Percorso effettuato Locarno (Q198) - Losone (Q228) - Golino (Q269) - Intragna (Q339) - Calezzo (Q564) - Slögna (Q727) - Verdasio (Q711) - Lionza (Q775) - Borgnone (Q713) - Camedo (Q549). Rientro con la ferrovia delle Centovalli.
Difficoltà: sentiero T1 e T2.
Dislivello: salita 1'200 metri, discesa 850 metri
Lunghezza del percorso: circa 22 chilometri
Sforzo equivalente: 33 chilometri
Durata (incluse le pause): 7.25 ore.
Domenica in solitaria, e come sempre in questi casi avevo pianificato una maratona kilometrica, lungo la via dei Mercati delle Centovalli e valle Vigezzo. Questa via, una mulattiera, congiungeva Domodossola (nella valle che porta al passo del Sempione) con Intragna, passando le varie località vigezzine e centovalline. L'economia di montagna non è autosufficiente, per cui ci si doveva approvvigionare di granaglie, sale, metalli, e in cambio si cedevano lana, formaggi, insaccati. I muli, con il basto ed il loro carico, percorrevano questa via, che nella parte svizzera resta in alto, portando mercanzie arrivate a Domodossola dalla Pianura Padana, e ritornando con i prodotti agricoli.
L'idea è di partire da Locarno, farmi tutto il fondovalle fino ad Intragna, per imboccare la via dei Mercati, e tirare almeno fino a Santa Maria Maggiore. L'ultima Centovallina (in Italia chiamata Vigezzina) parte da Domodossola verso le 20:30, per cui di ore a disposizione ne ho quante ne voglio.
05:30 La suona sveglia, apro gli occhi, ho la testa rintronata. Già da ieri ho i podromi di un bel raffreddore: naso che pizzica, e gola che gratta. Si sta preparando alla grande. Resto a letto un po', vado, non vado... Poi decido di alzarmi, le escursioni da solo sono sempre un grande regalo. Sento però che il fisico oggi non è da record.
07:15 Arrivato a Locarno, ho già mezz'ora di ritardo sulla tabella di marcia. Da diversi giorni tengo d'occhio l'orario di albeggio, per partire alle primissime luci, tenuto conto dell'orario solare rientrato stanotte, avevo calcolato di mettermi in marcia alle 6:45. Mi sono bevuto il caffé, cornetto per chiudere il buco nello stomaco. Parcheggio al tennis di Locarno, e mi preparo per partire. Verso Est il profilo del Camoghè ed il Gesero.
A Ovest il Gridone / Ghiridone / Limidario già illuminato. Gli passerò dietro, sull'altra versante. Si preannuncia una giornata coi fiocchi, cielo terso, e temperature fuori dall'ordinario per il periodo. Lavoro meticoloso di scelta degli strati di vestiti, per non avere freddo alla partenza, e non morire di caldo a mezzogiorno.
Percorro le vie di Locarno, città nella quale sono cresciuto, e da cui manco da almeno 30 anni. Anche le città, come ogni organismo, hanno un ciclo di rigenerazione spontaneo. Spuntano nuovi edifici, risplendono, invecchiano, vengono abbattuti per lasciare posto a nuove costruzioni. Il volto di una città cambia, ma con un ritmo così lento che chi vi abita non lo percepisce. Ma 30 anni cominciamo a mostrare i segni: quartiere una volta periferico, oggi con una sua chiesa, grande magazzino: tutto cambiato. Passo accanto alla grande rotonda di Piazza Castello, quando ero bambino non esisteva, e imbocco il percorso che porta alla passerella pedonale accanto alla "direttissima" Locarno - Ascona, altra struttura recente.
07:30 Scavalco la Maggia, che ha costruito il grande delta sul quale è stata edificata Locarno e Ascona. Appena oltre scendo, per prendere l'Astrovia.
Da bambino giocavo sulle due grandi dighe della Maggia: la diga sommergibile e la diga insommergibile. Grandi massi, qualche metro piano tra la prima e la seconda, ogni tanto una lepre che scappava, cartelli "Bandita di caccia" che mi chiedevo "ma cosa centrano i banditi con la caccia?", per scoprire molto tempo dopo che i banditi erano coloro che erano stati allontanati dalla comunità, e non potendo vivere in modo onesto, rubavano ed assalivano. Per cui, per traslato, il bandtio (allontanato) è diventato il malvivente. Nel famoso cartello di gioventù, la parola veniva utilizzata nel senso originario, di divieto, allontanamento. E se camminando mi metto a fare riflessioni di questo tipo, puoi renderti conto in che stato confusionario mi trovavo... Il percorso sulla diga insommergibile, terreno incolto e pronto per i sogni dei bambini, è stato trasformato in una zona di svago e relax. In particolare, lungo la sponda di Ascona, è stata creata un'Astrovia: in pratica trovi il sole alla foce della Maggia, poi risalendo verso Golino trovi i vari pianeti, con la loro scheda, piazzati a distanza proporzionata. I primi distano poche centinaia di metri, gli ultimi più di un chilometro tra l'uno e l'altro.
Terreno piano, dovrei filare come un treno... Invece sento che manca la gamba. Testa a pallone, mani che non si scaldano, oggi sono messo veramente male.
08:00 Passato Solduno e Losone, oramai sto per arrivare al punto di confluenza tra la Maggia e la Melezza, dove svolterò a sinistra per portarmi verso Intragna. Attorno a me, gli alberi più sensibili al richiamo d'autunno hanno già dato la loro risposta, agghindandosi a festa. Troppo presto, la loro voce mancherà nel gran finale.
Poi mi accorgo di aver percorso molta più strada di quanto pensassi: sono già a Nettuno. Fra poco uscirò dal sistema solare :-)
08:10 Passato il ponte di Tegna, mi si apre la parte bassa delle Centovalli, denominata "Terre di Pedemonte", con i suoi tre comuni (Tegna, Verscio e Cavigliano) che da anni stanno lottando per fusionare oppure no.
Sono un po' imbesuito, ma guardando il cielo, sono felice di aver avuto il coraggio di partire. Dovessi arrivare anche solo ad Intragna, ne sarà valsa la pena. Giornata splendida per essere la fine di ottobre.
08:50 Prima di Golino, sosta di un quarto d'ora con un signore che portava a spasso i suoi due cani. Gli dovevo stare simpatico (al signore, non solo ai cani), ha iniziato a raccontarmi delle sue esperienze di gioventù con cani e affini. Interessantissimo, ma ho dovuto chiedergli il permesso di partire, sennò i muscoli, già messi male di loro, raffreddandosi sarebbero diventati dei legni. Davanti a me si profila Intragna, prima salita della giornata.
Come terranno le gambe in salita? Passo accanto a Golino, edifici antichi e nuovi, anche qui il volto che cambia.
Poi su al ponte...
...e la bella pozza di Golino.
E adesso si fa sul serio... Da giovane percorrevo spesso le Centovalli con il motorino, il papà di un mio amico aveva una fabbrica di tessuti a Camedo, tutto personale frontaliero, e la salita verso Intragna dovevo farla pedalando, tanto è ripida: il motore non ce la faceva.
Quella pedonale, per fortuna, sembra più facile. Esistono scalini da un passo, scalini da due passi, da tre, e così via. I peggiori sono quelli a passi pari, è sempre la stessa gamba che fa lo sforzo più grande. Ci vuoi credere che questa è una scalinata da due passi? Ogni pochi scalini devono rompere il ritmo, per cambiare gamba di sforzo. Golino dietro di me.
E Intragna accanto.
09:10 Ci sono. Il campanile più alto del Ticino (65 metri) si staglia netto. Mi infilo in un ristorante, e faccio 15 minuti di pausa (la foto l'ho scattata all'uscita del ristorante, per questo l'orologio non corrisponde al mio orario).
Breve tratto lungo la strada cantonale, fino al grotto "Du Rii", poi si parte con la via dei Mercati. E anche questa scalinata è una di quelle pari.
Immagino la gioia di chi arrivava alla sera, ultima tappa del tracciato, e lo sconforto al mattino, per prendere la via del ritorno. C'è un vantaggio (anzi, due): salendo si attutiscono i rumori del traffico, e la vista inizia ad aprirsi.
10:00 Arrivo a Calezzo, costruito su di una piccola terrazza, con insoleggiamento favorevole. Se ricordo bene (avevo già percorso questo tratto al contrario durante l'escursione da Intragna ai Monti di Comino) da qui c'è nuovamente un lungo tratto pianeggiante.
Ricordo corretto. Passato l'abitato, si apre la forestale che porta verso Slögna.
Test della gamba, in effetti non tiro come al solito. Ma ormai non è più un problema. Sono felice della scelta fatta. I rumori della civiltà sono scomparsi, solo saltuariamente mi arriva lo stridere delle ruote della Centovallina sui binari, per il resto solo fruscio di foglie portate dai refoli d'aria, e canto d'uccelli. E una vanessa a fine ottobre.
Non ho ancora incontrato nessuno lungo questo tratto, a parte una signora nella primissima salita verso Calezzo. Ho fortuna, riesco a scegliere spesso percorsi poco frequentati, altrimenti è come andare allo shopping-center di domenica.
10.25 Ed ecco finalmente il primo vero segno della via dei Mercati: mulattiera di quelle d'altri tempi.
Tendo l'orecchio, per verificare se sento echi di zoccoli sui sassi, imprecazioni di mercanti la cui bestia non vuole più muoversi, incroci difficili e dispute per la precedenza, racconti e storie per ammazzare il tempo mentre si cammina (sono fortunato, non ho questa necessità), e discussioni sui prezzi dei prodotti, come va il mercato qua e là.
10:45 Slögna. Qui il sentiero biforca, a destra si sale ai Monti di Comino, a sinistra si continua verso Verdasio. Piccola sosta banana, e controllo della tenuta delle gambe. Tanto sali scendi già in questo tratto, più avanti sarà ancora peggio. Il sentiero è una carezza sui fianchi di Madama Montagna, deve seguirne le curve ed i contorni, non può affindare unghie e dita nella carne, sennò si ribella. E' una bella signora, formosa, e così per non farle il contropelo, la via si alza e si abbassa continuamente. E ogni tanto, può richiedere un abbraccio sensuale, quando lo spazio è poco.
Banana e una riga di cioccolata sistemati nel serbatoio. La scorta d'acqua sta tenendo, non fa troppo caldo, anche se oramai ho dovuto togliere la felpa. Riprendo il cammino dopo aver salutato una signora che sale verso i Monti.
Sono l'unico viandante del bosco. Ogni foglia, ogni ago è stato posato per me, per rendere più morbido il mio passo. Castagni, faggi, betulle mi tengono una silenziosa compagnia, ognuno con centinaia di anni di storie da raccontarmi, e troppo poco tempo io per ascoltarli. Racconti lenti, di stagioni e fulmini, di pioggie e siccità, di castagne raccolte, di altri viandanti. Il bosco libera il bambino, puoi immaginare qualsiasi storia, e qualcuna potrebbe anche essere vera.
11:15 Madama Montagna qui ha deciso che la sua ruga (una valletta laterale) non può essere attraversata a quest'altezza. Penalità di partita, vedo una discesa decisa, e so che dall'altra parte c'è sempre una salita.
Sono ingambito, non per lo sforzo ma per il raffreddore incipiente, la salita dall'altra parte sarà una pena. Arrivo in fondo, e le mie preoccupazioni si avverano.
E penso ai muli... Io ho solo un sacco con pochi chili di peso, loro, col basto, ne portavano di roba. Chissà che fatica la salita, il percorso dissestato, il mercante dietro con il bastone. Fossi stato in loro, anch'io ogni tanto avrei fatto sciopero. Per fortuna la salita è breve, e appena in alto si riapre la vista.
11:30 Arrivo sotto i piloni di una cabinovia, deve essere quella per i Monti di Comino. Breve pausa per riempire la bottiglia, ingurgitare nuovamente una riga di cioccolata, e lasciar riprendere le gambe, che tanto non si riprendono.
Magnifica la vista anche da qui.
Meno di dieci minuti, e mi rimetto in cammino. Il sentiero resta fuori bosco, ho l'impressione di arrivare alla civiltà, dai piccoli segni che vedo attorno a me. Non mi dispiacerebbe trovare una trattoria, un baretto, per poter mangiare una minestra.
12:00 Verdasio! Non pensavo di arrivarci così in fretta. A Slögna il cartello giallo dava 3.5 ore per Camedo. Il tracollo lo hai quando pensi di essere arrivato ad A, sei già stanco, e scopri di essere arrivato ad A - x. E li si vede il carattere di una persona. Secondo i miei calcoli, da Slögna ci volevano al massimo 2.5 ore fino a Camedo. Già i cartelli gialli sono tiratissimi, per tenere i loro ritmi deve correre senza guardarti attorno. Con le gambe che ho oggi, quando ci impiegherò?
Scendo l'ultimo tratto di sentiero, e mi ritrovo in un paesino d'altri tempi, vicoli stretti, case in sasso, alcune ristrutturate, lastricato a terra. E calma. E' mezzogiorno, e non si sentono rumori. In compenso sento profumini provenire dalle cucine.
Un cartello indica il ristorante "Il Pentolino". Nome di buon auspicio :-) Seguo la segnaletica, e mi ritrovo su di una terrazza, tavoli in sasso, è anche aperto. Controllo la carta, c'è "minestra del giorno". Affare fatto.
Arrivando ho controllato, fuori dalla porta c'è una distinzione del 2006 di una delle guide culinarie più conosciute. Cavoli, ma dove sono capitato? Tutto buono, mi prendo anche il caffé, e mi gusto il tepore della terrazza.
12:50 Sistemato il conto, mi rimetto in moto. Felice: le gambe non sono peggiorate ulteriormente, dovrei farcela ad arrivare a Camedo. Davanti a me vedo Borgnone, proprio sopra Camedo. Stessa altezza, ma in mezzo una valle, nella quale so che c'è da scendere e da salire.
Guarda bene la foto: ma ti rendi conto di che giornata splendida mi hanno regalato? Qualcuno lassù mi ama. Uscendo dal paese una splendida macchia di colore, e le api ancora al lavoro.
E adesso che il sole è volto a destra, posso riprendere anche la croce di cima del Ghiridone / Gridone / Limidario. Ti ricordi verlo che l'avevo visto dall parte del lago?
Appena uscito, il sentiero inizia subito a scendere, tanto per togliere ogni dubbio. Lungo la via diverse cappelle, per ricordare che dopo questa vita probabilmente la situazione sarebbe migliorata. Peggiorata era difficile.
13:10 Venti minuti di discesa, chissà la salita. Arrivo ad un ponte, mi dà una sensazione di dejà-vu... Ma si, sembra tutto a quello che c'è lungo la via per andare alla capanna Motterascio, ma anche a uno che ho visto tra Foroglio e San Carlo Bavona. Decisamente non è il ponte originario della via dei Mercati.
E dall'altra parte si sale. Breve, per fortuna. Passo Piazz, Q660. Sono sceso di almeno 200 e risalito di 100. E non è finita. Intanto però arrivo ad una casa solitaria, roba da gran signori.
E attorno macchie di colore che mi mandano in estasi.
Adoro il bosco d'autunno. Lo amo sempre, elfo dentro, ma in questo periodo mi manda in sollucchero. Poco più avanti ritrovo il percorso originario, di nuovo mulattiera. L'avevo persa da un gran pezzo, il tempo se l'è mangiata.
Nuovo ponte per una seconda valle laterale. Le Centovalli hanno questo nome per il numero infinito di vallette laterali. Una di queste laterali è bella grande, e si chiama Onsernone. Ed è quasi ora di metterla sul piano di ispezione. Mauro saprà consigliarmi.
Le gambe ormai stridono ad ogni salita, come le ruote della Centovallina che continuo a sentire ogni tanto sotto di me. Fa niente. Percorso bellissimo, ci devo portare Rita da Intragna via. Anche lei adora il bosco, sono sicuro che le piacerà.
13:45 Il paesaggio si apre nuovamente, appaiono edifici isolati. Devo essere in vicinanza di Borgnone.
Pensavano a tutte le comodità una volta: cappella, piccolo oratorio, e riparo in caso di pioggia. Poco più avanti, sopra di me a destra, intravvedo Lionza.
Che cielo mi hanno regalato oggi! E che bosco. Mando un messaggio mentale a me stesso otto ore fa: alzati e vai, ne vale la pena. Deve essere arrivato, ho sentito... Intanto mi sto avvicinando alla zona del maglio. Non so dove prendessero il ferro, non è la valle Morobbia questa. Ma se c'era il maglio, di sicuro da qualche parte avevano anche il ferro.
Risalgo alla strada, pochi metri sull'asfalto, poi ritrovo il sentiero, che porta alla zona del lavatoio...
...e ad una bella pozza.
Me lo immagino, in estate: le mamme a sbattere i panni, sapone di marsiglia, spazzola in mano, e i bimbi a giocare nella pozza. "Fai attenzione, néeeee.". Ne ho incontrati molti di lavatoi durante i miei giri, alcuni anche molto belli. Sto quasi pensando di raccoglierli tutti in una guida. "Lavatoi della Svizzera Italiana". Magari diventerà famosa come la serie "Laghetti alpini della Svizzera Italiana". Vicino al lavatoio, la zona dove si trovava il maglio, con cartello didattico-esplicativo.
Me lo studio bene: le tecnologie di una volta mi affascinano sempre. Cosa riuscivano a fare con pochi mezzi a disposizione... Continuo la discesa fino ad una nuova cappella. Qui il sentiero termina, e si va avanti su asfalto.
La strada compie un'ampia curva che porta verso Borgnone, e mi regala nuove macchie di colore.
14:10 Borgnone raggiunta, da qui è tutta discesa. Adesso riesco a vedere bene Lionza, che prima era nascosta dagli alberi.
Paesino piccolo, lo passo in un attimo.
Discesa quasi tutta su asfalto, a parte il primo tratto.
14:20 Ed eccomi a Camedo. Di tempo per continuare ce ne sarebbe, ma le gambe hanno già dato per oggi. Va bene così. Passo la chiesa...
...scendo in paese...
...e alle 14:35 sono alla stazione. Controllo l'orario, trenino tra 20 minuti, non vale neanche la pena di risalire per cercare un posto per bere qualcosa.
Dopo pochi minuti arriva la Centovallina da Locarno.
Mi preparo ad un viaggio disagevole, ricordo di panche in legno l'ultima volta che vi ero salito. Controllo, e rimango senza fiato. Questa è la seconda classe.
Comodissima! Il trenino parte puntuale, provo a scattare qualche foto durante la corsa, con esiti disastrosi. L'unica che viene bene, è quella del lago artificiale di Palagnedra.
15:25 Il trenino è arrivato al capolinea, alla stazione di Locarno. Esco per andare al parcheggio, e mi ritrovo in un bagno di folla. Che è? Poi capisco, domenica di apertura straordinaria dei negozi. Dato che nessuno può andare a fare compere in settimana, mi sembra giusto che almeno oggi possano andare a fare shopping. Scantono per la via meno frequentata, mi porto sul lungolago, e raggiungo l'auto.
Decisamente da prendere in considerazione anche la seconda parte, da Camedo a Domodossola. Più lunga, ma con meno dislivello. Magari a inizio dicembre, quando avrò un'altra giornata libera :-)
Ecco il profilo altimetrico dell'escursione.
Clicka qui se vuoi vedere tutte le foto della passeggiata (non che ci sia qualcosa di speciale).