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15 febbraio 2009 7 15 /02 /febbraio /2009 21:17



Percorso effettuato: Certara (Q1000) - capanna San Lucio - passo del San Lucio (Q1542) - Certara

Difficoltà: sentiero T2 / WT2.

Dislivello: 600 metri.

Lunghezza del percorso: 12 Km.

Sforzo equivalente: 18 Km.

Durata (incluse le pause): 5.5 ore.

Già settimana scorsa abbiamo rinunciato a ciaspolare, dato che l'Istituto Svizzero per lo Studio delle Valanghe di Davos dava un pericolo di 4 su 5 (forte) di valanghe: avremmo voluto andare alla capanna Bovarina, ma avevamo lasciato perdere. Per evitare problemi abbiamo deciso per un percorso nel Sottoceneri, dove le nevicate sono state meno abbondanti. Memore delle bellezze decantate da Pierfranco e Danila sul passo del San Lucio, chiediamo loro di farci da guida, proposta che accettano volentieri. A noi si uniscono Tiziana e Paolo, coi quali eravamo già saliti in Dötra e al Tremorgio.

10:10 La giornata è splendida, il sole ci bacia, la temperatura è gradevole, e anche il vento freddo da Nord che tanto aveva infastidito negli ultimi giorni si è fermato. Dopo aver percorso alcune centinaia di metri sul sentiero, la neve inizia a diventare consistente, e si può passare alla procedura di montaggio delle ciaspole.

Il sentiero partendo da Certara
Il sentiero è forestale, ben battuto (purtroppo anche dalle motoslitte), e la pendenza non eccessiva. Ci mettiamo in moto di buona lena. Dietro di noi si innalza il monte Bar, dove siamo stati due settimane fa, avvolti dalla nebbia: che differenza rispetto ad oggi.

Il monte Bar
Salendo notiamo che il freddo notturno è ancora intenso, tanto da riuscire a gelare un piccolo corso d'acqua, che si presenta come una cascata di diamanti.


10:20 Dietro di noi il paesino di Certara, praticamente in cima alla val Colla: il sole lo scalda benefico.

Il paese di Certara
10:30 Questa prima parte del sentiero si snoda un un bosco rado di betulle, e pochi castagni. Iniziano ad apparire i primi faggi. Siamo nella zona non esposta al sole, e la temperatura è frescolina. Grazie agli ottimi indumenti (io giro con canottiera termica, camicia da trekking a maniche corte e maglietta da neve) riusciamo a salire senza doverci caricare di giacche, paille, e protezioni varie.

10:50 La salita già effettuata inizia a portarci in alto. Mi guardo in giro, e con mio stupore vedo una montagna che conosco da quando ero ragazzino e abitavo a Locarno: oltre la catena che congiunge il monte Lema al monte Tamaro, appare il cucuzzolo del Ghiridone (o Gridone, come viene chiamato in Italia). L'aria deve essere veramente tersa, dato che in linea d'aria si parla di almeno 15-20 chilometri!!!

La zona del Lema e la cima del pizzo Ghiridone (o Gridone)
11:10 In alto appare quella che penso sia la nostra meta: ha tutta l'aria di essere una capanna. Pierfranco mi spiega che si, si tratta di una capanna, ma è quella del CAI, non quella svizzera dove ci fermermo noi (ha prenotato per tutti, mangiamo al caldo). Sulla linea del passo scorre la linea di confine tra Svizzera ed Italia, e a distanza di poche centinaia di metri vi sono entrambe le capanne. Quella del CAI, da quanto mi spiega, una volta era una caserma, ora riconvertita.

La capanna CAI del passo del San Lucio
In effetti, questi erano sentieri da "spalloni", uomini che contrabbandavano riso, caffé, e sigarette, portandoli dalla Svizzera all'Italia, dove gli stessi prodotti erano molto più cari. Sulle spalle la "bricola", sacca chiusa di grande capienza, che veniva caricata con tutti i prodotti, poi via di notte, cercando di evitare la Finanza, su dal versante svizzero, giù dal versante italiano, senza pile per non farsi vedere, in silenzio per non farsi sentire. Sapevano che nella caserma là in alto c'era sempre qualcuno che scrutava con il binocolo. Era quasi un gioco a "guardie e ladri", senza armi, e forse anche con il rispetto reciproco, gli uni per le fatiche che sapevano di questi contrabbandieri, gli altri per gli uomini del Sud, lontani da casa, in un ambiente così diverso dal loro. Non c'erano sparatorie, non c'erano morti. Piuttosto si abbandonava il carico, e forse non sempre questo finiva nell'erario italiano: la vita in caserma non doveva essere facile. Se il passaggio riusciva, c'erano storie da raccontare all'osteria del paese: il finanziere che mi è passato a due metri di distanza, quello che mi inseguiva, ma io ho preso su per il pendio che neanche uno stambecco... Vino e canzoni per festeggiare al paese, e forse una bricola che restava in caserma, dove un finanziere, con il bicchiere di vino in mano, raccontava ai colleghi di quello spallone a due metri, nascosto in un cespuglio, che lui aveva visto si, ma era passato via facendo finta di niente... Si conoscevano per nome, per sopranome, alcuni erano diventati delle leggende per le imprese che avevano compiuto. Tempi andati, ora si riciclano i soldi sporchi, il contrabbando viene fatto in modo organizzato e professionale, e le bricole, le poche rimaste, sono appese in qualche osteria. Qualche anziano le guarda ancora con nostalgia, i compagni ormai non ci sono più, e i giovani passano il confine con l'auto tutti i giorni per andare a lavorare a Lugano, a Chiasso, e tornano a casa la sera con la borsa della spesa in bella vista sul sedile dell'auto.

Intanto, il sentiero ha cambiato direzione, e davanti a noi si para il Garzirola, la montagna da cui nasce il Cassarate, che attraversata tutta la val Colla, taglia in due Lugano per sfociare nell'omonimo lago.

Il monte Garzirola (o Gazzirola)

Verso Locarno invece, appare anche il pizzo Leone (passeggiata del 15.10.2008)

La zona del Lema e la cima del pizzo Ghiridone (o Gridone), e in centro al fondo il pizzo Leone
Il monte Tamaro, invidioso, decide di mostrarsi pure lui.

Il monte Tamaro con la sua antenna

11:20 Cominciamo ad avere un ampio respiro sulla val Colla. Tutti i paesini sono distribuiti sui contrafforti della montagna, esposti a Sud, per aprofittare della benevolenza di Ra. I declivi dolci permettono l'agricoltura e la strada alta della valle unisce questi piccoli centri abitati, dove la modernità sembrerebbe non essere arrivata (a parte le centinaia di parabole satellitari che si vedono sugli edifici, camminando nei nuclei).

La Val Colla

12:15 Siamo quasi arrivati: si vede bene la capanna CAI. La nostra meta resta nascosta, ma è a poca distanza. Salendo si sono rivelate le cime che separano il novarese dal Vallese, e la vista spazia quasi fino al Monte Rosa. L'aria è talmente pulita che persino la mia macchinetta fotografica riesce ad immortalarle, il che è già tutto dire. Fra poco la manderò in pensione: le reflex digitali finalmente sono scese di prezzo, e ci sono due o tre modelli che sto tenendo d'occhio. L'unico problema è la qualità del fotografo: anche con un buon apparecchio le foto resteranno monotone.

La capanna CAI del passo del San Lucio

Orami siamo usciti dal bosco di faggi ed in seguito di abeti, e affrontiamo l'ultima salita per la capanna. Rita ed io ci siamo fermati. Abbiamo dovuto fare una pausa dato che siamo andati in ipoglicemia: tendo sempre a dimenticare che in inverno è necessario più carburante che in estate. I nostri compagni hanno una falcata in salita abominevole, e ci hanno lasciati indietro di un bel pezzo. Penso che prima o poi mi vendicherò: ho pianificato una tre giorni, durante la quale (il primo giorno) si faranno fino a 40 chilometri tutti in piano: mi prenderò il piacere di distaccarli di circa due chilometri ogni ora di cammino. Rita ed io tiriamo fuori il cornetto integrale, una riga di cioccolata a testa, e ci godiamo la più classica delle merende. Non mi ricordavo fosse così buona...


12:30 Sono praticamente arrivato. Durante l'ultima parte della salita un elicottero aveva continuato a ronzarci attorno, facendo evoluzioni, e inquinando con gas di scarico e rumore tutto l'ambiente circostante. Lo vedo "parcheggiato" lì in alto: ne sono scesi due signori, in giacca e cravatta, che sono entrati in capanna, hanno bevuto il caffé e se ne sono andati. Spero che il caffé sia andato loro di traverso, con tutte le maledizioni mentali e la distima che ho spedito loro.


Eccomi alla capanna del San Lucio, o meglio, quello che si riesce ancora a vedere dopo le ultime nevicate: sto guardando il primo piano praticamente alla mia altezza. Per raggiungere la porta di accesso al pianterreno hanno dovuto creare una galleria, e dall'interno sembra di essere in un igloo.

La capanna svizzera del passo del San Lucio sommersa dalla neve

L'entrata della capanna svizzera del passo del San Lucio sommersa dalla neve


L'interno della capanna è raccolto. Una giovane coppia ci accoglie cordialmente, e ci mostra il tavolo riservato per noi.

L'interno della capanna svizzera del passo del San Lucio

Questa volta Rita ed io ci abbandoniamo ai baccanali, e invece della solita minestra, ci spazziamo mezza porzione di polenta e formaggio a testa: il freddo ha le sue esigenze, e in inverno l'alimentazione deve essere più abbondante, per fare fronte al dispendio di energia supplementare. C'è relativamente poca gente: essendo domenica ci aspettavamo che il luogo fosse molto più frequentato.

13:45 Dopo un caffé, esco per primo per guardarmi attorno, e salire fino al passo vero e proprio. Di neve ce n'è: il cartello dei sentieri sbuca appena appena dal manto nevoso.


Sul passo la chiesetta (decisamente di volumetria eccezionale, per il luogo dove è stata costruita) di San Lucio, patrono e protettore dei montanari e degli alpigiani, e San Rocco, protettore contro la peste. Questa chiesa è già citata in alcuni scritti del 1300, ma immagino che non sia più quella originaria. Dietro la capanna CAI, ben più frequentata di quella svizzera.

La chiesa di San Lucio e San Rocco sul passo del San Lucio

La chiesa di San Lucio e San Rocco sul passo del San Lucio, e dietro la capanna CAI

Dal passo la vista si apre verso le catene montuose italiane. Una guida alpina del CAI (simpaticissima e alla mano, esattamente come mi attendevo) mi cita i nomi delle varie montagne che vediamo (le ha fatte tutte), ma prutroppo la mia arteriosclerosi galoppante me le fa dimenticare dopo pochi minuti. Ricordo bene quelle dove sono stato, i nomi dei passi, capanne e cime che ho vissuto direttamente: i nomi mi entrano sotto la pelle quando li ho sudati.

Le alpi comasche

Il Gazzirola in bella vista: Rita ed io abbiamo deciso di venirlo a visitare in primavera, facendo il giro Certara - San Lucio - Gazzirola - Bar - Corticiasca, e percorrendo così tutta la cresta che chiude la val Colla.

Il monte Garzirola (o Gazzirola)

Verso Locarno si vedono le alpi vallesane, e un pezzetto di lago Maggiore.

Le alpi vallesane, uno scorcio di lago Maggiore e la zona del Lema

E quello? Oddio, potrebbe essere il pizzo Vogorno, all'entrata della valle Verzasca? La forma è la sua, ma il dubbio resta.


Tra il Ghiridone e pizzo Leone vedo il Lema ed il Tamaro: ho mappato due punti laggiù, uno qui, e in mezzo c'è la classicissima traversata dal monte Lema al Tamaro, percorsa ormai da alcune decine di migliaia di gitanti. Probabilmente già quest'anno la faremo anche noi, e guardando da entrambe le parti vedrò luoghi conosciuti, di cui mi ricorderò il nome. Adagio adagio il territorio mi sta entrando sotto la pelle, mappato con punti luminosi che risplendono sulle carte; ma è ora di iniziare la discesa.

14:15 Ci incamminiamo per il rientro, e lasciamo un pezzettino di cuore anche qui: non è un problema, tanto un giorno torniamo a riprendercelo, e lasciarne un altro pezzetto. Dato che in discesa non si fa tanta fatica come in salita (ma va?), ci infiliamo le giacche per termoregolarci. Rita, con i suoi colori, si staglia sulla neve: siamo tranquilli, se dovessimo averne bisogno, ci vedrebbero ad alcuni chilometri di distanza.


Colto da un attacco di edonismo - narcisismo - vanità mi faccio fotografare anch'io, tanto l'obiettivo della macchina fotografica è assicurato: se dovesse rompersi nel tentativo di inquadrami, non ci saranno problemi.


14:40 Lungo il percorso del rientro ripassiamo da un canalone dal quale è scesa una slavina, che ha spazzato anche alcuni alberi. Non doveva essere molta neve, ma l'effetto è impressionante.



La discesa è tranquilla, tra chiacchere e rumore di due motoslitte che salgono. In compenso veniamo quasi investiti da alcuni sciatori, saliti con le pelli di foca, che arrivano da una curva a tutta velocità.


Ti sei accorta/o? Sono davanti!

15:45 Siamo nuovamente al parcheggio. Carichiamo e si parte per rientrare nella normalità di tutti i giorni: borse da fare per i ragazzi che partono, cena da prepare, gatto e cane da curare, ecc. ecc. ecc.

Se vuoi vedere tutte le foto della passeggiata (non che ci sia qualcosa di speciale), clicka qui.

 

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commenti

G
Bel "giretto" come sempre!<br /> Con tutta quella neve vi ammiro!
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Geolocalizzazione: Svizzera, Ticino, Sopraceneri, Sottoceneri, Leventina, Bedretto, Blenio, Riviera, Mesolcina, Calanca, Maggia, Verzasca, Onsernone, Muggio, Bellinzonese, Locarnese, Luganese, Mendrisiotto 

 

Interessi: trekking, escursioni, passeggiate, foto, natura, rifugi, capanne, flora, fauna, laghi

 

Percorsi: forestale, sentiero, transumanza, valico, passo, bocchetta, ganna