il cielo si apre nuovamente. E il Ritom riprende il suo colore da festa.

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16:40 Fulmino il sensore della mia reflex con le immagini del Ritom. La stessa ringrazia quando finalmente arriviamo alla fine del sentiero, direttamente sull'imbocco della diga.

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Piazzo le signore al ristorante, e faccio il gentiluomo: vado a prendere l'auto. E mentre mi occupo dell'incombenza, un saluto al Ritom dietro di me...

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...e uno alla zona della Garzonera davanti a me.

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Ed ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

Profilo
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10 giugno 2010 4 10 /06 /giugno /2010 21:08

Percorso effettuato: Osco Q1157) - Calpiogna (Q1143) - Figgione (Q1035) - Rossura (Q1054) - Tengia (Q1099) - Calonico (Q961) - Anzonico (Q984) - Cavagnago (Q1020).

Difficoltà: strada asfaltata, forestale T1, sentiero T2.

Dislivello: salita 750 metri, discesa 900 metri per questo tratto, 1'600 metri in tutto.

Lunghezza del percorso: 16 chilometri per questo tratto, 33 chilometri in tutto.

Sforzo equivalente: 24 chilometri per questo tratto, 49 chilometri in tutto.

Durata (incluse le pause): 4.75 ore per questo tratto, 9.5 ore in tutto.

Riferimenti: la "Strada Alta" su Ticino Turismo, la funicolare del Ritom.

Nota 1: ho trattato il percorso completo in due articoli, dato che l'escursione nel suo insime sarebbe da classificare come "trekking molto impegnativo", mentre ognuna delle due sezioni è percorribile senza problemi in una giornata da parte di molti.

Nota 2: in questa escursione ho provato un nuovo regime alimentare. Mi sono accorto che i panini con l'affettato mi davano un abbiocco tremendo, e che in fondo non ne avevo bisogno. Così ho deciso di tentare l'escursione portando con me unicamente delle barrette di cereali, frutta secca, e noccioline salate. La cosa ha funzionato meravigliosamente.

12:50 Mi sono gustato 20 minuti di pausa, con caffé ad Osco, e mi sembra sia ora di ripartire. Le gambe mandano i primi segnali di affaticamento, ma non mi preoccupo troppo, ho già percorso più di un terzo del cammino che mi sono prefissato, e penso che il peggio sia passato. Uscendo dal paese di Osco riprendo un sentiero T2 che entra in una valletta laterale, e, fregatura, scende. So che la pagherò.

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La roccia presenta stratificazioni "rotte", mi sembra anche abbastanza friabile. Per fortuna il sentero è consolidato, e non mi dovrebbe franare sotto i piedi.

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13:10 Dopo un bel po' di discesa, giungo al corso d'acqua in fondo alla valletta.

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E dall'altra parte si ricomincia a salire. Posso confrontare quanto sono sceso vedendo dietro di me Osco.

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Risalgo un bel pezzo, poi nuova curva in una seconda valletta laterale, e discesa.

13:30 Arrivo anche a questo secondo riale, qui non c'è ponte per attraversare, ed è l'unico punto in cui fare un po' di attenzione se ci sono bambini assieme.

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Subito dopo il sentiero (indovina) risale nuovamente. Questo tratto è molto bello, ma quanto sali-scendi...

13:45 Giungo a Calpiogna, praticamente alla stessa altezza di Osco, ma in mezzo mi sono digerito un bel po' di dislivello. Davanti a me vedo una chiesetta, posta su di un poggio, visibile anche dall'autostrada, presso la quale passerò più avanti. Qualità della foto pessima, la foschia è onnipresente.

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Mi consolo vedendo che anche dopo Calpiogna si continua su sentiero. E rientro nuovamente in una valletta laterale, e di nuovo scendo. Sta iniziando a diventare una costante!

14:15 Ennesimo riale, questo con ponticello. Quando è ingrossato deve essere ben pericoloso, dato che prima e dopo questo tratto di percorso viene indicato di scendere fino a Faido, per risalire sull'altro versante, in caso di piena. A guardarlo così non fa paura.

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Poco dopo mi ritrovo a camminare quasi all'aperto, circondato da prati, con la musica dei grilli in sottofondo.

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In pochi minuti arrivo a Figgione, quattro case in croce, passo sopra il villaggio, e continuo verso Rossura. Arrivato a Rossura, dove il sentiero termina, mi ritrovo uno "Stop" in mezzo alla strada: chissà che traffico ci deve essere :-)

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14:30 Passato Rossura, vedo la chiesetta sul poggio. Avevano talmente tanto poco spazio, che hanno fatto la Via Crucis tutt'attorno alla chiesa. Questo si chiama risparmiare.

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Dopo Rossura il sentiero si apre nuovamente come forestale, passando prossimo alla costa della montagna. Lungo il cammino incontro diverse cascatelle, una più bella dell'altra.

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15:00 Questo tratto non ha avuto pendenze particolari, ma mi accorgo che inizio a fare fatica a tenere il mio ritmo. Ormai ho messo un bel po' di chilometri nelle gambe, e quello che è peggio, dislivello. Poi un cartello mi indica nuovamente sentiero nel bosco per arrivare a Calonico.

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15:30 Tratto nel bosco senza storia né gloria. Le salite cominciano a pesarmi, ma non dò ascolto alle gambe. Poi finalmente raggiungo la famosa chiesetta sul poggio: veramente carina.

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E neanche dieci minuti dopo sono a Calonico. Sono in ritardo sulla tabella di marcia, avevo calcolato di arrivarci almeno mezz'ora prima. Subito dopo Calonico si rientra bel bosco (sono felice, il sole va e viene, ma quando c'è picchia di brutto).

15:50 Arrivo al grotto Pro Bell (sarà una pubblicità?). Appena sopra il grotto c'è la strada asfaltata, ma il cartello giallo indica il sentiero verso Anzonico. Ligio al dovere, evita l'asfalto e mi innoltro sul sentiero.

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Maledizione, scende. Eccome, se scende.

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Scendo per circa 150 metri (calcolo a occhio) per attraversare un fiumiciattolo da niente, e risalire poi nuovamente per 150 metri.

16:15 Morale della favola: 25 minuti per percorrere si e no un chilometro e mezzo lineare. Arrivo sulla strada asfaltata, che porta dal grotto a qui in piano. La prossima volta, questo tratto me lo evito. A questo punto i muscoli gradirebbero non dover più fare tanta salita. Guardo la strada, guardo il cartello del sentiero che punta verso l'alto, la strada, il cartello, mi sento come l'asino di Burano. Poi controllo la cartina, e vedo che in pratica c'è lo stesso dislivello sia su strada che sentiero. Perô il sentiero è adornato da 15 quadri, dipinti da bimbi, ragazzi e adulti, che mostrano la loro interpretazione del bosco. Al diavolo la fatica, prendo il sentiero.

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Bello questo tratto nella pineta. Fotografo i quadri (li trovi nell'album), e salgo. Quello che mi è piaciuto di più è questo.

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16:45 Sono ad Anzonico, e ci ho impiegato le quattro ore indicate dal cartello: perso il ritmo. Decido di fare una pausetta caffé e gelato. Fino a qui ho consumato una barretta di cereali, mezzo sacchetto di frutta secca, e circa 30 grammi di noccioline salite, più il caffé ad Osco. Mi piazzo sulla terrazza di un ristorantino, e faccio un po' di ragionamenti.

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Da qui mancano ancora circa 12 chilometri, e la discesa su Biasca (un 600 metri circa). Se ce la faccio in due orette, si può fare... Mi gusto il caffé, il gelato, e rifaccio il pieno alla bottiglia, che nel frattempo ho svuotato (ma l'acqua viene calcolata come carburante?).

17:05 In marcia. Mi alzo, e le gambe urlano. Non le ascolto. Cioé, decido di percorrere il tratto fino a Sobrio lungo la strada asfaltata, per evitare scherzetti di sali-scendi come nel tratto precedente. Così, arrivato al cartello con l'indicazione "Strada Alta", faccio finta di non vederlo, e continuo dritto. Dietro di me, ormai, Anzonico.

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Cerco di inserire il turbo da pianura, ma fa cilecca miseramente. Cammino a velocità "umana", e me ne rendo conto. Le gambe cominciano ad essere durette. Intanto dall'altra parte della valle appare Chironico, con la cascata del Ticinetto. Da li siamo partiti per la bella escursione al laghetto di Chironico.

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17:40 Arrivo a Cavagnago.

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Guardo il cartello giallo, e mi viene un tuffo al cuore. Biasca, 3 ore 40. Poi guardo l'orario del postale, ce n'è uno tra due minuti. Rapidi calcoli: arrivererei a Biasca verso le 21:00, poi rientrare a casa, cena, doccia, ufficio per preparare il lavoro per la settimana. Vedo il postale arrivare, faccio segno, e salgo.

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Mi siedo, e le gambe cantanto "Grazie, grazie, grazie". Il postale percorre la strada all'inverso, prima Anzonico, poi su a Calonico, torna indietro, e scende a Lavorgo, sul fondo valle.

18:15 Sono alla ex-stazione di Lavorgo, attendo il postale per Bellinzona che passerà tra un quarto d'oretta. Bella cascata davanti a me, merita di essere immortatala.

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Bella escursione, soprattutto il tratto tra Osco e Anzonico. Penso che posso arrivare a farla tutta in un giorno, ma devo tagliare fuori un po' di dislivello...

Ed ecco il profilo altimetrico da Osco a Cavagnago.

Profilo2
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8 giugno 2010 2 08 /06 /giugno /2010 21:14

Percorso effettuato: Airolo (Q1141)  - Valle - Madrano (Q1156) - Brugnasco (Q1380)  - Altanca (Q1390) - Ronco (Q1368) - Deggio (Q1204) - Lurengo (Q1324) - Freggio (Q1037) - Osco (Q1157).


Difficoltà strada asfaltata, forestale T1, sentiero T2.


Dislivello: 850 metri per questo tratto, 1600 metri in tutto. 


Lunghezza del percorso: 17.5 chilometri per questo tratto, 33 chilometri in tutto. 


Sforzo equivalente: 26 chilometri per questo tratto, 49 chilometri in tutto. 


Durata (incluse le pause): 4.25 ore per questo tratto, 9.5 ore in tutto. 


Riferimenti: la "Strada Alta" su Ticino Turismo, la funicolare del Ritom.

Nota 1: ho trattato il percorso completo in due articoli, dato che l'escursione nel suo insime sarebbe da classificare come "trekking molto impegnativo", mentre ognuna delle due sezioni è percorribile senza problemi in una giornata da parte di molti.

Nota 2: in questa escursione ho provato un nuovo regime alimentare. Mi sono accorto che i panini con l'affettato mi davano un abbiocco tremendo, e che in fondo non ne avevo bisogno. Così ho deciso di tentare l'escursione portando con me unicamente delle barrette di cereali, frutta secca, e noccioline salate. La cosa ha funzionato meravigliosamente.

E' tutta colpa di Nella Martinetti, e della sua interpretazione della canzone "Strada Alta". Mi è entrata nell'immaginario da quando ero giovane, con la sua descrizione di un percorso romantico, tra villaggi rurali, e pinete maestose. L'avevo messa in programma da molto tempo, ma viene proposta come percorso da due-tre giorni, e a me sembravano un po' troppi... Questa strada percorre tutta la montagna, a mezza costa, da Biasca ad Airolo, passando quasi tutti i villaggi contadini della Leventina. Era la via normale utilizzata per il commercio ed i viaggi durante il periodo dell'alpeggio, dato che permetteva di evitare la discesa fino al fondo valle.

Rita è sotto antibiotici, non se la sente di venire, mi dà il via libera per una giornata in solitaria. Avrei voluto affrontare il percorso già qualche mese fa, ma aveva nevicato in settimana, per cui niente da fare. Sabato controllo il mio pianificatore di itinerario, mi dà 45 chilometri da Airolo a Biasca, con 2'000 metri di dislivello. Non faccio troppo caso al dislivello, avrò sbagliato qualcosa nel tracciare il percorso... Deciso, vado, e me la faccio tutta in una giornata. Per alleggerire il percorso decido per la variante Airolo - Biasca, in modo da avere più discesa che salita.

05:40 Suona la sveglia, riceve un pattone da non credere. Poi mi rendo conto che se voglio prendere il treno delle 7:06 per salire ad Airolo mi conviene tirare fuori le chiappe dal letto... Maledizione, la domenica è praticamente l'unico giorno che posso dormire al mattino (e a me piace dormire alla mattina), e guarda in cosa mi imbarco.

07:06 Ho fatto in tempo a bere un caffé e mangiare un cornetto prima di prendere il treno, che parte con puntualità sfizzera. Dal finestrino mi pregusto il percorso, guardando in alto dove passerò in giornata.

08:20 Mi sono sparato un ulteriore caffé prima di partire. La giornata è quasi uggiosa, e hanno annunciato temporali nel pomeriggio. Incrocio le dita, spero che la pioggia non mi rovini la giornata obbligandomi a terminare il percorso prima della meta. Prima di partire foto alla lapide che ricorda il sacrificio dei minatori, per la maggior parte italiani, che grazie al loro sforzo e alle loro vite resero possibile lo scavo della galleria ferroviara del San Gottardo. Da quello che so (ma non sono pronto a muzioscevolare) mio trisnonno vi ha lavorato.

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Poi parto lungo la strada principale, per portarmi verso il punto da cui inizia la discesa dello Stalvedro. Da qui, a sinistra, si imbocca la Strada Alta. Ancora asfalto, in direzione di Villa (frazione di Airolo), poi giù verso un ponticello sul fiume, e su nuovamente verso Madrano (ulteriore frazione di Airolo). Non lo sapevo, ma il su e giù è il marchio di fabbrica di questo percorso.

Dove ci sono campi aperti, è tutto in frinire di grilli. E i campi sono un mosaico di colori: margherite, botton d'oro, e tanti altri fiori di cui non conosco il nome, ma questo non mi impedisce di goderne la visione. Questo mi compensa almeno parzialmente per il mancato panorama. La nuvolosità mi toglie una delle piacevolezze: la vista delle cime tutt'attorno, incappucciate.

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Passo Madrano, ed inizio la salita che mi porterà a Brugnasco. Sono ancora su asfalto, la cosa non mi piace. Non sarà mica così per tutto il percorso, spero. Dietro di me, l'imbocco della valle Bedretto, la caserma di Motto Bartola, e un pezzetto della vecchia strada del Gottardo, la Tremola, sulla destra.

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09:05 Eccomi a Brugnasco. Entrando in paese noto un'auto con i fiocchi da matrimonio. Mi sa che questi non si alzeranno molto presto, stamane.

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In un attimo passo il paese, e mi avvio, sempre su asfalto, verso Altanca, posta sopra Piotta. Il paesaggio sarebbe anche bello, se non fosse per la nuvolosità e la foschia che mi circonda. Dall'altro lato della valle, inizio ad intravvedere Giof, posta su di una bella terrazza, dalla quale non si sente il rumore (quasi perenne) dell'autostrada.

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09:30 Incrocio la funicolare del Ritom, con una pendenza di 75°, e molto gentilmente decide di passare proprio mentre arrivo, tanto per fare un po' di scena.

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Originariamente era stata costruita per accedere alla diga del Ritom, e per la manutenzione delle condotte forzate dell'acqua, che viene convogliata nelle turbine poste a valle. Poi, terminati i lavori di costruzione, è stata aperta al pubblico. Non è proprio a buon mercato, ma almeno una volta nella vita vale la pena di provare il brivido della salita e discesa, con la pendenza micidiale che affronta.

09:35 Sono già in vista di Altanca, e sono molto soddisfatto. Il cartello giallo ad Airolo dava 1 ora e 50 minuti, ci sono arrivato in un'ora e un quarto. Questo mi rincuora, probabilmente riesco ad abbattere i tempi di percorrenza indicati dalle cartine. All'entrata del paese, posta su di un poggio con vista, la chiesetta del paese tutta sola soletta.

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Attraverso anche Altanca come un fulmine, e mi dirigo verso l'imbocco della Strada Alta dall'altra parte. Sguardo indietro...

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...e sono ancora su asfalto.

09:55 Ronco. Davanti a me inizio a vedere finalmente l'ampia curva che percorrerò per arrivare a Lurengo (il paese in fondo alla foto), per affrontare poi lo scollinamento delle gole del Piottino.

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Non ostante non ci sia sole diretto, la temperatura è piuttosto elevata, e sudo abbondantemente (il che è un bene), ma faccio fuori la scorta d'acqua velocemente. Ho preso con me solo due litri, facendo il calcolo di poter fare il pieno almeno una volta strada facendo. Anche se pedalo veloce, non è che non mi accorga di quanto mi sta attorno. In effetti incontro una prima bella farfalla...

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...e una chiocciola di dimensioni ragguardevoli.

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10:10 Deggio raggiunto. Sono ancora su asfalto, la cosa inizia a preoccuparmi. Vuoi vedere che tutta la Strada Alta è stata asfaltata? Cosa direbbe mai Nella Martinetti?

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Passato il paese, continuo su asfalto (e dai!), e poco dopo incontro un micio tutto solo, che miagola come per attirare l'attenzione. Gli faccio diverse moine, ma sarà che puzzo come un caprone, o che ho perso il mio fascino animale, il gatto non si degna di farsi accarezzare.

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Mi consolo guardando indietro, e vedendo quanta strada ho già percorso: sono partito da dietro la curva di destra.

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10:20 Raggiungo San Martino, una "non località", nel senso che c'è unicamente una chiesetta, molto pittoresca.

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Intanto sono passato a forestale, i piedi si surriscaldano meno. Diverso bestiame in giro, capre, pecore e manze, ma penso che gli alpi siano già stati caricati. Una pecora da guardia mi osserva con interesse.

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10:40 Lurengo. Qui termina la seconda curva della montagna, e adesso c'è da scalare il promontorio che chiude in alto le gole del Piottino.

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Il passo è buono, e finalmente, uscendo dal paese, inzia il sentiero vero e proprio. Davanti a me un gruppo di scout, che non mi nota neanche.

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11:00 Ecco una piacevole sopresa per quest'oggi: entro in una bellissima pineta, il bosco d'Öss, posto sul promontorio di divisione. Sentiero vero, di quello che piace a me, con gli aghi. Ma mica tanto agevole, pieno di radici che fuoriescono dal terreno, e sassi. Il tutto richiede attenzione nel camminare.

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11:20 Ho raggiunto l'apice, e dall'altra parte il sentiero inizia a scendere, deciso, pendente, e mi porta velocemente in basso. La cosa non mi piace. Incontro un punto senza vegetazione, e aprofitto per guardare avanti. Oh no, sotto di me, molto sotto di me, Freggio.

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E poco oltre, alla stessa altezza dei miei occhi, Osco. Questo significa gran scendere, e gran salire. Ormai sono in ballo, e ballerò, ma non avevo preventivato così tanto dislivello.

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E scendo, e scendo, e scendo. La pagherò, lo so, ma intanto mi godo il bosco.

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11:45 Discesa quasi terminata, sto per uscire dal bosco. Davanti a me posso vedere Freggio. Avrei preferito guardarlo dall'alto, e trovare una bella stradina che mi portasse ad Osco mantenendosi sulla stessa quota.

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Ancora non ho fatto fermate (sto camminando da tre ore e mezzo ininterrottamente), e decido di tirare fino ad Osco, e fermarmi li per un caffé. Appena fuori dal paese, nuova chiesetta, e nuovo asfalto.

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Intanto il sole è uscito deciso, la temperatura è salita, ed estraggo il cappellino dallo zaino. Inizio la salita, poi trovo la deviazione a sinistra che mi porta su di una forestale.

12:00 Sto sbuffando, sudando e macinando in salita. A consolazione, sguardo indietro alle gole del Piottino, con il Dazio Grande di Rodi-Fiesso.

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Nel Medioevo fungeva da punto di ristoro, e di pagamento del pedaggio per il transito lungo la strada. Era costoso percorrere il Ticino, una volta. Si pagava a Bellinzona, si pagava qui al Dazio Grande, e forse in qualche altro punto ancora. Intanto, lungo la forestale, una splendida farfalla ha deciso di farsi ammirare.

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12:25 Sono in vista di Osco, la strada finalmente si spiana. Il passo è ancora buono, ma sento che i muscoli hanno risentito di questo tratto di strada. Mi viene in mente la sensazione che ho provato quando sono andato da Bellinzona a Mesocco, e spero che tengano duro.

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12:30 Arrivato. Mi infilo nell'unico ristorante aperto, cioé, mi metto in terrazza, cioé, i tavolini sono in piazza. Mi bevo il caffé, acquisto una bottiglia d'acqua, eseguo il travaso, e mi preparo mentalmente a ripartire. Fino a qui ho tenuto una media splendida, 26 chilometri di sforzo in poco più di quattro ore. Però, inizio a sentire le gambette... Non è un buon segno.

...Continua....

Ed ecco il profilo altimetrico di questo primo tratto.

Profilo1
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30 maggio 2010 7 30 /05 /maggio /2010 20:55

Percorso effettuato: Bacino val d'Ambra (Q603) - Monastei (Q895) - Cassinone (Q911) - Lobia (Q917) - bacino val d'Ambra - Personico.

 

Difficoltà: sentiero T1 e T2.

 

Dislivello: 660 metri.

 

Lunghezza del percorso: 8 chilometri.

 

Sforzo equivalente: 15 chilometri.

 

Durata (incluse le pause): 5 ore.

 

Riferimenti: sito della val d'Ambra, "Alla scoperta della val d'Ambra, 28.03.2010".

 

Nota: il sentiero di destra salendo è adatto anche alle famiglie. Il sentiero sul lato Sud richiede un po' più di attenzione, dato che vi sono alcuni passaggi leggermente esposti.

 

Marco ci ha chiesto di portarlo, assieme ad Ivan e Alice, a fare quattro passi. Rita ed io discutiamo delle varie possibilità: valle Verzasca, val d'Ambra, cima di Medeglia. Dato che il 28.03.2010 ci era stato proposto di ripassare dopo un due mesetti, per vederla in livrea estiva, decidiamo per questa variante, partendo però dal bacino, e risparmiando così 300 metri di salita, dato che sappiamo che Ivan tiene botta senza problemi, ma di Alice (6 anni) non conosciamo la resistenza.

 

10:45 Dato che abbiamo calcolato tempi relativamente brevi per il giro (tra le 5 e le 6 ore), decidiamo che è inutile alzarsi ad ore antelucane. In effetti alle 10:00 siamo a Personico per il caffé, poi con comodo saliamo fino al parcheggio della diga, a Q600, e ci prepariamo per il giro. Grossa riserva d'acqua nello zaino, non mi ricordo di aver visto punti di rifornimento, e la temperatura per oggi è data sul caloroso assai. Non ostante la temperatura, l'aria è tersa: se non altro non sarà afoso.

 

2010.05.24-Valle-Ambra 3876

 

Foto di gruppo alla partenza...

 

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Prendiamo, come l'altra volta, il sentiero sulla costa destra salendo, per portarci a Monastei. La strada questa volta presenta in modo decisamente diverso: se in marzo la vista era sempre presente, il verde adesso ha colpito ovunque, ed è un tripudio di erba e foglie.

 

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In giro diverse farfalle, ma sono tutte impazzite, penso per la riproduzione. Non si posano praticamente mai per alimentarsi, rendendo molto difficle immortalarle. In particolare ne vedo una (più in alto però) di circa 6 cm di apertura alare, bruna, bordata di bianco, che vola su e giù continuamente, probabilmente seguendo una qualche scia di ferormoni, anche se non riesco a vedere la controparte. L'unica che si lascia fotografare è questa.

 

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In compenso, Ivan, dallo sguardo di lince, e attentissimo, mi fa da segugio per i ramarri. Ne incontriamo diversi, tutti ben nascosti, ma Ivan riesce a trovarli anche laddove a me non verrebbe in mente di guardare. Il primo lo troviamo poco dopo esserci avventurati sul sentiero.

 

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11:15 Ci siamo innalzati discretamente, e si vede il bacino sotto di noi, povero d'acqua come l'altra volta. Piccola pausa spuntino per i ragazzi: decisamente hanno un regime alimentare diverso dal mio :-)

 

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Poco oltre, nuovo incontro con un ramarro, sempre identificato da Ivan.

 

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E poco oltre, un altro ancora...

 

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11:30 Arriviamo al primo rustico lungo la salita. La temperatura è già di quelle da sballo. Decidiamo per una piccola pausa, per rialimentare i ragazzi, e darci sotto con l'acqua anche noi, aprofittando dell'ombra.

 

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Mi guardo attorno, e noto che il crinale sull'altro versante questa volta è veramente boschivo.

 

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Ripartenza poco dopo, e subito incontriamo uno splendido tappeto di fiorellini.

 

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E nuovamente Ivan riesce ad individuare un ramarro... Sembrano fratelli :-)

 

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Intanto giriamo in una valletta laterale, la percorriamo fino al fondo, passiamo il torrente, e riprendiamo la salita lungo l'altro versante.

 

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Salendo mi diletto anche a fotografare i fiori, anche se la maggior parte ormai è andata. Non so perché (questa macchina fotografica ogni tanto mi riserva delle sorprese), ma spesso sbaglio o i tempi o il diaframma, e la foto viene troppo chiara. Non sono capace di usare i vari programmi di fotoritocco, così mi tengo le foto mal riuscite).

 

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12:30 Arriviamo al rustico dove ci eravamo fermati per pranzo in marzo, con Danila e Pierfranco. I ragazzi sono nuovamente affamati. Per fortuna la mia auto non consuma quanto loro, sennò non me la potrei permettere. Devo scrivere un nuovo capitolo in relazione all'alimentazione in montagna: ciò che ho riportato vale per gli adulti, non per i ragazzi... Ci fermiano nuovamente all'ombra, e lasciamo che facciano il pieno con un po' di frutta.

 

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12:45 Ci rimettiamo in marcia per arrivare a Monastei. Sopra di noi una splendida cascata, con un slto di di alcune decine di metri.

 

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Passato Monastei continuiamo in direzione del ponte che permette di accedere all'altro versante della valle.

 

13:00 Passiamo il ponte, e ci portiamo nella pineta che accompagna verso Cassinone.

 

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Nel greto del fiume si possono osservare traccie di ferro: la colorazione rosso-ruggine è decisamente marcata.

 

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I giochi d'acqua in questo tratto sono splendidi. Il fiume salta, gira, cade e si scatena. Ad ogni passo cambia la prospettiva, e si presenta un nuovo spettacolo.

 

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13:10 Arriviamo a Cassinone. Troppo sole per fermarci per il pranzo, decidiamo di continuare qualche centinaio di metri, e portarci nuovamente nella pineta. Su di un prato, un sasso alieno.

 

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14:15 Siamo riusciti a saziare i ragazzi, impresa non da poco. Si riparte lungo l'altro versante della valle, meno esposto al sole, e più ombroso grazie alle varie macchie di pini. Il sentiero qui è più stretto, e Marco per precauzione tiene sempre per mano Alice, mentre Rita tiene d'occhio Ivan, che si muove con la baldanza di uno stambecco.

 

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14:30 Arriviamo alla bellssima cascata di questo lato.

 

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In alto l'acqua si divide in due rami, per ricongiungersi nuovamente poco prima del balzo finale. Piccole pozze scavate nella roccia raccolgono l'acqua, che vi mulinella in continuazione, continuando l'erosione. Una brezza fresca scende dalla parete, rendendo la sosta ancora più gradevole.

 

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Passiamo con precauzione lungo il grande sasso per portarci dall'altra parte, poi via nuovamente lungo il sentiero. 

 

14:40 Arriviamo a Lobia, I ragazzi hanno nuovamente fame... Quando ci sono loro devo rifare tutti i calcoli dei tempi. Veloce barretta di cereali. Appeso ad una parete, un teschio, che ci ricorda un "sic transeat gloria mundi", o qualcosa del genere (latinisti, per favore mandare mail con correzione).

 

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Ma non c'è solo morte: c'è la vita delle bellissime tricolor...

 

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15:15 Ormai siamo quasi sulla verticale del bacino, e stiamo per affrontare la discesa ripida che caratterizza questo lato. Alice comincia ad essere stanca, Ivan è la davanti con Rita. Resto dietro a Marco e Alice, caso mai abbiano bisogno.

 

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Lungo il sentiero, diversi piccoli corsi d'acqua creano tratti fangosi. In compenso hanno già pulito il sentiero: in marzo c'erano diversi rami e tronchi che rendevano malagevole il passaggio. Questa volta non ne ho trovato neanche uno.

 

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15:40 Discesa finita, passiamo la diga del bacino per portarci nuovamente al parcheggio.

 

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E questa è la prova che siamo arrivati tutti vivi :-)

 

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Ed ecco il profilo altimetrico dell'escursione.

 

Profilo2

 

Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto dell'escursione (non che ci sia qualcosa di speciale).

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Geolocalizzazione: Svizzera, Ticino, Sopraceneri, Sottoceneri, Leventina, Bedretto, Blenio, Riviera, Mesolcina, Calanca, Maggia, Verzasca, Onsernone, Muggio, Bellinzonese, Locarnese, Luganese, Mendrisiotto 

 

Interessi: trekking, escursioni, passeggiate, foto, natura, rifugi, capanne, flora, fauna, laghi

 

Percorsi: forestale, sentiero, transumanza, valico, passo, bocchetta, ganna