Percorso effettuato: Alpe di Neggia (Q1395) - Monte Gambarogno (Q1734) - Alpe Cedullo (Q1287) - Oratorio di Sant'Anna (Q1342) - Pasturone (Q1219) - Alpe di Neggia.
Difficoltà del sentiero: T2
Dislivello: 720 metri.
Lunghezza del percorso: 9 Km
Sforzo equivalente: 16 Km
Durata (incluse le pause): 6 ore
Questa è stata una escursione particolare, per ricordare Floriano, amico conosciuto troppo tardi e troppo poco, e scomparso repentinamente, lasciando in noi tutti un grande vuoto.
Floriano era nato a Roma un paio di anni prima di me, e vi era cresciuto e aveva condotto poi i suoi studi. Sposatosi con Silvia, aveva avuto due figli: Manuel e Shantala.
Per un certo periodo visse a Milano, poi si spostò nel Luinese, dove è rimasto fino ad ora. Qui aveva imparato ad amare le montagne, che frequentava non appena gli impegni glielo permettevano.
Sapeva vivere sul filo del precario, grazie al suo grande equilibrio. Vendeva sogni ad adulti e bambini. Viveva di sogni e progetti, e il suo equilibrio lo teneva in piedi anche sulle creste più esili.
Il suo sguardo, quando gli parlavi, era quello di un gatto sornione, con il sorriso sotto i baffi. Sguardo da gatto che ha molto vissuto, e visto ancor di più. Sorriso mai beffardo, ma benevolo di chi capisce. E la vita, per quanto dura sia stata nei suoi confronti, non è mai riuscita ad adduggiare d’ombra i suoi occhi, puliti, buoni dentro, che ti guardavano diritto, con la forza di chi ha la coscienza pulita.
L’amicizia di Floriano era un privilegio. Amicizia profonda, di chi ha valori importanti nella vita, ci crede, ed è coerente. Amicizia che non aveva bisogno di tante parole, amicizia che permetteva di scherzare e ridere senza paura di offendere. E a Floriano piaceva ridere, perché riusciva a vedere il bello della vita.
Conosceva il Canton Ticino come molti di noi nativi neanche immaginiamo. In salita un treno, una Ferrari, come gli avevo detto una volta, con 500 cavalli sotto il cofano, non ostante il fisico esiguo. Persino un busto ortopedico, due anni fa, non era riuscito a fermarlo.
Tre anni fa, una malattia come quella che lo ha spento, colpì sua moglie Silvia, che se ne andò nel giro di pochi mesi. Da allora, in memoria, le cime delle montagne ticinesi sono costellate da bandiere tibetane, che Floriano posava in suo ricordo.
L’anno scorso, dopo tanti anni di duro lavoro, e il ricordo dei trekking in Nepal ormai sbiaditi, due splendidi trekking, durante i quali incontrò Chiara, sua compagna, che lo ha seguito e accompagnato in tutti i momenti di questi nove mesi assieme che la vita ha loro concesso.
In febbraio, durante una cena, ci annuncia che lo aveva colpito una fastidiosa pubalgia, e che sperava di essere in forma per maggio, per un progetto comune, regalo speciale per Chiara. Rita ed io lo avevamo visto sofferente, pensando che fosse per l’immobilità forzata. Mai avremmo immaginato che il male fosse già presente, e così avanzato.
Verso metà marzo, Floriano mi ha scritto dall’ospedale Sacco, comunicandomi la diagnosi nefasta. Nel suo scritto, non una parola di commiserazione, nessun cenno di acredine, una forza e una dignità nelle sue parole come pochi sanno manifestare in situazioni del genere. E non ostante questo, ancora la capacità, la voglia e la forza di fare progetti per il futuro.
La domenica stessa Rita ed io lo visitiamo: ci ha parlato delle cure, di come sapeva che la sua vita sarebbe cambiata, ma non per questo si era scoraggiato. Aveva già fatto piani e progetti per continuare a gustare la Montagna. Eravamo rimasti d’accordo che ci saremmo rivisti la domenica successiva, per sentire dei progressi e dei benefici delle cure...
Floriano è partito prima, in silenzio, lasciando un grande vuoto tutt’attorno, nei figli, amici, compagni di vita e di escursioni.
Quando vedrai una bandiera delle preghiere tibetane sulle cime del Ticino, o vicino ad una capanna, ascolta... Forse nel vento sentirai sussurrare la sua voce, che ti guida a nuove mete, che ti scherza bonariamente, e ti sprona a far di più. Se vuoi ricordarlo, posane una anche tu...
Ti invito a visitare la sua pagina tramite la quale pubblicava le relazioni delle sue escursioni, Il suo motto era: "L'intensità della vita non si misura con il numero dei respiri, ma in base ai luoghi e ai momenti che ci hanno fatto mancare il fiato!".
Così, per ricordarlo degnamente, Chiara ed Ewuska hanno organizzato una escursione aperta ai suoi amici e conoscenti, con lo scopo di condividere una giornata assieme, in suo onore.
09:30 Ci ritroviamo in quasi 40 all'Alpe di Neggia. Veniamo dal Ticino, dal Varesotto, dal Comasco, dal Milanese. Floriano non conosceva frontiere... Il giro non è impegnativo, lo scopo di non è quello di fare un exploit, ma di conoscerci tra di noi, e raccoglierci sulla cima del Gambarogno, di fronte al Ghiridone che tanto amava.
Per Rita e per me, anche l'occasione di conoscere direttamente persone con le quali da tanto intratteniamo relazioni epistolari, senza mai esserci incontrati. La giornata è splendida, il cielo terso a dispetto della meteo che annunciava problemini vari.
09:45 Ci mettiamo in marcia, e dato che la maggior parte di noi appartiene alla categoria "salita pura e dura", ci dirigiamo verso la croce dell'anticima del Gambarogno puntando per la strada più breve: su diritti, invece di seguire il sentiero.
Salendo si crea l'ecumene: tutti imparano a conoscere tutti, ci si presenta, Per me l'onore di conoscere personalmente Oliviero Bellinzani, un mito per tanti che frequentano sentieri e cime. E Amedeo, Francesco, Giorgio, Ivan, Gabriele con Suni, e tanti altri.
10:30 Arrivo praticamente ultimo alla croce: vista spettacolare sul Locarnese, le cime della Valle Maggia, e in lontanza, le alpi vallesane.
Breve momento di raccoglimento, poi partiamo per la cima vera e propria, a pochi passi da qui.
11:15 Il Monte Gambarogno, sapendo che saremmo arrivati e perché, ci ha preparato tutto come una perfetta padrona di casa. Sulla cima non c'è nessuno, oltre a noi, l'aria tersa. Un piccolo ometto viene ricostruito con pietre più grandi, stabili, che dureranno nel tempo. Chi di noi ha portato le bandierine di preghiera tibetane le posa. Una brezza leggera e gentile le fa garrire immediatamente, assordanti nel loro silenzio. Ci riuniamo in silenzio, ognuno ricordando Floriano, presente con forza, assieme a coloro che avrebbero voluto venire, ma non hanno potuto.
Un raccoglimento intenso e coinvolgente. Avevo preparato qualche parola, ma non riesco ad aprire bocca. Lasciamo che il momento si imprima nel cuore, nella mente e nel pensiero, momento di vita e non di morte, nuove amicizie che nascono, seme fecondo di una giornata che ha portato quasi 40 di noi, così diversi e così simili, a contemplare l'Immenso...
Terminiamo la cerimonia con un augurio di ritorno, mani che si stringono, calore umano e di spirito. Poi ci rimettiamo in marcia, perché a Floriano non piacevano le escursioni lasciate a metà...
Oliviero, come è nella sua natura, riunisce un gruppetto che parte lungo la cresta in direzione dell'oratorio di Sant'Anna. Gli altri (tra cui lo scrivente) scendono lungo il sentiero canonico in direzione dell'alpe Cedullo.
12:50 Lunga la discesa... Passiamo dai fianchi del Gambarogno al bosco, per sbucare su questo piccolo lembo aperto. L'edificio deve essere stato ristrutturato di recente, probabilmente fra poco arriveranno capre e pecore.
13:05 Un breve tratto, sempre nel bosco, ci porta ad uno spiazzo ameno, dove si trova l'oratorio di Sant'Anna. Arrivo buon ultimo, gli altri si sono già piazzati per il pic-nic. Rita, che deve essere qui da una eternità, mi ha già preparato il panino.
Sembriamo una scolaresca in passeggiata scolastica... Chi offre la grappa, chi il caffé, chi la cioccolata. E' una cosa che apprezzo di chi va in montagna: "Penso anche per te". L'egoismo in alto ha la vita dura.
14:30 Partenza per chiudere il cerchio. In prima battuta avevamo deciso di scendere fino ad Indemini, borgo delizioso, ma abbiamo tra di noi due future mamme, così per diminuire i dislivelli si è deciso di tagliarlo fuori.
Tutti buoni camminatori, si procede spediti fino a Pasturone, dove il sentiero biforca, per tenere la sinistra e restare in quota.
Là in alto, il Tamaro, fatto con Floriano, dove per la prima volta lo avevo visto piazzare le bandierine.
Bandierine che ho poi incontrato presso diverse capanne, e le poche cime raggiunte... e che d'ora in poi porterò con me per continuare la sua missione.
15:55 Arrivo nel gruppo finale all'alpe di Neggia. E' il momento dei saluti, delle promesse, dei "C'è il Terri da fare assieme". Giornata speciale, di quelle che ti nutrono dentro, e ti arricchiscono di ciò che nessuno ti può togliere.
Ciao Floriano, te lo dico ora, sul Gambarogno non ci sono riuscito. "Siamo raggi di luce oscurati da manti di carne, luce che brilla nei nostri occhi. La partenza di ognuno di noi lacera il mondo, ma nella ferita rimarginata troverai il sorriso di chi ti ha lasciato.".
Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto che ho scattato: poche rispetto al solito, ma penso capirai.